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Totti: da Re di Roma a Capitan America?

condividi su facebook condividi su twitter Redazione 24-04-2016 - Ore 10:54

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Totti: da Re di Roma a Capitan America?

PIER LUIGI MANIERI -  Quando pensavamo di aver già visto tutto, Lui scrive una nuova pagina di sport. O di epica. Entra quando l'incubo di una sconfitta - baratro senza ritorno - è a un paio di giri di lancetta dei minuti. Non ci crede più nessuno. Compreso il suo allenatore, forse, che infatti lo impiega fuori tempo massimo. Occorre far ricorso ai decimali o giù di lì ma gli bastano e avanzano per fiondarsi in mezzo alla mischia, dove il pallone prevede, arriverà, per poi raggiungerlo con un colpo che può fare solo un ragazzo. O un maestro. Un artista. Un genio. Soprattutto un cecchino micidiale. E affamato. Come un lupo. Alla propria natura non si sfugge. Con una freddezza che rimanda ad altre mirabil prove, mondiali 2006 per la precisione, spara un rigore che è una lama. Matador inossidabile. Toro abbattuto. Avversario storicamente ostico che già se lo sentiva il colpaccio. Ma non questa volta. Tutto ciò avviene nella stagione degli allontanamenti da Trigoria e dalla squadra, che si combinano con cadute nel fango assortite perché si pensa bene e costantemente di aggiornare l'album degli orrori. E così la vicenda Roma -Totti rischia di diluirsi in un epilogo avvilente che svilisce un fuoriclasse unico che alla soglia dei quarant’anni è forse ancora il migliore e impoverisce la storia della Roma americana, breve e avara di soddisfazioni. C'era una canzone che rimandava all'idea diffusa di come fosse un americano. C'è poi un altro eroe della romanità, Alberto Sordi, che ne fece un personaggio enorme, grandioso: l'Americano. E il punto è questo, se alla società oro - porpora /blu - bianca si può rimproverare qualcosa, è proprio di fare poco l'americana. E non è poco se il limite è nella costruzione di un'identità di squadra, nella scarsa attenzione verso la storia, nella non spettacolarizzazione del marchio inteso sia come simbolo che come prodotto, in una commercializzazione approssimativa dell'immagine, nella gestione caotica, per non dire isterica, del parco giocatori, e in una condotta in comunicazione ai limiti del dilettantismo, limite che ne investe come una valanga ogni ambito compresa la radio ufficiale che sa un po' troppo di GRA e troppo poco di tenore internazionale. Gli americani non sono secondi a nessuno in fatto di spettacolo, marketing e identità, basti vedere come è stato salutato Kobe Bryant. Difficile immaginare che lo abbiano messo alla porta. Il che è invece più o meno quanto sta avvenendo con la leggenda vivente. ll più grande di tutti, trattato come uno qualunque. Inutili e pleonastici certi paragoni con Juve e Real Madrid per i casi DelPiero e Raul. l'accostamento risulta comico, per stile e forza delle stesse. Che è solo un po' meno peggio d'imbarazzante. La Juve inserisce Tevez, Pogbà, Dybala ma soprattutto vince. Vince. E rivince. La Roma attualmente è a 14 punti, perciò va peggio degli anni scorsi quando il distacco era di 17 punti. Sommando i 14 agli 11 che aveva di vantaggio a metà stagione, siamo di fronte a una voragine. Per evitarsi la depressione meglio tralasciare il Real Madrid e la sua galleria di vittorie e di fenomeni. Pur non tenendo conto di tutto quanto Totti rappresenti, prima di silurarlo, per'altro con ragioni sistematicamente sconfessate dal campo, come se la sua permanenza fosse banalizzabile in termini di efficienza fisico sportiva, potrebbe essere funzionale giocarsi una buona carta, magari un asso come Müller, Hazard o Higuain, per il solo piacere di interrompere la consueta, immalinconente teoria di mezze figure che ad ogni campagna acquisti si profila per l’ennesima rifondazione. E volendo, qualche vittoria non ci starebbe male. Se ciò non è spudoratamente chiedere troppo. Il numero 10, il Capitano che unisce generazioni di tifosi, ha nella sua unicità, la sua forza. Che per estensione diventa della Roma. Ma se fosse proprio la sua unicità a fare di lui un problema? Troppo grande il suo Sole? Meglio un rassicurante appiattimento che un'ingombrante eccellenza? Spalletti, che sembra ispirato da certi personaggi shakespeariani, ha chiaro quanto rischia? E per cosa, poi? Passare alla storia per essere l'allenatore che ha obbligato il Capitano al ritiro. Il che sarebbe fatale al primo accenno di crisi. Non dissimile da quello scongiurato proprio dal gagliardo highlander dell’Urbe che con 3 gol e un passaggio vincente pari a cinque decisivi punti, ha nei fatti spalancato l'accesso al preliminare della Champions League e soprattutto, inquadrato all'orizzonte un bastimento di milioni di euro, vitali per scongiurare quel ridimensionamento che è l'autentico tormento di ogni tifoso. E James Pallotta, italiano di ritorno, rischia pure l'autogol. Ripensando a quei bastimenti di quando i nostri connazionali andavano a cercar gloria e fortuna nel Nuovo Mondo, se Totti decidesse di fare lui l' americano che effetto avrebbe sui media e sugli appassionati, che negli USA sono milioni e che lo venerano come un dio del calcio? Con ogni probabilità sarebbe pari a quello di un inedito Cristoforo Colombo, o Vespucci, per restare sulla metafora di navi e navigatori o Garibaldi, da cui attingere come “Eroe dei due mondi”. Si possono intuire – e già udire - con facilità sia gli applausi che le pernacchie. Ad ogni sua nuova magia a stelle e strisce.

Fonte: a cura di Pier Luigi Manieri, scrittore e curatore di eventi

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