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Giannini a giudizio nella maxi inchiesta sulla camorra - L'ex capitano della Roma: "Trovo ingiusto accostare il mio nome alla camorra o alla mafia"

condividi su facebook condividi su twitter Redazione 03-01-2015 - Ore 17:40

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Giannini a giudizio nella maxi inchiesta sulla camorra - L'ex capitano della Roma:

C’è un nome che non può sfuggire ai veri appassionati di calcio nell’elenco dei bimputati rinviati a giudizio nell’inchiesta napoletana chiamata Aracne: Giuseppe Giannini, meglio conosciuto come il Principe per il suo inconfondibile stile in campo. Gianninigià capitano di Roma e Nazionale, un passato anche nel Napoli e nel Lecce, oggi ct della nazionale libanese, figura tra i rinviati a giudizio dal giudice De Ruggiero nell’inchiesta dei pm Curcio e Del Gaudio sulla cosca dei Contini.

Giannini deve rispondere di frode nelle competizioni sportive, ipotesi di reato legata al campionato 2008-2009 di Lega Pro. Quando lui allenava il Gallipoli. A parere dei pm, per agevolare la promozione della squadra, il Principe, assieme a Salvatore Righi – ritenuto legato ai Contini – e al direttore sportivo Luigi Dimitri, avrebbero versato 50 mila euro ad alcuni giocatori del Real Marcianise, formazione che perse la partita con il Gallipoli per 3 a 2 nell’ultima di campionato, vittoria che consentì alla squadra allenata da Giannini di essere promossa in serie B.

Il processo a Giannini e agli altri imputati (di reati più gravi quali l’associazione mafiosa e il riciclaggio) avrà inizio il 17 febbraio. In quella sede il Principe, che ha senpre respinto le accuse, potrà difendersi e cercherà di dimostare la sua estraneità rispetto alle imputazioni mosse dalla Procura anticamorra. (Il Messaggero.it)

«È falso e ingiusto accostare il mio nome alla camorra o alla mafia. I magistrati hanno appurato che non c'è alcun rapporto tra quanto mi viene contestato e queste associazioni». Con queste parole Giuseppe Giannini, al telefono con l'Ansa, ha contestato le ricostruzioni di stampa relative all'inchiesta di Napoli che lo vede coinvolto. L'ex capitano della Roma, dal 2013 ct del Libano, ha sottolineato poi come sia stato erroneamente definito suo consuocero uno degli altri indagati, Salvatore Righi: «Mia figlia non è mai stata sposata con un Righi, è stata fidanzata ma la storia si è chiusa» «Quanto alla vicenda della frode sportiva - ha proseguito l'ex azzurro -, quando sarà il momento verrò sentito e sicuramente cercherò di chiarire tutto. Ho fiducia nel lavoro della magistrature e nelle indagini che stanno portando avanti». «Domani torno in Libano per riprendere il mio lavoro, mi spiace aver letto queste cose non vere e spero che certe notizie vengano rettificate», ha concluso. (ansa)

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