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La maturazione della Roma spaventa City e Juve

condividi su facebook condividi su twitter Redazione 30-09-2014 - Ore 15:12

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La maturazione della Roma spaventa City e Juve

Ok, il mercato è stato eccellente. Certo, Rudi Garcia si è dimostrato un mostro nel primo anno a Roma. Ma, sotto l’ombrellone, più o meno tutti si sono chiesti come i giallorossi avrebbero potuto mantenere certi livelli di gioco scendendo in campo tre volte in una settimana. I primi riscontri sembrano aver già fornito una risposta valida: 6 vittorie in 6 partite ufficiali, con 2 soli gol incassati e 14 prodotti. Ora, però, il destino beffardo porta con sé due trasferte tra le più difficili nell’arco di quattro giorni: si parte questa sera a Manchester contro il City, si chiude domenica a Torino contro la Juventus. Garcia, però, sembra essere forte di nuove armi. 

MAGGIORE ROTAZIONE – Se non ci fossero stati gli infortuni di Astori, Castan, De Rossi e Iturbe, forse la situazione sarebbe stata leggermente diversa. Ma tant’è. La prima novità tra la Roma dell’anno scorso e quella attuale sta tutta nel turnover programmato e massiccio di cui si è munito Garcia. Con l’ingresso in campo di Leandro Paredes (occhio al ragazzo) nel finale del 2-0 inflitto sabato al Verona, i giocatori utilizzati sono stati 21 in 6 partite. Restano fuori soltanto i due portieri di riserva e Uçan (oltre al lungodegente Strootman), anche lui però infortunato. E i marcatori sono già stati 8. Ciò che sorprende, però, è il fatto che questo turnover pesante non abbia influito sul rendimento in termini di risultati, ma anche di qualità. Certo, la Roma vista a Empoli e in casa contro il Verona non è stata paragonabile a quella che ha schiantato il CSKA Mosca. Ma, nel complesso, ha sempre mantenuto saldi i cardini del proprio gioco: controllo del possesso palla, dinamismo sulle fasce e transizioni veloci per far saltare il fortino avversario.

IL SEGRETO: PJANIC E NAINGGOLAN ESCLUSI – Un trucchetto, in realtà, c’è. Il reparto fondamentale per il gioco del tecnico francese è indubbiamente il centrocampo. Un settore dove si muovono i due veri imprescindibili nello scacchiere: Miralem Pjanic e Radja Nainggolan. Il bosniaco è uscito dall’undici titolare soltanto contro il Cagliari e ha totalizzato 450’. Il belga è il più utilizzato dopo De Sanctis, con ben 533’ di fila in campo. Al secondo posto nella graduatoria dei calciatori di movimento non si può poi trascurare nemmeno Manolas, 514’ in campo con risposte difensive a tratti entusiasmanti (Benatia chi?). Il punto, però, è proprio nel mezzo. Dove l’assenza di De Rossi è stata mascherata da un signore del calcio come Seydou Keita, dove Pjanic si dimostra sempre più maturo. E dove Nainggolan è letteralmente esploso al termine dei primi sei mesi di ambientamento. Il belga ha messo cuore, gambe e una precisione nei passaggi che si aggira sul 90% in questo avvio di stagione. La sua forza, associata alla qualità di Pjanic, è stata l’impalcatura su cui Garcia ha costruito il tutto. Il possesso palla e il dinamismo della mediana giallorossa dà equilibrio all’impianto di gioco complessivo e permette una rotazione superiore alla concorrenza, per giunta a “impatto zero”.

