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Il potere (mediatico) del calcio sta al nord; la Roma di Pallotta è una realtà, ma fatica ad imporsi

condividi su facebook condividi su twitter Di: Gabriele Nobile 07-09-2015 - Ore 16:27

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Il potere (mediatico) del calcio sta al nord; la Roma di Pallotta è una realtà, ma fatica ad imporsi

(GABRIELE NOBILE) - Il potere del calcio sta al nord. Questa non è una novità assoluta ed è scritta nei libri della storia del calcio italiano, come riporta il sito della Lega Calcio, fin dalla stagione 1897/98 (primo campionato di calcio italico) vinto dal Genoa, solamente 4 squadre del sud sono riuscite a portarsi a casa lo scudetto, La Roma in 3 edizioni, la Lazio ed il Napoli in 2 ed il Cagliari in una. 

Le squadre del sud dell’Italia hanno vissuto dei mini cicli durati lo spazio di una cometa, con la Roma di Falcao e di Totti e Batistuta, il Napoli di Maradona, la Lazio di Maestrelli e Chinaglia e poi di Cragnotti e le sue tante stelle in quel calcio di fine anni ’90 ed il Cagliari di Gigi Riva; poi un vuoto cosmico. Per motivazioni geo-politiche ed economiche, questo disequilibrio potrebbe starci, ma in termini di passione e tifo la cosa sembra essere difficilmente spiegabileIn un calcio sempre più globalizzato, con proprietà straniere che piano piano iniziano ad investire nel nostro calcio sempre più malandato, Pallotta nella Roma, Thohir nell’Inter e la coppia Saputo&Tacopina nel Bologna, oltre al probabile arrivo di mr. Bee nel Milan di Berlusconi, sono gli apripista di un sistema di finanziamento del “debito” calcistico nuovo per le nostre latitudini.  

La premessa era necessaria per spiegare come è stato difficile non solo per i media ma anche per i tifosi, compresi quelli della Roma, capire l’importanza della nuova proprietà americana, per il tessuto sociale e sportivo della nostra città. In primo luogo per gli ingenti investimenti, in secondo per il metodo culturale che il team di lavoro di Pallotta & co. sta attuando a Roma e nella Roma.

Dopo un primo periodo di apprendistato, la Roma americana dalla fine del 2013 è costantemente tra i primi posti nel campionato di serie A, con buoni ma non ottimi passaggi nell’Europa calcistica che conta, ma sempre regina del calciomercato estivo, eppure per i commentatori sia della carta stampata che televisiva, la Roma stessa è confinata in pagine secondarie e, solamente ogni tanto, principali.

I grandi media nazionali ed i broadcasting come Sky, Mediaset etc, hanno sempre ragionato in termini di “Fan Base” e quindi per innalzare il loro share in termini di audience televisivo, si sono sempre rivolti e hanno impostato i loro programmi per dare visibilità e contenuti alle 3 grandi ed uniche squadre che contano: la Juventus, il Milan e l’Inter. Per non parlare della Rai e della carta stampata sportiva come la Gazzetta dello Sport, Tutto Sport ed il Corriere dello Sport (edizione nazionale). Allo stato attuale, non c’è stato quel salto di qualità di indipendenza dai dati d’ascolto; le major televisive, anche in questa stagione, hanno puntato il loro focus sulle solite 3 squadre lasciando alle altre le briciole.

Questo sistema, impostato sul vecchio ma non sul nuovo, si denota dagli ospiti in studio delle varie trasmissione cult ma soprattutto sulle metodologie applicate al loro sistema di fare informazione; con l’eccezione di TikiTaka(una delle poche trasmissioni tv che già da 2 anni ha aperto una “sezione” sulla Roma con ospiti in collegamento dalla capitale ad ogni puntata), le altre sono basate sulla sistematica disinformazione strutturale e scientifica di un metodo arcano ed oramai scontato che, in questi ultimi anni, ha portato l’acqua al mulino delle solite 3.

Nel calcio, il tifoso non vuole essere informato ma rincuorato oltre che illuso ed i media puntano solo ed esclusivamente su questo fattore. I centri di potere mediatico sono tutti al nord con l’eccezione della Rai, che nonostante abbia la sede principale a Roma, è solamente spettatrice passiva di un sistema che, se non cambia, porterà all’autodistruzione dello stesso. E qui non parliamo del tifo e delle simpatie di questo o quel giornalista visto che nella Rai, a Mediaset ed a Sky ci sono tanti professionisti con la P maiuscola, molti dei quali si sono formati nell’accademia delle radio e televisioni locali romane, quindi con simpatie spesso giallorosse, ma tant’è che al momento della verità l’accanimento sistematico contro la Roma non manca mai.  In termine di appeal, il nostro calcio manca di una base fondamentale, specialmente per chi lo segue dall’estero, l’omogeneità alla competizione sportiva di puntare sulla qualità della lega e non favorire solamente i soliti noti; in questo caso, sarà difficile anche solo far crescere gli altri team che fino ad ora si sono comportati solamente da sparring partner di Juventus, Milan ed Inter.  Dal 1991 (scudetto della Sampdoria) fino ad oggi, la variante alle solite sono state la Lazio del 1999/2000 e la Roma di Sensi nel 2000/2001, poi un vuoto cosmico.

