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Le dimissioni di Marino non sono un ostacolo per lo "Stadio della Roma"

condividi su facebook condividi su twitter Di: Gabriele Nobile 10-10-2015 - Ore 10:20

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Le dimissioni di Marino non sono un ostacolo per lo

(GABRIELE NOBILE) - Ignazio Marino da ieri non è più il sindaco di Roma, nonostante la sua appassionata difesa e le dichiarazioni di facciata riguardo ad un suo possibile ripensamento alle dimissioni (per legge ha 20 giorni per tornare sui suoi passi, ndr). Quasi certamente, il mandato del medico genovese, che avrebbe avuto una scadenza naturale del 2018, è terminato ieri.  In chiave prettamente politica, quanto accaduto può essere tranquillamente descritto come una delle peggiori pagine della storia recente per la città di Roma, con un epilogo degno delle peggiori manovre di palazzo degli ultimi decenni. Indecoroso. Come vi avevamo prennunciato circa un anno fa, il PD del Premier Matteo Renzi aveva già mollato il sindaco Marino"commissariando” il PD romano con Matteo Orfini, scelto dall’ex sindaco di Firenze proprio per “accompagnare” Marino e fargli da “Tutor”.

Noi ci occupiamo di calcio e nello specifico trattiamo argomenti relativi all'AS Roma ma non possiamo tralasciare il quadro politico capitolino attuale anche visti gli scenari legati al nuovo “Stadio della Roma”. Di sicuro i manager di Trigoria ed il costruttore Parnasi non avranno brindato una volta appresa la notizia, visto che Ignazio Marino in questi 848 giorni di mandato come Sindaco di Roma si è sempre dimostrato interlocutore serio e privilegiato, e quanto posto in essere in questi mesi è stato sì il frutto del lavoro certosino di committenti privati ma anche di un endorsement di Marino con alcuni membri della sua giunta, con (l’ex) Assessore alla Trasformazione Urbana, Giovanni Caudo, in prima linea. 

Con le dimissioni di Marino, è molto probabile che questo scenario possa cambiare anche rapidamente, visto che entro la primavera 2016 bisognerà andare al voto, con i cittadini di Roma che potranno esprimersi per trovare la persona giusta che possa guidare la Capitale. Il progetto dello “Stadio della Roma”, almeno in questa fase, è fermo in Regione Lazio dove, almeno attualmente, non esiste nessuno problema nella giunta ed il presidente PD,  Luca Zingaretti, è ben saldo sulla sua poltrona. I passaggi tecnici che andavano fatti al comune di Roma sono stati compiuti e l’assemblea capitolina si è già espressa in maniera chiara ed inequivocabile: quindi, da un punto di vista tecnico, quanto fatto in Campidoglio è blindato, specialmente la “Dichiarazione di pubblico interesse della proposta” richiesta da Pallotta & Co.

Ci saranno dei rallentamenti burocratici inevitabili, visto che con le dimissioni del primo cittadino verranno sciolti tutti i Municipi cittadini e proprio attraverso i “mini sindaci” passano tutte le varianti progettuali ed infrastrutturali dei compartimenti interessati. Con ragionevole certezza, siamo altresì convinti che il nuovo governo della città di Roma (giugno 2016) possa coincidere con l'approvazione in Regione Lazio del progetto, convinti che questo possa viaggiare parallelamente fino alla posa della prima pietra. A Roma sarà impossibile tornare indietro. Anche se il nuovo sindaco dovesse essere contrario al progetto non potrà fare barricate in sala consiliare per bloccarlo: l’iter è già avviato alla seconda fase in Regione Lazio. Questa è una certezza, ed i tifosi della Roma, almeno su questo argomento, dovranno stare tranquilli. 

Come è noto, per diventare sindaco di Roma un qualsiasi candidato dovrà dedicarsi a vincere le elezioni, investendo nella campagna elettorale: sarebbe dunque una follia poter inserire nel proprio programma elettorale una proposta di dietrofront al progetto stadio. Tantissimi i motivi, il principale, forse, è quello più elementare, non perdere i consensi dei tifosi giallorossi, la maggioranza nell’Urbe, senza i quali si realizzerebbe un autogol clamoroso. Discorso valido per candidati del M5S, movimento che in questi mesi di opposizione a Marino ha contestato duramente il progetto di “Tor Di Valle”, ma anche per il candidato della destra il quadro non cambierebbe. In ognuno degli scenari possibili, da qui a giugno 2016, riteniamo che il progetto dello Stadio della Roma possa essere un tema centrale, magari spigoloso se si vorrà dargli un taglio tendenzialmente strumentale, ma siamo certi che tutti gli attori dovranno legarsi a doppio filo al progetto stadio se non vorranno bruciarsi in campagna elettorale, dove ogni voto pesa come un macigno. Ricordiamo soprattutto che il progetto voluto dal Presidente Pallotta rappresenta una grande risorsa non solo per la AS Roma, intesa come società sportiva che ne trae vantaggi economici, ma anche per la rilevanza tecnica, sociale e di sostenibilità urbana per la quale la città di Roma si avvarrà al termine del compimento di quest’opera, che ricordiamo ai più distratti, sarà completamente finanziata da soldi privati senza l’esborso di un euro pubblico.

Il progetto privato dello stadio deve essere un veicolo per dimostrare che Roma città sarà in grado di attrarre a sé nuovi investitori -magari come James Pallotta di provenienza estera- ed il nuovo sindaco non dovrà mai dimostrarsi titubante davanti a questi concetti, banali quanto indispensabili per chi governa una grande metropoli europea come Roma; fermare lo stadio della Roma significherebbe bloccare quei pochi investitori sempre più spaventati dalla burocrazia e dalla politica italiana, non solo romana.
Lo Stadio della Roma deve rappresentare il modello pilota che gli altri investitori dovranno prendere ad esempio per la città di Roma, una capitale silente, indietro nella costruzione di grandi opere. Un modello pratico, sostenibile e che soprattutto porterà in città migliaia di posti di lavoro, oltre a rappresentare un investimento, anche di infrastrutture
di oltre un miliardo di euro.

 

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