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Francesco Totti e la Roma, dopo domenica nulla sarà più come prima

condividi su facebook condividi su twitter Redazione 26-05-2017 - Ore 17:45

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Francesco Totti e la Roma, dopo domenica nulla sarà più come prima

PIER LUIGI MANIERI - Fanno dieci a stagione. Nonostante il primo e l’ultimo non li abbia di fatto giocati, se si dividono i gol in serie A per i venticinque campionati, la media è comunque stupefacente. In doppia cifra per cinque lustri di seguito. Potrebbe bastare questo dato, e pure avanzare, per tentare di formalizzare ciò che si sottrae per natura al classificabile, ma proprio perchè ogni fenomeno eccezionale va accettato per ciò che è, non è sufficiente. Capitano Francesco Totti, per rinuncia in suo favore di Aldair, è pura mitologia dello sport. Quinto nella classifica del Pallone d’Oro. Scarpa d’oro. Artista del calcio di rigore. Almeno un paio d’antologia. Van der Sar non è alto. È lungo. Una pertica slavata, nel sole estivo degli europei. Totti non è ancora campione d’Italia ma è già campione. Soprattutto è un cecchino. Lo batte nell’unico modo in cui una pertica non penserebbe mai di essere superata. Un cucchiaio. Siamo ai limiti della provocazione, il genio è anche questo. L’Olanda è polverizzata e la folle prodezza fa il giro del mondo. È dolce, Totti ma sul dischetto è un tiratore scelto algido e affamato. Al novantacinquesimo quel rigore fischiato contro l’Australia è una palla al piede che non vuole calciare nessuno. Quasi nessuno. Il numero dieci della nazionale italiana, quello che è stato fermo per sei mesi e sembra un peso piuma, ha lo sguardo di chi non perdona. Il duello col portiere dei canguri lo vince con gli occhi, prima ancora che coi piedi. Con una gamba in meno spara all’incrocio dei pali e sventa la minaccia dei supplementari in dieci.  Delle non molte cose diciamo “non esatte” sentite su di lui le più comiche sono: mai stato determinante e poco sicuro di sé. Talmente vero che ai tempi girava un storia secondo la quale Buffon e Cannavaro lo vollero in campo a tutti i costi, quasi imponendolo a Lippi,  perché con lui sarebbero stati forti. Fortissimi. Totti concluse il suo mondiale anche col valore aggiunto di miglior assistman dell’intera competizione. Eh sì perché se i gol sono 250 – in campionato – gli assist non si contano. Di prima, al volo, spalle alla porta e al compagno, che si trova la palla al bacio sul collo del piede. Però i gol..Totti ha fatto male a tutti ma in particolare ai migliori. Ha superato Buffon in qualsiasi modo, e a Julio Cesar e Peruzzi , ha riservato il pezzo forte: il cucchiaio. Ma anche elencando le sue infinite meraviglie che includono il titolo di Campione d’Italia, quando i suoi avversari erano Zidane, Shevchenko, Ronaldo, Crespo, Thuram, Inzaghi, Nesta, Nedved vale a dire, i più formidabili giocatori dell’ epoca, tutto ciò non spiega perché sia il calciatore più amato della storia della Roma. Anni prima, quando la squadra della Capitale varava la super coppia FonsecaBalbo, uno juventino mi disse che l’unico giocatore che avrebbe preso dalla Roma era Totti. Gli juventini la sanno lunga, sarà che qualche fuoriclasse lo hanno visto. Nella sua carriera non sono mancati alcuni snodi da cardiopalma come quando superò l’esame Litmanen, non andò alla Sampdoria e Bianchi saltò. O quando il Real Madrid si fece avanti per rendere la sua collezione di campioni, la più ricca di sempre. Altro no, garbato ma chiaro, come quello dato al Milan. Sarà per questo essersi consacrato a una società, dove diciamolo una volta per tutte, ha guadagnato meno di quanto non gli avrebbero riconosciuto i rossoneri e i Reali di Spagna, che se parli della Roma, viene in mente automaticamente lui. Modello di atleta gajardo ma leale, incondizionatamente innamorato di una città e dei suoi colori, fino a divenirne l’ incarnazione. Rispettato - persino dalla tifoseria della Lazio- quando non idolatrato un po’ ovunque come dimostrano anche gli ultimi attestati di stima e ammirazione  piovuti in queste settimane da club sparsi in tutto il mondo. E se Maradona in un’iperbole simile a quelle disegnate deliziosamente in campo, lo definisce il “migliore”, Messi ha fatto sapere di volere prendere parte alla sua partita d’addio. Normali cortesie tra fenomeni. E così, ci si avvia all’epilogo di una storia calcistica unica e irripetibile: quella del più forte giocatore giallorosso e tra i tre migliori dal dopo guerra a oggi. L’uomo dei record ma soprattutto quello che ha emozionato di più e per maggior tempo. Autentico faro per intere generazioni di tifosi.  La malinconia è inutile nasconderlo, è tanta specie perché si avrebbe desiderato e meritato un distacco dalle sfumature meno grigie ma qualcuno ha preferito essere autoritario piuttosto che autorevole, appropriandosi della scena e negando alla Roma di poterlo omaggiare ma anche di sfruttarne l’immagine – ma queste sono piccole storie di piccoli uomini – ciò che conta ora è l’alba del giorno dopo, quando il Capitano avrà lasciato Trigoria. Oggi tutto sembra irreale. Meglio pensarci da lunedì.

Fonte: Pier Luigi Manieri

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