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La finale insanguinata e quel sabato già visto: il punto di vista di un giovane con tante domande

condividi su facebook condividi su twitter Di: Eduardo Barone 06-05-2014 - Ore 17:20

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La finale insanguinata e quel sabato già visto: il punto di vista di un giovane con tante domande

In questi giorni le uniche parole sensate e forse anche giuste sono state queste: "Il calcio ritorni alla sua dimensione sociale". Non è importante sapere chi l'ha dette, ma sforzarsi di capire che cosa significano. Non è una frase convenzionale, pronunciata così per gonfiare un discorso prolisso senza attinenza con la realtà. Piuttosto invece c'entra perfettamente con il problema Italia. "Problema Italia". Sì, lo chiamo così perché ciò che è successo nella giornata di sabato a Roma, con la finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina a fare da semplice contorno, riguarda tutti coloro che calpestano il suolo dello Stivale e si sentono chiamare "italiani". Inutile spendere le solite retoriche di circostanza su di chi sia il responsabile. La colpa non è dei tifosi, la colpa non è solo degli ultrà (perlomeno distinguiamoli con un termine diverso) violenti. Il problema non è il calcio. Il calcio è la vittima semmai, e noi siamo i carnefici.

I tifosi sono i veri motori di questa passione, il carburante che fa muovere un mondo ormai diventato sempre più business e mero calcolo economico. Poi ci sono altri individui che amano chiamarsi come loro, ma che nulla hanno a che fare con questi, nonostante frequentino i loro stessi luoghi. Ma su di essi non mi vorrei soffermare. Piuttosto mi sembra di capire che secondo alcuni i veri e unici mali da estirpare siano gli scontri fuori e dentro lo stadio. Di conseguenza, eliminati questi, il mondo del pallone tornerebbe a risplendere come locus amoenus nel quale gioia, pace e prosperità farebbero da padrone? Oppure c'è qualcos'altro da sistemare, complementare e imprescindibile al male degli scontri tra tifosi, polizia etc...?

Forse quel qualcos'altro è da ricercare proprio nella frase di prima. Società è la parola chiave del problema Italia. Chi pensa che le persone si scontrino solo per il calcio forse non sa che la gente si ammazza per strada ogni sabato sera per ragioni ancor più futili di una squadra di calcio. Sarebbe come dire "C'è del marcio in Danimarca " se non si considerasse anche questo aspetto. Il problema allora è "tutto" qui. E' la società a determinare i comportamenti degli uomini. Una società marcia produce comportanti scorretti, persone scorrette. La società porta cultura (non del sospetto), modo di pensare, decaloghi di atteggiamenti da seguire.

Personalmente non mi ha colpito tanto l'accaduto di qualche ora prima l'inizio della partita, un fatto sicuramente intollerabile come ne succedono tanti ogni giorno purtroppo, quanto invece quello che è successo dopo. Le istituzioni piegate al volere di chi non può e non deve decidere se giocare una partita oppure no. La situazione non è stata controllata da chi doveva farlo. La mia faccia stupita e impotente è stata come quella del Premier Renzi, del Presidente del Senato Grasso, di quello del Coni Malagò, di quello della Lega Beretta, con l'unica differenza che loro sono le istituzioni,  una fetta grossa, grossissima della società. In tutto questo, come sempre, a pagare è la gente che non c'entra niente. Mentre le istituzioni ascoltavano le decisioni prese da  Genny  'a  Carogna sul da farsi, un vigile del fuoco veniva colpito da un petardo e poi trasportato dai suoi colleghi al sicuro. Al sicuro. E' un'espressione che indica un posto dove nessuno può farti del male, a differenza di un altro dove potresti rischiare la vita. Tutto ciò ricorda la circostanza di una guerra, un conflitto tra due schieramenti, a volte entrambi sono rappresentate da due tifoserie opposte, nemiche, a volte da un coacervo di tifosi uniti nella lotta alla polizia, e chi più ne ha più ne metta.

Perchè è sbagliato piegarsi alle decisioni di un capo ultras? Perchè, secondo me, non è questo il modo per dialogare con i tifosi, che, come già detto, sono il motore vitale del calcio. E perchè si è parlato solo con quel "tifoso" e non con tutto il resto dello stadio? Un qualsiasi altro tifoso vale forse meno del capo di una frangia della tifoseria? Ma sopratutto perchè si è agito così? Perchè è già successo in passato, è la società che lo prescrive. La società in quel momento era rappresentata dai volti di quelle cinque persone al caldo in tribuna autorità. Volti di chi non sa bene cosa stia succedendo, non sa cosa si dovrebbe fare, esattamente come tutta quella gente comune che stava assistendo alla scena.  

Albert Camus una volta disse: "Tutto quello che so sulla moralità e sui doveri degli uomini, lo devo al calcio”. Mi piacerebbe dire la stessa cosa. Come si è capito però ormai non è solo un fatto di calcio. Domande ce ne sono tante, risposte poche. Chissà se magari qualcuno potrà rispondere.

Ah...l'uomo che ha detto quelle parole si chiama Jorge Mario Bergoglio. 

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