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Di Martino: "Ancora combine? Troppi scontri"

condividi su facebook condividi su twitter Redazione 18-12-2013 - Ore 11:05

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Di Martino:

IL ROMANISTA (M. MACEDONIO) - Giornata calda, non c’è che dire, quella che si è aperta ieri, già di prima mattina, con l’ennesimo blitz operato dalla procura di Cremona nell’ambito delle indagini, mai fermatesi, intorno alle partite truccate e al giro di scommesse ad esse legato. Quattro arresti, che si aggiungono a quelli già disposti dall’inizio dell’inchiesta («Dalla fine del 2010 – ha detto Andrea Grassi, direttore della divisione operativa del Servizio centrale operativo della polizia – sono 120 gli indagati e 54 gli arrestati»), a dimostrazione che il lavoro degli inquirenti non ha avuto soste nell’arco di tre anni, ma anche che il fenomeno non si è affatto ridotto. Numeri inquietanti: 90 gare manipolate tra A, B e Lega Pro, di cui «una trentina solo nella massima serie», ha precisato il procuratore Di Martino, che ha anche assicurato: «L’inchiesta non può andare avanti all’infinito, il tempo necessario per avere i risultati dell’incidente probatorio, colmare le alcune che ancora ci sono e depositare gli atti. E il tutto si esaurirà nel 2014». «Non ho particolari aggiornamenti sulla vicenda – dice al Romanista l’avvocato Mario Stagliano, esperto di diritto sportivo, oltreché ex vice capo della procura indagini della Figc. – Ho saputo degli arresti, tra i quali sembrerebbero esserci anche quelli dei famosi “mister X” e “mister Y”, e di un certo numero di indagati, tra i quali Brocchi, Gattuso, Bellucci, Bombardini, D’Anna e altri».

La conferma che, a dispetto di qualche provvedimento preso quando scoppiò il caso, e che per un anno circa, tra il 2011 e il 2012, aveva visto calmarsi le acque, il gruppo ha ripreso ad operare come se niente fosse.

È perché si è reso conto che, di fatto, non è successo nulla. Mi piace infatti ricordare che il primissimo filone era partito con tutta una serie di condanne in linea con i precedenti della giustizia sportiva. Ci fu chi ebbe la radiazione, chi 3 anni e mezzo, e società che vennero penalizzate anche di 6 punti. Quando poi, all’improvviso, sono arrivati i nomi importanti, anche di società di prima fascia, c’è stato un radicale mutamento di atteggiamento. Meglio, finché ci si è mossi nell’ambito federale, e penso ai giudizi in primo grado, si è continuato ad applicare la stessa norma. Spesso e volentieri, invece, e già a partire dalla Corte di giustizia, si è passati a modificare quell’orientamento ormai consolidato da anni, fino ad arrivare al Tnas, che chiamare “scontificio” è quasi un eufemismo.

A proposito del Tnas. La riforma sportiva è in dirittura d’arrivo e, almeno a stare alle anticipazioni, conterrà l’abolizione del tribunale dell’arbitrato sportivo, a favore di una Corte che, alla maniera di quella di Cassazione, potrà intervenire solo sulla legittimità delle sentenze, ma non entrare nel merito di queste.

Trovo addirittura inopportuno chiamare tribunale il Tnas. Ho perso il conto di quanti mesi, mi sembra 552, ovvero anni e anni di squalifica complessivi, sono stati cancellati ai condannati per il calcio scommesse. È come se fosse stato emendato tutto. E non solo. Nei diversi gradi, si è arrivati spesso ad azzerare le condanne stesse, con la frode sportiva che diventava omessa denuncia, o con la società che sarebbe dovuta andare in serie B e se l’è invece cavata con un’ammenda, magari di 50mila euro. Non uso un’espressione più colorita, che pure mi verrebbe spontanea, ma qualcuno ha avuto anche la faccia tosta di rivolgersi al Tnas per farsi togliere quella sanzione pecuniaria. Come dire che al peggio non c’è mai fine!

E anche che l’effetto deterrente delle condanne è completamente svanito.

È così. Se io, giocatore coinvolto in queste vicende, vedo che i miei colleghi, che si sono arricchiti come me, se la sono cavata con un buffetto, perché mai dovrei smettere? Se l’ho fatto nel 2011, quando qualcuno ha avuto anche tre anni e mezzo di squalifica (Doni, ndr),oggi, soprattutto se faccio parte del giro della Nazionale o sono un allenatore importante, riprendo a fare quello che facevo, perché so che più di tanto non potrà accadermi.

