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Roma come Giza: dalla necropoli alle piramidi, passando tra le mani dell'architetto di Certaldo

condividi su facebook condividi su twitter Di: Lorenzo Imperiale 05-03-2016 - Ore 11:26

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Roma come Giza: dalla necropoli alle piramidi, passando tra le mani dell'architetto di Certaldo

Non è un caso che ieri sera la vittoria arrivi per mano di due egiziani: uno di nascita, Salah, l’altro di sangue, El Shaarawy, avendo padre egiziano, poi trasferito a Savona nel 1982, 10 anni prima della nascita di Stephan. Cheope è sicuramente il piccolo Mohamed, il quale è arrivato a quota 11 reti con la Roma in campionato (primo giocatore della rosa ad arrivare in doppia cifra). Si lo so, è un ossimoro accostare la più grandi della piramidi egizie al giocatore più basso della rosa della Roma. Ma la grandezza è sta nei piedi, nella testa: un calciatore in grado di fregarsene dei fischi nel match di andata al Franchi e che gli fa un gol tacendo quelle bocche maligne, ma non esultando in rispetto di quelle bocche che prima acclamavano il suo nome, si replica senza farsi pregare molto ieri sera all’Olimpico, anzi riesce a fare anche di meglio, realizzando 2 gol ed 1 assist, e ieri si che ha festeggiato, e come. Il numero 11 capitolino è entrato in 14 in 59 gol fatti dalla squadra (ogni 4 partite c’è il suo marchio). Sicuramente uno dei più positivi della gestione Spalletti.

Poi c’è lui, il faraone. Bistrattato dal Monaco, lanciato via come uno straccio sporco da Milan, aveva sete di rivincita. Voleva far vedere al mondo intero che la cresta era ancora ben in vista e che era pronto a giocarsi le sue carte. Chi meglio del tecnico toscano sa sfruttare uno come lui: rapido, tecnico e intercambiabile nei 3 ruoli congeniati per lui dietro la punta (al limite anche punta stessa). Beh, i risultati sono sotto gli occhi di tutti: più gol che partite (5 in 4 match), contornati poi anche da un paio di assist che non fanno mai male. Il Faraone è risorto. Molti lo accostavano alla Mummia, celebre pellicola di Stephen Sommers, Ma quando la regia, da Hollywood si sposta a Certaldo, il film cambia. Diventa da oscar.

E arriviamo a lui. Il regista toscano, l’architetto che ha innalzato questi capolavori. Il Giulio Cesare condottiero che ha guidato i suoi uomini alla rinascita e alla conquista. E’ arrivato a Roma tra le macerie, una necropoli. Ha preso vanga e picchetto ed ha immerso le mani nel fango fino a trovare finalmente la quadra giusta. Come una scolaresca, la squadra si è messa dietro i banchi ad ascoltare: ha preso in mano scalpelli di rame e si è messa a forgiare le pietre per poi erigere questa piramide. “È un percorso difficile, con tanti ostacoli da affrontare uno alla voltadisse dopo la gara contro la Samp. E’ da li’ è stata un’escalation: Carpi, Palermo, Empoli (con l’intermezzo glorioso contro il Real Madrid) fino ad arrivare alla serata di ieri. “Se loro hanno fatto un’opera d’arte, noi abbiamo fatto un capolavoro”. Così aveva parlato Lucio prima della gara contro la Fiorentina, consapevole di star per innalzare qualcosa di maestoso. La speranza di ogni tifoso, è che mattone dopo mattone si possa toccare il cielo con un dito e che un giorno si possa finalmente festeggiare la conquista di un trofeo.

Poi c’è quel ragazzo con il numero 10 sulle spalle, al quale basta solo alzarsi dalla panchina per far partire un applauso ed un coro di incitamento dalla sua gente. Anzi, basta anche meno. Uno sguardo. Lo sguardo di chi non vuole essere sconfitto dall’età e dal tempo infame che passa inesorabile e che si toglie il fratino, la tuta e si infila l’armatura da soldato come ha sempre fatto, portando in alto lo stendardo giallorosso. Eccolo, Francesco Totti, in trepidante attesa di scendere in campo come se fosse la prima volta. Eppure sono 750. Si, 750 volte quei piedi hanno toccato il manto erboso dell’Olimpico, di ogni stadio d’Italia, d'Europa (594 in Serie A, 55 in Coppa Italia, 96 nelle coppe europee e 5 in Supercoppa). Hanno deliziato gli occhi degli avversari ed il cuore dei tifosi della Roma. Gli antichi egizi costruivano le piramidi per stare più vicini agli Dei. La Roma il suo Dio ce l’ha in casa da 24 anni, e qui rimarrà per l’eternità.

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