Infatti, il campionato di Serie A è sprofondato sempre di più, eppure in questi 25 anni sono diversi gli imprenditori che hanno investito quattrini su alcune di quelle squadre del centro sud, rimanendo con il cerino in mano, proprio come i vari Sensi e Cragnotti prima, De Laurentiis, Della Valle e Pallotta poi, ma si sono trovati sempre nella situazione di arrivare davanti ad un traguardo e di vedere sempre vincere le 3 “sisters”. Investimenti di grandi imprenditori andati spesso a vuoto, perché il presidenti Sensi, il primo Cragnotti, così come Aurelio De Laurentis, Della Valle e Pallotta oggi, sono stati e sono dei grandi imprenditori, ma che nel calcio non sono riusciti a lasciare un segno distintivo e vincente, aprendo dei grandi cicli come invece hanno fatto i loro colleghi al nord. Discorso a parte per Lotito, che si è seduto al tavolo delle grandi non da imprenditore famoso e facoltoso, ma da medio/piccolo uomo d’affari che ha fatto un percorso inverso, ovvero che per arrivare ad una certa notorietà, propedeutica al suo business, ha sfruttato la visibilità che il calcio gli ha concesso.

Con la logica dei bacini d’utenza (tanto cara proprio al sig. Lotito) sarà difficile per molte di queste squadre citate, imporsi a livello mediatico; la disparità è evidente ma al tempo stesso è l’unico termometro del fallimento del sistema calcio italiano che si è volutamente allineato alle orribili logiche del calcio europeo, come in Spagna dove è battaglia solo tra Real e Barca, in Germania il Bayern Monaco non ha rivali e così come in Inghilterra dove dal 1992 (anno di nascita del brand Premier League) hanno vinto sempre e solo il Manchester Utd il Chelsea e da poco il City; con sporadiche vittorie dell’Arsenal.  

Mancano alcuni scudetti alla Roma, diversi alla Lazio ed al Napoli ma questo è stato il passato, per rinnovare il calcio del nostro Paese basterebbe ricominciare dalla base e togliere o soffocare l’ossigeno a coloro che hanno infettato questo sport in Italia negli ultimi anni, ma i media nazionali questo discorso non riescono a digerirlo, quindi, sono complici dello sfascio generale.

Dov’è finito poi quel giornalismo d’inchiesta, attuato solo quando le grandi firme nostrane devono spendere molto del loro inchiostro per parlare (male) della Roma americana in tutti i suoi aspetti ma mai hanno posto la loro attenzione su temi di forte attualità, come i soldi di mr. Bee al Milan, lo stadio virtuale sempre del Milan, gli investimenti di Thohir, oltre alle tante marachelle di molti dei giocatori che compongono le rose di questi club gloriosi.

A Roma è diverso, volente o nolente la stampa locale non ha mai risparmiato critiche ed approfondimenti sui temi principali del nuovo corso americano; con radio e quotidiani nazionali (ma con sede a Roma) che ogni giorno dedicano molto spazio e commenti spesso negativi oltre che nutrirsi di inchieste quotidiane sul nuovo stadio di Tor di Valle, con focus specifici, al limite della diffamazione. Ma tant’è che la realtà è questa: il famoso e tanto discusso ambiente romano è solamente figlio degli errori dei media nazionali, dove ogni insuccesso (quando non si parla della Roma ovviamente) viene mascherato ed ogni operazione economica viene supportata alla grande, ma questo, fino ad oggi, non è mai successo alla Roma.

Solamente tra qualche anno capiremo di che pasta è la questa nuova proprietà della Roma e se i manager di piazzale Dino Viola riusciranno a compiere quell’impresa di dare continuità sportiva e diventare la spina nel fianco di Juve, Inter e Milan, spostando il baricentro delle vittorie dalla Padania al Tevere e magari riuscire nell’impresa nella quale si sono arenati altri imprenditori famosi.

Sarà molto difficile visto che il vento del nord non si attenua..anzi, volete un esempio? Pensate all’assurda campagna preconfezionata contro Daniele De Rossi per l’espulsione di ieri sera in nazionale contro la Bulgaria (la 2a giocando per la Nazionale in oltre 100 presenze totali) e paragonatela ai non titoli della crisi della Juventus che solamente 7 giorni ha perso largamente con la Roma allo Stadio Olimpico…. ed avrete la risposta.

Non si tratta di mettere le mani avanti e/o di crearsi alibi pericolosi, ma visto quello che è successo nel recente passato è bene mettere subito le cose in chiaro e gridarlo forte proprio in un momento nel quale la Roma sta vivendo un buon periodo. Gli scudetti si vincono sul campo, ma una buona parte di un successo di un team è frutto anche degli umori della piazza che troppo spesso è influenzata dai media.

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