Cos’è che, “tecnicamente”, non funziona?

La cosa folle è che se in primo e secondo grado, cioè in ambito Coni, i processi si svolgono con il rito inquisitorio, che era quello vigente nel processo penale ante ’89, il Tnas, che è l’organo supremo, ovvero l’ultimo grado giurisdizionale, opera invece con il rito accusatorio. Che tradotto, vuol dire andare ad invertire radicalmente un sistema di diritto, un modo di procedere, al terzo grado di giudizio! Una vera follia! Mi piacerebbe sapere, da chi si è inventato il Tnas, cosa avesse in mente. E mi spiace dover aggiungere, che oltre alle responsabilità della giustizia sportiva, vi sono quelle dei media, che troppo spesso si sono piegati di fronte al grosso nome o al grande club. Non ho mai visto esprimere autocritica intorno a questo fare “figli e figliastri”. Segno che gli interessi in gioco sono forti, e se c’è di mezzo la Nocerina è un conto, mentre se la cosa riguarda una società importante, si chiudono tutti e due gli occhi, perché ci sono i bacini di utenza, gli abbonamenti televisivi, e via dicendo.

Di Martino parla di tempi ragionevoli per chiudere l’inchiesta. E’ davvero possibile sperare che se ne venga a capo una volta per tutte?

È vero che a tutti è stata contestata l’associazione a delinquere, ma è anche vero che è difficile ipotizzare la sua applicazione per tutti. Ovvero che in centinaia si siano associati, a monte, per commettere una serie di reati legati alla frode sportiva. Lo è certamente per chi ha organizzato tutto ciò, a cominciare dai vari mister X e Y, ma è chiaro che il singolo giocatore che si vende la partita ha solo la partecipazione, magari occasionale, a quel tipo di reato. E tenendo conto chela prescrizione si ha in sette anni e mezzo, per le partite del 2009 si rischia, tra primo grado a Cremona e secondo a Brescia, l’arrivederci e grazie! In ambito penale temo sarà così, mentre in ambito sportivo, anche se “chi si loda si sbroda”, ricordo che quando venne fuori la combine tra Genoa e Venezia, mandammo il Genoa in serie C, nonostante fosse stato appena promosso in A dalla B. La partita era stata giocata ai primi di giugno, lo scandalo scoppiò una settimana dopo, noi cominciammo gli interrogatori il 29 di quel mese, e l’8 luglio consegnammo la relazione. A fine luglio c’era già la sentenza di primo grado. E il secondo si concluse entro la fine di agosto. I tempi della giustizia sportiva devono essere quelli, altrimenti aspettiamo quella penale, che non arriva mai alle sue conclusioni, se è vero che tra un processo per mafia, uno per bancarotta, uno per peculato e uno per frode sportiva, è giusto che abbiano la priorità i primi tre, perché a differenza dell’ultima creano realmente un allarme sociale.

Restiamo nell’ambito della giustizia sportiva, con i provvedimenti presi oggi (ieri, ndr) dal giudice Tosel all’indomani di alcuni cori intonati a San Siro e al San Paolo. Per la Roma, ne è scaturita la chiusura della curva Sud, due turni di cui uno per la revoca della sospensione deliberata dopo Roma- Napoli. È giusto attribuire ad una curva la responsabilità di cori avutisi a Milano, dove non è detto che non vi fossero abbonati di altri settori, o forse neanche abbonati?

 

Tosel avrebbe potuto squalificare tutt’e due le curve, che erano entrambe diffidate, o, nel dubbio, tutto lo stadio. Penso che abbia scelto, salomonicamente, di colpirne solo una, alleviando così la pena, ma indirizzando il provvedimento verso quella che è notoriamente più “turbolenta”. Il problema è altro: io, vedendo la televisione, non avevo sentito alcun coro. E so che anche chi era lì non si è accorto di nulla. La norma dice che i cori devono essere percepibili, ed è su questo concetto di “percezione”, da parte dei collaboratori della procura federale, che si può certamente discutere. Anche se a mio parere non è facile trovare risposta. E troppo spesso c’è chi sente, magari quel che vuol sentire, e chi non sente nulla...

Fonte: il romanista

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