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La Roma (non) si discute, si ama

condividi su facebook condividi su twitter Di: Paolo Valenti 12-12-2015 - Ore 16:51

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La Roma (non) si discute, si ama

C’è qualcosa che non va in questo cielo. Vecchia ma sempre attuale canzone di Vasco, riadattabile ai giorni nostri. Ma a Roma non è nel cielo cristallino di un dicembre afflitto dai mutamenti climatici che le cose non vanno. E’ piuttosto sotto questo cielo che accadono situazioni inimmaginabili fino a pochi anni fa, forse anch’esse conseguenza del cambiamento del clima che, come si sa, influisce anche sui comportamenti delle persone. Veniamo al punto. Una squadra, la Roma di quest’anno, piena di contraddizioni che sicuramente partono dalle imperfezioni che innervano la società: tanti dirigenti, ognuno responsabile per uno spicchio di attività, che non danno l’impressione di lavorare tra loro in piena coordinazione e sintonia; un direttore sportivo che cerca di fare plusvalenze, oltre che da parafulmine di squadra e società, ma che probabilmente è costretto a perdere di vista la costruzione di una compagine con solide basi caratteriali oltre che tecniche; un allenatore trattenuto alla fine dello scorso anno forse solo in ragione di un contratto pluriennale oneroso; infine, una squadra che, almeno nel reparto difensivo, non ha interpreti da primo posto, se si escludono Manolas e Szczesny. A destra di fatto manca un titolare; a sinistra è sufficiente che a Digne venga un raffreddore per mettere in difficoltà il reparto; in mezzo, Rudiger non è ancora preparato (se mai lo sarà) a fornire un rendimento all’altezza del compagno greco, mentre Castan non è evidentemente ritenuto pronto a garantire prestazioni migliori del tedesco. Nonostante ciò, la Roma è agganciata ai vertici della classifica in campionato e, seppure in malo modo, è entrata nei sedicesimi di Champions League, risultato conseguito dopo sei anni. Per questo appaiono fuori luogo le bordate di fischi che hanno accompagnato i giallorossi negli spogliatoi alla fine della gara col Bate Borisov, segnale di una critica che ormai non è più ragionata e costruttiva ma isterica e frutto di una sete di vittorie alimentata dalle aspettative sollevate con l’arrivo dalla proprietà americana. In questo momento di oggettiva difficoltà vanno, però, ricordati due aspetti fondamentali, se si vuole riallineare tutto l’ambiente verso l’obiettivo comune di vincere “qualcosa”: innanzitutto il fatto che criticare con ferocia una squadra che sta lottando non solo contro gli avversari ma soprattutto contro se stessa e le sue paure, difficilmente può portare a risultati migliori; secondariamente, se sarebbe stata migliore la Roma qualora, nella primavera del 2011, invece che essere acquistata da James Pallotta, fosse caduta nelle mani dell’unico offerente alternativo agli americani, presentatosi a Unicredit con uno striminzito business plan di dieci pagine e capacità economiche assai inferiori a quelle del presidente di Boston.
E’ evidente che, dopo la vittoria nel derby, la Roma abbia fatto impazzire i suoi tifosi per le cose spesso orribili viste sul campo invece che per prestazioni che tutti si aspettano da una squadra che, per quanto imperfetta, è sicuramente all’altezza di competere per vincere questo campionato. Ma il clima di ostilità che l’ambiente della città (tifoseria e, purtroppo, anche elementi delle istituzioni) riversa oggi nei confronti di Trigoria di certo non aiuta a migliorare prestazioni attuali e prospettive future. La Roma non si discute, si ama. E se, con un po’ di raziocinio, sul primo assunto si può eccepire, sul secondo non sono ammesse deroghe.

 

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