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Non siamo fenomeni, ma in Brasile batterci sarà difficile per tutti

condividi su facebook condividi su twitter Redazione 26-05-2014 - Ore 09:01

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Non siamo fenomeni, ma in Brasile batterci sarà difficile per tutti

Ci sono indicazioni contrastanti sul calcio che sta portando l’Italia ai Mondiali. Il campionato è stato indubbiamente di poca qualità. Ci si è seriamente salvati a trenta punti, ma si è vinto oltre i cento. È giusto dire che le prime non fanno media, ma non devono farla nemmeno le ultime. Si è poco osservato che sono stati segnati 1.035 gol, un po’ di più di un anno fa (28), ma abbastanza più di tre stagioni fa (84). A parità di partite non si passavano i mille gol dal 1951, cinquantatré anni fa quando gli attaccanti si chiamavano Nordahl e Hansen.

In assoluto la media gol (2.72 a partita) è la più alta dal 2001. Solo tre volte è stata superiore negli ultimi 45 anni. Cosa vuol dire questa piccola pioggia di gol? Intanto che ci siamo comunque bagnati con un qualche spettacolo, non tutto è accaduto inutilmente. Arrigo Sacchi, che stimo molto e giudico l’Hegel del calcio italiano, nel senso della voce più profonda ma anche ultima dell’idealismo tedesco, sostiene che i nostri risultati fanno pensare a un’Italia in difficoltà ai Mondiali. Porta l’esempio della Juventus nelle Coppe e in genere del nostro calcio quando gioca con gli altri. Ha ragione, ma offre esempi diversi. Paragona squadre di club con squadre nazionali, competizioni lunghe con competizioni brevi. L’Inghilterra ha sempre vinto in Champions e quasi mai con la nazionale.

Raramente inoltre le nazionali sono oggi più forti dei grandi club proprio perché possono solo mettere in campo giocatori di un solo Paese. Sono termini di paragone verosimili ma non uguali, battono con una quantità di cose , per esempio la difficoltà dell’Italia a perdere una partita. È una squadra modesta ma ideale per un torneo. Non cerca solo di vincere, cerca anche di non perdere, soluzione non disprezzabile in un torneo dove si può vincere il titolo facendo tutti zero a zero e segnando i rigori. Non è augurabile, non è da puntarci, ma è significativo.

Perché dunque il nostro calcio cresce ma non convince? Perché è più lento degli altri, il nostro pallone corre meno che in tutti gli altri grandi campionati. Perché il nostro pallone va piano? Perché non avendo più grandi giocatori ci siamo spaventati, siamo tornati alla tattica come antidoto. Al non prendere gol, pareggiare basta per salvarci dalla B e dalle figure severe. L’Inter è arrivata quinta con un punto e 57 a partita, l’Atalanta undicesima con un punto e 31, eppure è arrivata a due punti dal suo record in serie A. Non siamo peggiori degli altri, siamo più lenti e più impauriti degli altri.

Grandi giocatori in giro non ci sono più tranne i due-tre soliti noti. Ci sono tanti buoni giocatori, ma tutti condizionati dalla velocità e dalla tattica. Se giochi in velocità non puoi avere tattica lunga, stai a quello che fai, che puoi. Se giochi più lentamente fai spesso quello che vuoi. E spesso ti basta non perdere. Qui Sacchi ha ragione, abbiamo aggiornato il catenaccio. La differenza di forza ci ha riportati all’inizio. Ma onestamente, visti i prezzi, le qualità degli altri, quello che comunque produciamo, non so se sia un grande difetto. Vediamo.

Fonte: Il Corriere della Sera - M. Sconcerti

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