Lettera a Miralem Pjanic
Ora che è ufficiale, caro Miralem, vorrei scriverti due parole. No, tranquillo, non saranno insulti o altri beceri commenti sulla tua persona o sulla tua famiglia, sarà solo una riflessione pacifica e pacata. In questo tempo dove vanno di moda lettere private, parole al vento o altro, mi sento in dovere di dire la mia da tifoso, prima che da giornalista (quale ancora non sono).
Da sempre hai professato, caro Mire, amore per questa maglia e per questa città, facendoci innamorare ad ogni tuo gol. Ricordo ancora quella domenica del 20 novembre del 2011, quella notte contro il Lecce. L’inizio di quello che per noi sembrava essere una favola. E che dopo 5 anni è diventato il nostro peggior incubo. Perché Miralem, perché.
Perché dire queste parole il 9 dicembre 2015: “In questo caso non scelgo una singola persona, ma voglio scegliere i tifosi della Roma. Questa è la mia quinta stagione qui e mi hanno insegnato cosa vuol dire essere un romanista. Anche i compagni di squadra con cui gioco da tanto tempo mi hanno fatto capire che questa non è una maglia qualsiasi: la maglia della Roma è una cosa molto importante per la nostra città. Ora sono un tifoso di questa squadra: ora sono un romanista”. E poi andare nella squadra dove, da romanista, ci abbiamo lottato le battaglie più atroci, che loro hanno vinto anche disonestamente. Perché Miralem, perché.
Eppure c’eri anche te quella notte del 5 ottobre 2014 a Torino. C’eri tu in campo quella sera. Hai provato sulla pelle cosa vuol dire essere defraudati, derisi, umiliati, battuti non da una squadra ma da un insieme di fattori che non sto qui a ricordarti perché già li sai. Eri te che eri intervenuto su Pogba fuori dall’area di rigore (ed oltre i minuti di recupero concessi) ma che l’arbitro ha visto magicamente dentro ed ha fischiato il penalty. Perché Miralem, perché.
Eri sempre tu che lo scorso anno, alla seconda giornata, l’avevi schiaffata dentro in faccia a Buffon e Chiellini e che li avevi mandati a -6 dalla vetta. Partita dove c’era anche un rigore su di te nei primi minuti di gioco, ovviamente non dato. Che gioia abbiamo provato Mire quel giorno eh, la ricordi? Bene, perché ormai saranno solo un ricordo per te. Queste sensazioni Mire non le proverai più, lo sai? L’ebbrezza di una vittoria contro qualcosa più grande di te, contro il potere, contro i cattivi, contro gli invincibili, non la proverai mai più. No, perché ora sei dalla loro parte. Hai scelto la via più semplice per vincere e questo lo rispetto. Ma non sempre la strada più semplice è quella più giusta.
In questo calcio fatto di soldi, di ambizioni, di successi, bisogna riuscire ad andare un po’ oltre a tutto questo e rimanere un secondo a pensare a ciò che c’è dietro. E non parlo di losche trame per vincere, parlo della passione che ogni singolo tifoso mette per la propria squadra e che, il più delle volte, si vede calpestata dal Dio denaro.
Ecco Mire, tu hai seguito il Dio denaro abbandonando la Dea Roma, che come una lupa ti aveva allattato prelevandoti da Lione e facendoti diventare uno dei giocatori più forti nel tuo ruolo. Da oggi sarai nostro nemico (sportivo), come lo sono da sempre quelli per cui adesso farai il tifo e di cui indossi in maniera fiera la maglia.
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