UN CENTROCAMPO DA SOGNO – Pjanic, al termine della sfida contro il CSKA Mosca, ha lasciato lì una battuta: “Per come giochiamo, siamo più adatti all’Europa perché qui attaccano tutti e ti lasciano più spazi”. Dopo il test contro i russi, vedremo come si muoverà la Roma al cospetto del Manchester City. La verità del bosniaco, però, è facilmente condivisibile. Questa squadra si muove gestendo meravigliosamente i ritmi attraverso un possesso palla che esalta la tecnica di Pjanic e Totti grazie al movimento sugli esterni di Maicon (ma non era finito?), Cole, Torosidis e, adesso, anche Holebas. I concetti di base sono simili a quelli del primo Barcellona di Guardiola (4-3-3 e possesso palla incessante), ma meno spregiudicati. Se i catalani costruivano la manovra attraverso costanti triangoli di gioco e trovavano sfogo sulle fasce, i giallorossi portano più palla e rischiano meno attraverso a degli ideali “quadrati” che si vengono a costituire nelle zone centrali (Pjanic-Nainggolan più Totti e uno dei due esterni). Per poi esaltarsi ugualmente con gli inserimenti di un terzino o i tagli di una punta. Calcio europeo, chiaro. Ma con una notevole efficacia anche entro i confini nazionali, se si pensa che in sole 43 partite Garcia ha toccato quota 100 punti conquistati.

Tre gol della Roma a confronto - Quello di Ljajic a Parma e quello di Destro contro il Cagliari nascono da azioni identiche in tutto e per tutto, con il portatore di palla che ha davanti a sé cinque o addirittura sei uomini. Due corrono verso la porta avversaria, gli altri corrono verso di lui. La difesa non sa come prendere le misure e l'imbucata conduce al gol. Ma la fantastica collaborazione tra centrocampo e attacco si vede anche nel tiro di Nainggolan a Empoli, quando il portatore di palla sceglie la soluzione del tiro anziché il passaggio per uno dei compagni. In ogni caso, la chiave della Roma è tutta qui. E la qualità del lavoro del centrocampo si spiega anche con il movimento perfetto degli attaccanti. 

 

NON DIMENTICHIAMOCI DI GERVINHO – E poi c’è lui, arrivato tra lo scetticismo generale un anno fa e ancora tremendamente decisivo. Gervinho, a tratti ancora più importante rispetto alla stagione scorsa. Perché il suo movimento è ancora più integrato nella squadra e i suoi errori sotto porta paiono essersi ridotti (almeno temporaneamente). L’unico rimpianto di Garcia è quello di non averne potuto disporre maggiormente in contemporanea con Iturbe, ma le scintille fatte dai due nella prima mezz’ora con il CSKA promettono bene. Perché una coppia del genere è l’ideale per spremere il meglio dal finale di carriera di un Totti il cui dinamismo è ridotto all’osso. Ma le cui doti tecniche permettono giocate extra-terrene come il lancio per Ljajic del Tardini o l’imbucata per Gervinho contro i russi. Gervinho e Totti di turnover ne masticheranno parecchio, per essere tutelati e per tutelare la Roma.

L’IMPORTANZA DEI CAMBI – Quella di Florenzi contro il Verona è stata la prima rete proveniente dalla panchina per la Roma 2014-15. Ma non per questo si può dire che i cambi non siano importanti nella strategia di Garcia. Anzi, è vero proprio il contrario. Quando la Roma conduce sin dalle prime battute come a Empoli è il turno di gente d’esperienza come Keita, che entra per congelare il risultato. Quando serve forza d’urto tocca a Destro, inserito a Parma e capace di conquistare la punizione decisiva in soli 10’ di gioco. Perché sì, anche la presenza stessa a tempo pieno del centravanti ex Siena è un’arma in più della Roma attuale su quella del passato. E il tutto, amalgamato da un maestro come Garcia, è riuscito sinora a nascondere alcuni problemi di inizio stagione (la sostituzione della coppia centrale difensiva, la dipendenza da Maicon e Gervinho e l’inserimento di Iturbe). Adesso è giunto il momento di confermarsi a Manchester. Per avvicinare la Roma a una perfezione che l’anno scorso mancò soltanto nelle due sfide con la Juventus.  Che sia la volta buona?

Fonte: eurosport - Di Mattia FONTANA

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