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A casa Nainggolan

condividi su facebook condividi su twitter Redazione 14-02-2014 - Ore 09:18

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A casa Nainggolan

(La Gazzetta dello Sport – M.Calabresi) -Con il tram numero 10, dalla stazione Centrale di Anversa si scende a Rivierenhof. Un parco che sembra Villa Borghese a misura di sportivo: viali infiniti per correre o andare in bici, minigolf, campi di calcio. Poi un muro, al di là del quale gioca il Tubantia Borgerhout, la prima squadra di Radja Nainggolan, dove iniziò a soli 5 anni. Ne sono passati 20, trovare qualcuno che se lo ricordi è raro. Siamo fortunati: Philip, il custode, parla poco l’inglese, gli mostriamo la foto. «Ah, Radja!». Ci fa cenno con il pollice: «Very good player. Giocavano qui lui e Riana, la sorella. È al GerminalBeerschot, però, che Radja è diventato Nainggolan».

Club fallito In un club che ora non esiste più, fallito: eppure di giocatori che hanno fatto strada ce ne sarebbero. Dembélé, Vermaelen, Vertonghen, Alderweireld e Nainggolan. Vicino al vecchio stadio Olimpico c’è un bar, il «Change», frequentato da giovani, che conoscono Radja solo di nome. Riana, però, ci ha dato la «dritta» giusta: «Quando è ad Anversa, si diverte a comprare scarpe a Meir (la via dello shopping, ndr) e mangia al ristorante Arte. Andate lì».

Il ristorante A gestirlo, a due passi da Grote Markt, una delle piazze centrali, è Guido Lampis, sardo emigrato 40 anni fa. «Quando mi hanno presentato Radja, giocava nel Cagliari — racconta —. Il feeling è stato immediato, che ve lo dico a fare?». Presto verrà a trovare il suo pupillo: «È unragazzo straordinario. Simpatico, semplice e umile». Viene dalla strada, Radja: cresciuto nel quartiere Linkeroever, il più popolare di Anversa, ha vissuto un’infanzia difficile. Papà Marianus lasciò la famiglia quando lui e Riana erano bambini, tutto sulle spalle di mamma Lizy, morta nel 2010. «Il calcio è stata la sua svolta — continua Lampis —. Da bambino, mangiava solo da McDonald o i fritti da Frituur n° 1 (nella via adiacente ad Arte, ndr), ora si concede solo uno sfizio ogni tanto, ma è raro. L’ho sentito felice e orgoglioso di aver scelto Roma, noi siamo felici quanto lui».

Ricordi A creare il contatto tra Guido e Radja fu Eric Verhoeven, all’epoca d.s. del GBA: Eric ha un figlio, Vincenzo, anche lui calciatore. «Facciamo le vacanze insieme — dice, mostrandoci le foto in spiaggia —. Ogni volta che lo vedo in tv è un’emozione». In Belgio è rimasto anche il fratellastro di Radja, Manuel, nato dalla stessa madre. Fa il postino: «Quando stava per andare al Piacenza, mamma fece resistenza, ma lo convinsi a non rifiutare — dice Manuel —. Un giorno, mi chiamò: “Non ce la faccio più, voglio tornare a casa”. Feci 1000 chilometri in macchina e andai a Piacenza: “Se molli, ti spezzo le gambe”». Radja non ha mollato.

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