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Se questo è il calcio

condividi su facebook condividi su twitter Redazione 18-12-2013 - Ore 10:57

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Se questo è il calcio

LA REPUBBLICA (M. CROSETTI) - Una manciata di ore nere per capire cos’è diventato il nostro povero calcio, così amato (ma fino a quando?) e così perduto. Una somma, una sintesi tristissima, un incubo. Prima le scommesse, di nuovo, con altri nomi eccellenti, compreso quello francamente incredibile di Rino Gattuso. Poi le curve chiuse a Milano e Roma, di nuovo, per il solito razzismo. Poi la sentenza d’appello di Calciopoli, di nuovo, con Moggi condannato, di nuovo, e lo sporco che ancora esce dai tombini, di nuovo. In fondo, niente di nuovo. Difficile ricordare un altro giorno così. Difficile decidere, alla fine, che cosa faccia stare peggio: se la disillusione cronica, o la sorpresa per gli sviluppi inimmaginabili, oppure la certezza che niente cambia, al massimo peggiora. Ci hanno rovinato la passione, o quanto ne rimaneva.

Lo stillicidio di notizie, inganni e scommesse, un processo che a Napoli va finalmente verso la chiusura e un’inchiesta al contrario infinita, un pozzo nero pieno di letame. E poi il derby di San Siro che domenica avrà un pezzo di stadio vuoto, succede a Milano e a Roma, le due città più importanti d’Italia: sarà anche il male minore ma è maggiore la resa, perché la brutta gente alla fine vince sempre, raggiunge il suo scopo. E il grado di civiltà del nostro calcio, se possibile, scende ancora, ormai ci siamo abituati e quasi ce l’aspettiamo. Come le retate all’alba: ma è proprio necessario avere sempre le telecamere accanto, è sempre il caso di avvertire prima le tivù?

 

Da sette anni va avanti così. La vergogna di Calciopoli comincia nel 2006, anche se l’inizio della fine non è databile, di sicuro le radici erano ben più remote. Le scommesse, almeno nel filone dell’inchiesta di Cremona, partono invece nel 2009, con una novantina di partite truccate in serie A, B e Lega Pro. E il razzismo, pure lui non ha una data di nascita, ma è di sicuro molto vecchio anche se quest’anno ha preso forme organizzate, diremmo “istituzionali” nell’alleanza turpe di certe curve, nel progetto ricattatorio ormai diventato sistema. Senza soluzioni, senza rimedio apparente. Poi ci preoccupiamo delle magre in Champions, del ranking Uefa: pagliuzze nelle pupille. La trave è invece lo stato di avanzata decomposizione in cui versa il nostro sport più popolare, ma sempre meno amato e seguito, sempre meno credibile e creduto. Soltanto un ingenuo può pensare che il vuoto delle gradinate dipenda solo dalle squalifiche, dalla crisi o dalla massiccia offerta televisiva. Il vuoto dipende dal vuoto.

Fonte: la repubblica

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