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La Roma di Garcia, parte terza

condividi su facebook condividi su twitter Di: Massimo De Caridi 08-07-2015 - Ore 12:46

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La Roma di Garcia, parte terza

Si ricomincia da Pinzolo. Sempre montagna ma stavolta non più Riscone o Austria ma di nuovo nelle terre in cui andavano i giallorossi all’epoca del Barone, Nils Liedholm. La terza stagione di Rudi Garcia sulla panchina della Roma inizia dalla Val Rendena in provincia di Trento e chissà che non sia di buon auspicio dopo 2 estati passate con umore diametralmente opposto a ciò che poi si è verificato in campo. Il primo ritiro sotto la guida del mister francese arrivò a poche settimane da una delle sconfitte che più bruciano nella storia romanista: la finale di Coppa Italia persa nel derby contro i biancocelesti. La gente era nera di rabbia ed amarezza e certo il comportamento di alcuni giocatori che poi sarebbero stati venduti (in primis Osvaldo), non facilitò le cose. L’ex allenatore del Lille prese subito posizione in maniera decisa e disse che chi contestava era della Lazio. Parole forti e forse fuoriluogo ed eccessive ma che fecero capire di che pasta era fatto il nuovo “head coach” romanista. Poi, cominciò il campionato e le cose si misero bene con il derby vinto alla quarta del girone d’andata e le 10 vittorie consecutive. La Roma terminò il campionato al secondo posto molto distante dalla Juventus dei record (102 punti fatti) ma apparve più merito di Garcia e della squadra questa seconda posizione che non una “diminutio“ rispetto ai bianconeri. L’atmosfera del secondo ritiro fu molto diversa, poiché la Roma decise di andare prima negli Stati Uniti a giocare per espandere il proprio brand dall’altra parte del mondo e poi fece una settimana in Austria con il popolo giallorosso ancora felice per quanto accaduto la stagione precedente e nonostante la cessione dolorosa di Benatia, convinto e speranzoso di portare a casa il quarto scudetto, grazie all’ottima campagna acquisti fatta dalla società. La Roma, però, ha deluso le attese dei tifosi, arrivando sì seconda come l’anno precedente ma pareggiando tantissime partite consecutivamente, rischiando di esser superata da Lazio e Napoli e permettendo così alla Juventus di vincere il campionato molto prima di quanto dicesse la matematica. Mister Garcia, il primo anno, aveva riportato la gioia in una squadra che aveva un’energia negativa ed un pessimismo incredibile al suo interno ma soprattutto aveva ricompattato il gruppo. La difesa era insuperabile con De Sanctis bravo e fortunato, aiutato dalla migliore coppia di centrali della serie A formata Benatia e Castan, con Balzaretti in appoggio nelle due fasi e Maicon elemento prezioso in difesa, un vero regista durante la costruzione della manovra ed all’occorrenza anche una splendida ala. A centrocampo, Strootman era il re indiscusso che dava una mano in chiusura e faceva ripartire la manovra con i tempi giusti, Pjanic aveva trovato la collocazione ideale tra centrocampo ed attacco e ricamava perfettamente la manovra giallorossa e De Rossi a completare il reparto come diga e supporto ai 2 centrali difensivi, che grazie a “Capitan futuro” non andavano mai in difficoltà. Davanti, Totti era il faro della squadra; i suoi passaggi smarcanti per Gervinho e Florenzi creavano sempre enormi pericoli alle retroguardie avversarie e proprio l’ivoriano era quel genio e sregolatezza che dava un senso di costante imprevedibilità alla manovra offensiva. Florenzi ha giocato quasi tutta la prima stagione di Garcia come ala destra e questo ha fatto sì che ne acquisisse le caratteristiche e ne diventasse un ottimo interprete, capace anche di rendersi utile quando il pallone lo avevano gli avversari. Poi, c’erano anche Destro, tornato in campo a dicembre ma subito protagonista e capace di realizzare 13 reti in 18 partite e Nainggolan, preso a gennaio dal Cagliari ed immediatamente diventato l’idolo dei tifosi romanisti per la sua grinta e la sua caparbietà. La rosa era forse un po’ corta, con Torosidis che aveva sostituito Balzaretti dopo i problemi di pubalgia e pochi altri interpreti entrati a far parte costantemente del gruppo dei titolari ma, comunque, si è dimostrata un’ottima squadra. Il secondo anno si pensava che Manolas potesse prendere il posto di Benatia senza farlo rimpiangere troppo con Castan pronto ad aiutarlo come aveva già fatto con Marquinhos e lo stesso marocchino, impostisi al calcio che conta forse anche grazie all’opera del centrale brasiliano ex Corinthians. Purtroppo così non è stato, perché Castan ha avuto un cavernoma