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Mazzone: "Garcia saprà adottare le giuste misure per ripartire. Sta sfruttando le qualità della squadra"

condividi su facebook condividi su twitter Redazione 27-10-2014 - Ore 15:20

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Mazzone:

Con oltre una decina di panchine e tanti anni di carriera alle spalle, Carlo Mazzone si gode ora il meritato riposo ad Ascoli, dove vive con la sua famiglia. Nato a Roma, nel cuore di Trastevere, cresciuto giocando a pallone per strada tra piazza Santa Maria in Trastevere e piazza San Cosimato, è diventato un allenatore di fama non dimenticando la sua genuinità. Sor Carletto e Sor Magarasono i nomignoli affibbiatigli per la sua romanità evidente che non ha mai voluto nascondere. “Palla a tera”, “pisicologia”, “rapporto coretto” sono inclinazioni idiomatiche che contribuiscono a rendere Mazzone un personaggio unico. MaiDireCalcio lo ha intervistato, cercando di carpire pensieri e curiosità di una carriera lunga, intensa e piena di ricordi.

Lei, trasteverino verace, è stato un simbolo della romanità nel calcio. Crede che questa caratteristica stia scomparendo oggi?  

Sono onorato di averla simboleggiata, ma mi sembra che anche adesso sia ben rappresentata anche da chi romano non è. E poi sono convinto che qualche romano che possa investire ci sia, anche se non vuole farlo. L’importante è che comunque chi viene faccia sempre del bene, rispettando il nome di Roma. Ho trascorso anni bellissimi alla Roma che porterò sempre nel mio cuore e non ho mai guardato alla Lazio come un nemico, ma semplicemente come un avversario.

Lei è anche una figura che ha vissuto il campo per moltissimi anni in un calcio diverso da quello di oggi. Ora è cambiato. Il business ha preso il sopravvento e le società si sono tramutate sempre più sempre in delle industrie del pallone. E’ un cambiamento positivo?

E’ un fatto logico. E’ stata una naturale evoluzione, non per forza negativa. Sicuramente gli investimenti stranieri hanno portato professionalità nell’attività calcistica e tra gli addetti ai lavori. Questa gente quindi, se vuole veramente essere protagonista, è la benvenuta.

Il suo amico Pep Guardiola, o Peppe come lo chiama lei, con il suo Bayern Monaco ha schiantato la Roma…

Guardiola ha sempre avuto una mentalità vincente, fin dai tempi del Brescia. Adesso è sicuramente uno dei migliori allenatori al mondo. Spero che la Roma si riprenda al più presto. E’ stata una brutta sconfitta ma non dobbiamo drammatizzare. Garcia prenderà le giuste misure e la Roma quest’anno sarà protagonista.

Zeman, protagonista insieme a lei della Roma anni ’90, ha detto che il calcio di Garcia è noioso. Lei che ne pensa?

Ogni allenatore ha una propria visione tecnico-tattica del calcio e per questo motivo ci sono molti pensieri differenti. Per come la vedo io un tecnico deve sfruttare le caratteristiche della squadra, conoscendo bene le qualità dei propri giocatori, quello che sanno fare e quello che non sanno fare. Penso che Garcia questo lo stia facendo. Se hai un bravo saltatore dì alla tua squadra di fare molti cross, se hai giocatori grossi e robusti giocherai spezzando l’iniziativa agli avversari e ripartendo. E così via…

Passiamo ad un tema meta-calcistico. Guardiola ha portato in auge il fenomeno dell’allenatore, ex grande giocatore, debuttante in una grande squadra. Penso a Montella, Seedorf, Stramaccioni e per ultimo Inzaghi. Lei, che ha fatto invece la gavetta vera per anni, che ne pensa? Non servirebbe a volte un po’ più di esperienza?

Bisogna valutare ogni tecnico diversamente. Dipende dalle qualità che hanno. Per allenare queste grandi squadre devi attutire l’impatto psicologico della grande piazza, saper gestire tutte le declinazioni della squadra dentro e fuori dal campo, avere personalità ed entrare nella testa dei tuoi giocatori. Non è facile e non sempre ci si riesce, anche perché forse i calciatori oggi sono più viziati.  Ma questo deve essere l’obiettivo. Quindi se un allenatore ha queste qualità può benissimo gestire una grande squadra anche senza esperienza.

Parliamo un po’ del suo felice periodo a Brescia. Fu lei a inventare per la prima volta Andrea Pirlo regista. Ci spiega come è nata questa scelta?

E’ stata un’invenzione che mi era riuscita già passato. Feci la stessa cosa ai tempi della Roma conGiuseppe Giannini, che all’epoca aveva una mente veloce ma non più le gambe di una volta. Arretrai il Principe da trequartista a regista davanti la difesa, non per difendere ma per impostare l’azione da dietro.  Così vidi in Pirlo le stesse caratteristiche di Giannini e gli dissi“Ti faccio giocare più dietro, ma non difenderai. Sarai il nostro fulcro di gioco”.  Infatti volevo sempre che le mie squadre facessero possesso palla. Mi ricordo che dicevo sempre: “Palla a terra, palla a noi, si gioca noi!”. Chiedevo molto alla mia squadra: aggressività, pressing, cattiveria agonistica, raddoppi e essere sempre propositivi.

E di Guardiola e Baggio che ci racconta? Che rapporto aveva con loro?

Guardiola era un gran palleggiatore, serviva uno come lui a centrocampo. Giocava sempre palla a terra. Baggio lo arretrai di venti metri. Lo misi come mezza punta, dove poteva mostrare tutto il suo valore. Lui era un esempio di professionalità per tutti. Con loro ebbi un bellissimo rapporto, così come con tutti i miei ragazzi.

Da qui una domanda sorge spontanea: come mai grandissimi giocatori come Baggio, Guardiola, Totti e tanti altri le vogliono così bene e si ricordano sempre di lei?

Perché io con loro avevo un rapporto come uomini, prima ancora che come calciatori. Un rapporto leale, corretto, rispettoso, sia con loro che con le loro famiglie. Li consigliavo anche per situazioni fuori dal campo. Sono entrato nei loro cuori e loro nei miei, mi hanno apprezzato per come sono.Questa non è la vittoria più bella della mia carriera, ma di tutta la mia vita.

L’intervista è finita. Lo ringrazio, lo saluto, attacco il telefono. E alla fine anche io capisco il perché viene ricordato con così tanto affetto. Alzino la mano gli allenatori che possono dire di avere lo stesso rapporto che ha avuto Mazzone con i suoi giocatori. La alzino le persone che hanno avuto avuto un rapporto così nella loro vita. Le mani alzate non saranno molte. Caro Carletto, ci manchi.

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