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Papà Sandri: "Grazie alla forza mediatica del calcio mio figlio ha avuto giustizia anche se ci manca ogni giorno"

condividi su facebook condividi su twitter Redazione 11-11-2015 - Ore 13:48

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Papà Sandri:

Otto anni fa esatti, l'11 novembre 2007, moriva Gabriele Sandri, tifoso laziale, che era andato a vedere la sua squadra in trasferta a Firenze. Il ragazzo fu ucciso da Luigi Spaccarotella, agente della Polizia Stradale e condannato in Cassazione a 9 anni e 4 mesi di reclusione. Oggi, l'emittente radiofonica Rete Sport ha intervistato il padre Giorgio. Queste le sue parole:

In questi anni ha visto cambiare qualcosa? C’è stato un cammino, un percorso?
"La cosa più importante è stato il fatto di essere stati accompagnati da tante persone che ci hanno dato tanta la propria solidarietà, questo ci ha dato la forza per andare avanti nel processo, di ottenere giustizia. Se la gente non si fosse stretta attorno a noi per chiedere verità e giustizia non si sarebbe arrivati ad una sentenza di omicidio volontario. Il vuoto ed il dolore rimangono nonostante passino gli anni, nonostante succedano altre tragedie simili. Gabriele non viene mai dimenticato, un ringraziamento particolare va a chi ci segue e alla gente che ci vuole bene".

Ci si sta rapportando nella maniera giusta con il mondo del tifo?
"Io credo che il tifoso ormai venga considerato poco o niente. Il tifo non si vorrebbe più allo stadio ma sui divani di casa, si fa tutto per cercare di allontanare la gente dagli stadi perché porta problemi, porta spese riguardanti la sicurezza. Io credo che così si uccida la passione del tifo, la passione per la propria squadra. Se oggi si riesce ad allontanare la gente dallo stadio, domani la si allontanerà anche dagli abbonamenti televisivi e probabilmente si ritornerà al cinema".

Come siete riusciti a dividere chi ha sfruttato il vostro dolore e chi vi era sinceramente vicino?
"Sono cose che si sentono. La gente che ci è stata vicina lo ha fatto esclusivamente perché credeva con il cuore di starci vicino. La nostra tragedia ha colpito tutte le persone che ci hanno accompagnato in questi anni, poteva succedere a chiunque. La vicinanza e l’affetto di tutta questa gente, che io ho chiamato ‘il popolo di Gabriele’, erano così evidenti e spontanei che mi hanno dato la forza di andare avanti, soprattutto durante il processo, in cui si è partiti una sentenza che ritenevamo inizialmente iniqua mentre poi è arrivati ad una sentenza che quanto meno ristabilirà la verità. Devo dire grazie a chi ci sta ancora vicino, anche grazie a voi. Otto anni sono passati e voi ancora non dimenticate, questa è la forza che noi abbiamo per andare avanti in una tragedia così grande, insopportabile".

Le istituzioni?
"A livello di affetto io ho avuto la gente, il popolo, i tifosi di tutte le squadre. Le istituzioni? Inizialmente si è cercato di nascondere quanto successo, far passare Gabriele per quello che non era e Spaccarotella per una vittima. Così non era, così non è stato. Ma questo non ci ridà Gabriele, ci manca tutti i giorni".

L’omicidio di suo figlio c’entra poco con il calcio, eppure grazie alla forza mediatica del calcio credo si sia ottenuta una giustizia adeguata.
"Siamo riusciti a portare a termine una sentenza di omicidio volontario, non ci fosse stato il mondo del calcio probabilmente Gabriele non avrebbe avuto giustizia. In questo senso hanno fatto un autogol quando parlarono di scontri tra ultrà per cercare di nascondere quanto successo. La forza probabilmente è stata proprio questa".

Fonte: Rete Sport

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