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Chi sbaglia paga

condividi su facebook condividi su twitter Di: Federico Falvo 05-12-2016 - Ore 12:30

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Chi sbaglia paga

INSIDEROMA.COM - FALVO - Nel calcio, come nello sport in generale o nella vita di tutti i giorni, non sempre vince il migliore. A volte vince colui che fa le cose semplici e con attenzione, senza commettere errori. Perché si sa, errare humanum est, ed in quanto esseri umani tutti noi possiamo sbagliare. Ma dagli errori, anche se si perde, si può trarne una lezione, un insegnamento; che possa aiutare in un futuro a non commetterli più e dunque migliorare.
Ma se di errore alcuni periscono, ce ne sono altri che dagli errori gioiscono. Ed è il caso della Roma, che ieri ha vinto il derby grazie a due errori di Wallace e Marchetti. Fortuna? Si, perché senza quegli errori sarebbe finita in pareggio o addirittura con una sconfitta. Bravura? Anche, perché se non si è bravi quegli errori non riesci a sfruttarli a tuo favore. Vittoria meritata per la Roma? Chi vince ne ha sempre il merito, sia con gli errori sia senza. Ma non bisogna limitare tutto agli errori della Lazio. La Roma non è rimasta a guardare, non ha aspettato quei due errori per colpire, non ha vinto immeritatamente. Ha ricevuto due regali di Natale anticipati, quello si; ma tra “parenti” queste cortesie non dovrebbero creare stupore. Cortesie che anche il tecnico Inzaghi ha rivolto ai giallorossi, riconoscendo che la Roma ha giocato badando più al sodo rispetto alla sua squadra. Ma il messaggio finale è che la Roma è stata brava ma ha vinto solo per gli errori. Un messaggio che da un lato potrebbe essere visto come giusto, ma dall’altro no. Perché l’errore in se non cambia l’esito di una gara, ci vuole anche un giocatore bravo che sfrutti quell’errore a proprio favore o a favore della propria squadra. Ma si sa, il derby essendo la partita più importante per un’intera città  avrà sempre dei vinti e dei vincitori, che parleranno delle vittorie o delle sconfitte con un tono diverso da quello che sia stato raccontato dal campo. Perché ieri il campo non ha raccontato solo gli errori della Lazio o la bravura della Roma. Ieri il campo ha raccontato un derby combattuto, avvincente e giocato con equilibrio da entrambe le squadre che non hanno mai abbassato la guardia e che non si sono mai risparmiati fino al fischio finale.
Un derby, quello di ieri, tra due squadre di alta classifica, divise solamente da un punto in campionato. Due squadre, la Roma e la Lazio, che sono scese entrambe in campo con la voglia di vincere e gioire al triplice fischio con i propri tifosi. Ma inizialmente sul terreno dell’Olimpico si è vista solo la Lazio, che per i primi minuti ha mantenuto il pallino del gioco arrivando due volte al tiro con Immobile. La Roma ha cominciato con un profilo basso, facendosi vedere principalmente con gli esterni Peres, Palmieri e Perotti; ma senza creare grossi pericoli alla porta difesa da Marchetti. Nella ripresa la partita cambia totalmente sceneggiatura con i giallorossi che per due volte si rendono pericolosi con Dzeko, ma Marchetti nega il gol al bosniaco. Un Marchetti strepitoso soprattutto sul secondo colpo di testa del 9 giallorosso, che schiaccia il pallone a due passi dal portiere che con un intervento miracoloso mette in corner anche con l’ausilio della fortuna. Fortuna che non assiste il difensore Wallace poco dopo, che prova un disimpegno di tacco davanti a Strootman che gli ruba il pallone e lo deposita in rete battendo Marchetti con un colpo sotto. Un errore gravissimo da parte del difensore brasiliano, che forse ha peccato di presunzione dopo aver giocato fino a quel momento un buon match. Ma bravo soprattutto Strootman, che ha rubato palla ed evitato che Dzeko, in fuorigioco, la facesse sua per puntare la porta. Ma gli errori si fanno anche lontano dal campo, ed a volte non così lontano. Basta infatti girarsi verso le panchine per vedere Cataldi tirare per la maglietta Strootman, che dopo aver esultato sotto la sua curva era andato a dissetarsi. Forse sarà volato qualche sfottò di troppo (e nel derby gli sfottò sono all’ordine del giorno), ma la reazione del biancoceleste è ingiustificata e da cartellino rosso. Ma torniamo al campo, ed al secondo gol della Roma (o secondo errore in campo della Lazio) firmato da Nainggolan che vede Marchetti posizionato male tra i pali e lo batte con un tiro dalla distanza sul primo palo. Un 2-0 che rimarrà tale fino alla fine del match, con la Roma che porta a casa il suo quarto derby consecutivo; mentre la Lazio è costretta a fermarsi dopo nove risultati positivi in campionato.
Dunque errare humanum est, è tutti possono sbagliare. Simone Inzaghi, tecnico della Lazio, riconosce gli errori e spera che da questi si possa crescere ed imparare una nuova lezione per non commetterli più. Ma il detto latino recita: errare humanum est, perseverare autem diabolicum. Sbagliare è umano, ma perseverare è diabolico. Come è diabolico e razzista il commento nel post partita di Lulic, che per rispondere alle parole di Rudiger alla viglia del match dice: “Parlava troppo già prima della partita, prima vendeva i calzini o le cinture a Stoccarda ora fa il fenomeno”. Un errore che da solo eclissa i due che i biancocelesti hanno commesso in campo e che meriterebbe una sanzione da parte del giudice sportivo. Un errore, anzi, un orrore dire o semplicemente pensare delle cose del genere; soprattutto se legate ad una partita di calcio in cui si è perso. E se da un lato esistono le dichiarazioni a caldo, dall’altro esistono quantomeno le scuse. Scuse che la società di Formello ha immediatamente presentato, ma che Lulic accenna con un semplice: “Non voglio più parlarne, forse a caldo si dicono cose che non andrebbero dette”. O forse ha ragione Totò quando diceva: “Signori si nasce e, modestamente, io lo nacqui”. E l’essere signori non lo si evince dai nobili natali, ma dall’educazione e dal rispetto verso gli altri. Perché a volte il vero signore è proprio il venditore di calzini o cinture, così come a volte vince colui che sbaglia di meno o non sbaglia, sia in campo che nel parlare. Perché chi sbaglia paga, sempre.

Fonte: a cura di Federico Falvo

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