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Addio Ale, ciao angeli...

condividi su facebook condividi su twitter Redazione 29-09-2014 - Ore 12:04

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Addio Ale, ciao angeli...

Alessandro Ceccarelli era un piccolo angelo che sognava di diventare un campione, come il suo idolo Leo Messi. Alessandro Ceccarelli era nato nel 2000, nell’anno dell’ultimo scudetto, ed era della Lazio. Scrivere “era”, accostato al nome di un ragazzino di neanche 14 anni, è come infliggersi una coltellata, specie se si è padre e si hanno due ragazzi di 11 e 16 anni.

Oggi gioca la Lazio, la squadra di cui Alessandro Ceccarelli era tifosissimo. Ma non ho nessuna voglia di parlare di calcio, di immergermi in quel mare di odio, di polemiche e di rancore che è diventato il mondo-Lazio. Preferisco parlare di un ragazzo che non c’è più, di un adolescente di 13 anni che ha lottato come un leone contro un male bastardo, come faceva su quei campetti di periferia di terra battuta indossando la maglia della Lazio, la sua squadra del cuore. Non era un campione Alessandro Ceccarelli e forse non avrebbe mai coronato il suo sogno di esordire in Serie A all’Olimpico con quella maglia biancoceleste addosso che sentiva quasi come una seconda pelle. Ma questo poco conta. Perché si può essere campioni in tanti modi nella vita, ad esempio insegnando agli altri, specie ai più grandi, che cosa significa lottare e non arrendersi mai. E Alessandro non si è arreso e, anche se la battaglia era persa in partenza, ha lottato fino alla fine: perché tanta era la voglia di vivere, senza perdere mai la forza per sorridere, come in quella foto che campeggia sulla bacheca di Facebook di sua madre.

In giorni di odio, in una domenica in cui in tanti si sono quasi disperati per il fatto che un uomo sia uscito illeso da un incidente stradale, la storia di questo piccolo campioncino deve far riflettere, deve meritare la vetrina più di Lotito e della partita di questa sera della Lazio. Sono venuto a sapere solo ieri di Alessandro Ceccarelli e della sua storia, ho rivissuto la sua brevissima vita e la sua passione per la Lazio attraverso un video fatto con tutte le foto che aveva sulla sua bacheca di Facebook. Tanta Lazio, ma anche tanto calcio giocato con indosso quella maglia biancoceleste, prima che la malattia prendesse il sopravvento. Vi consiglio di guardarlo questo video e di riflettere sul senso della vita, su questo bene prezioso che consideriamo quasi un diritto e che invece è un dono che in qualche caso viene sprecato, perdendo tempo dietro all’odio invece di inseguire l’amore.

Tutto suona forse un po’ falso e al tempo stesso banale parlando di un bambino che non si conosce, strappato in modo così brutale alla vita, all’affetto dei genitori, della famiglia e degli amici. Ma non è così. Perché gli “angeli” si possono conoscere e amare anche quando non ci sono più. A me è successo, proprio quest’estate. Per caso, ho conosciuto Mirco Calanca, un ragazzo pieno di vita, lazialissimo, dopo che quella vita l’ha persa a causa di un tragico incidente a bordo della sua moto, la seconda passione della sua vita insieme alla Lazio. Ho conosciuto la famiglia della sua ragazza e i genitori di Mirco. E senza averli mai visti prima in quella serata a cena a casa loro mi sono sentito uno di famiglia, come se ci conoscessimo da sempre. Ho stampate nella mente le immagini di quella camera di Mirco, con la tuta da pilota appesa sopra al letto, con le foto di Lazio, i ricordi lasciati dagli amici, le lettere e quel libro de “La banda del meno nove” lì in mezzo, come se Mirco potesse ancora leggerlo. E la stessa cosa è successa con il piccolo Alessandro, perché se a 52 anni ti ritrovi a piangere come un pupo vedendo un video, pensando alla crudeltà della vita, significa che non sei ancora morto dentro, come ti capita invece troppo spesso di pensare in questi ultimi tempi.

Per darci una ragione del perché ci vengono strappati amici e figli così presto, ripetiamo spesso che “muore chi è caro agli dei”. Per consolarci, guardiamo il cielo e vediamo il volto delle persone care che non ci sono più nella luce di una stella. Io ho visto sulla bacheca della mamma di Alessandro Ceccarelli, una foto in cui c’era scritto “FORZA ALE”, sulla sabbia, con un cuore come firma. Quella scritta sarà stata cancellata da un’onda o dal vento, ma la forza di quel messaggio d’amore resterà impressa per sempre nella memoria di chi ha conosciuto e amato quel piccolo angelo. Vale per Alessandro, come per Mirco Calanca, come per Valerio Setaccioli, come per Aldo Donati e tutti gli altri aquilotti che hanno spiccato il volo in questi ultimi mesi e che ci hanno lasciato troppo presto e in modo improvviso. Un bacio verso il cielo…

 

Fonte: sslaziofans.it/Stefano Greco

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