alla testa che lo ha costretto a rimanere ai box per tutto il campionato e soprattutto a sconfiggere questa battaglia personale; Balzaretti ha ripreso a giocare l’ultima partita della stagione dopo un anno e mezzo, Maicon ha avuto molti più bassi che alti ed il 3 febbraio ha alzato definitivamente bandiera bianca. Gli acquisti di Yanga Mbiwa e soprattutto Astori al centro non sono stati all’altezza della situazione peggio hanno fatto a sinistra sia Cole, preso come scommessa alla Maicon dell’anno precedente e risultata perdente e Holebas, comprato ad 1 milione l’ultimo giorno di mercato e quasi mai all’altezza di una squadra da vertice della serie A italiana. A centrocampo, né Ucan né Paredes hanno avuto molto spazio ed in ogni caso hanno mostrato qualche colpo senza però esaltare. Strootman si era infortunato a marzo della sua prima stagione e, tornato in campo a novembre, circa 2 mesi dopo ha avuto una ricaduta che lo ha costretto a dare nuovamente forfait per tutta la stagione. Il suo problema riguarda la cartilagine e sarà molto importante riuscire a capire come procedere, perché se si riuscisse a farlo tornare in campo con costanza, sarebbe il miglior acquisto del campionato che comincerà il 22 agosto. De Rossi e Pjanic avevano usufruito della grandezza del compagno olandese e grazie anche alle loro capacità avevano fatto una stagione splendida, cosa che non sono riusciti a ripetere nel campionato terminato a fine maggio. Idem per Gervinho: divertente e piacevole da vedere il primo anno, quanto irritante ed indolente il secondo; Florenzi ha dovuto fare tutti i ruoli della fascia, rischiando di andare in confusione più volte ma riuscendo comunque a mantenere quasi sempre alto il suo rendimento. Chi ha fatto tutto il 2014 fantastico è stato Radja Nainggolan, che ha ripreso da dove aveva finito la prima mezza stagione in giallorosso. Nella seconda metà del secondo anno ha avuto un piccolo calo di un paio di mesi, tornando però quello di sempre nel rush finale. Male Iturbe, che non ha saputo ripetere la meravigliosa annata di Verona con solo 2 reti all’attivo, discontinuo come sempre Adem Ljajic, un po’ meglio della prima stagione romanista ma ancora sotto la doppia cifra in campionato. Ibarbo, arrivato a gennaio, ha mostrato buone doti tecniche e voglia di lottare su ogni pallone anche in fase difensiva ma il senso del gol non è dentro di lui. Destro ha litigato con tutti, anche con se stesso e nonostante non avesse fatto malissimo sotto porta (5 gol nel girone d’andata), ha deciso di andare a trovare fortuna al Milan, segnando 3 reti (di cui una alla Roma) e non venendo poi riscattato dai rossoneri come gli era stato promesso. Dulcis in fundo, il mercato di gennaio. Di Ibarbo ne abbiamo parlato a parte, perché comunque qualcosa lo ha mostrato, mentre Spolli è stato provato una sola volta e nell’unico match inutile della stagione e Doumbia ha segnato 2 gol in 14 incontri, dimostrando scarsa preparazione fisica, poca visione della porta avversaria, doti tecniche non eccelse e poco feeling con compagni e pubblico. Garcia ha diverse responsabilità, così come la dirigenza, ma la principale è quella di aver bruciato Gervinho e soprattutto il neoacquisto ex CSKA Mosca, buttati in campo dall’inizio contro il Parma dopo 2 mesi di Coppa d’Africa e con 0 allenamenti nelle gambe e la testa ancora alla vittoria del massimo torneo del loro continente. Il mister francese non ha mai tentato di dare una scossa reale e non solo spostando 10 metri più indietro o più avanti qualche giocatore ma aspettando 3 mesi per capire che le punte avevano le polveri bagnate e che la squadra non era quella dell’anno precedente e che quindi l’unica risorsa era quella di aspettare le avversarie e agire di rimessa ma con rapidità e non con un possesso palla fine a se stesso. Forse il tecnico francese non sarà quel favoloso mister ammirato il primo anno che tanti tifosi, romanisti e non, aveva fatto innamorare ma neanche quello un po’ troppo arrogante a parole e poco ispirato nelle scelte di campo del secondo. La terza stagione potrebbe cominciare con toni bassi e non trionfalistici e continuare con un equilibrio da mantenere per tutta la stagione, sia in caso di risultati negativi che positivi. L’arrivo del nuovo staff sia medico che di preparatori atletici potrebbe aiutare molto la rosa della Roma a rimanere in lotta per importanti traguardi per tutto il campionato, senza restare a corto di fiato e senza avere troppi infortuni muscolari. Per festeggiare e gioire ci sarà, eventualmente, tempo alla fine dei giochi.

Fonte: Massimo De Caridi

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