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Di Francesco, esigenza di virtù

condividi su facebook condividi su twitter Di: Paolo Valenti 15-07-2017 - Ore 09:12

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Di Francesco, esigenza di virtù

PAOLO VALENTI - Ritiro estivo della stagione 2017-18 ormai in chiusura. Con l’amichevole contro lo Slovacko è terminato il primo ciclo della preparazione. Pochi gli spunti di rilievo da annotare e sui quali poter sviluppare pareri e considerazioni: troppi i giocatori ancora assenti che saranno fondamentali nel progresso dell’annata giallorossa, tra nazionali in recupero dalle fatiche supplementari di giugno e nuovi acquisti che ancora devono sbarcare sul pianeta Roma. Può aver senso, in un contesto ancora avaro di elementi di riflessione, soffermarsi sull’unico vero protagonista del ritiro di Pinzolo: Eusebio Di Francesco.
Noto alla tifoseria col soprannome di “turbo” del centrocampo giallorosso per le notevoli doti di corsa e resistenza che lo resero pedina cardine del tripartito centrocampo zemaniano di fine millennio, il tecnico è entrato con sobrietà nel suo nuovo-vecchio ambiente. Per lui, abruzzese di Pescara, la Roma non rappresenta solo un romantico ritorno al passato: è, soprattutto, l’esame di laurea della sua avviata carriera di allenatore. Sicuramente preparato, per forza di origini geografiche altrettanto determinato, Di Francesco ha fatto la gavetta: Virtus Lanciano, Pescara, Lecce e Sassuolo le tappe di riavvicinamento a Trigoria, in un percorso circolare passato, come ogni buona gavetta, anche per qualche insuccesso. La mancanza di un pedigree già affermato, oltre alla misura con cui si rapporta verso l’esterno, hanno fatto levare qualche dissenso il giorno in cui la società ne ha ufficializzato la scelta. Lui non si è scomposto, mantenendo una linea di comunicazione aperta ma lontana da proclami e dichiarazioni roboanti. Ad oggi l’unico impegno che Eusebio ha preso con società e tifosi ha stimmate quasi francescane:”Non voglio fare proclami, dobbiamo avere profilo basso nell’atteggiamento e tanta umiltà nel lavoro. Da questo possiamo arrivare a ottenere grandi risultati. Viviamo di concretezza e di speranza”. Sono le parole pronunciate il giorno della presentazione ufficiale. Parole che sembrano fuori moda, come la ferma gentilezza dei suoi modi e l’apparente serenità con cui ha cominciato ad affrontare il nuovo compito che lo attende, arduo per chiunque si sia seduto sulla panchina della Roma, si chiamasse Fabio Capello o Luciano Spalletti. Un’umiltà, come accennato dianzi, di stampo francescano, che però non deve ingannare. Una dote che, lungi dal significare remissione o fiacchezza, accompagnata dalla ricerca di una meta e dalla fiducia nelle proprie capacità, è la migliore compagna per raggiungere gli obiettivi prefissati. Quella che, ad occhi superficiali, potrebbe apparire una debolezza, l’umiltà appunto, potrebbe invece risultare determinante per una squadra come la Roma, chiamata a dimostrare a se stessa e al proprio pubblico di essere in grado di raggiungere il giusto equilibrio tra ottimizzazione delle risorse, senso di appartenenza e risultati sportivi. L’augurio di tutti i tifosi, ancora titubanti in questo primo scorcio d’estate, è che tra poche settimane Di Francesco, grazie alla sua umiltà, sarà già riuscito a inserire il turbo.

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