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Tutto Lotito, da re pulizie al vertice del calcio

condividi su facebook condividi su twitter Redazione 10-06-2015 - Ore 17:21

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Tutto Lotito, da re pulizie al vertice del calcio

Esuberante, irriverente, sfrontato, garibaldino. A Claudio Lotito è sempre piaciuto salire in cattedra tanto da fargli dire un giorno che «io potrei fare benissimo il ministro dell'Economia, ma un ministero del genere non me lo darebbero mai. Poi potrei andare all'Interno, ai Lavori Pubblici...». Sicuramente non gli fa difetto la falsa modestia così come le manie di grandezza. Ma lui è fatto così: prendere o lasciare. A maggior ragione oggi che il patron della Lazio è indagato dalla Procura di Napoli per tentata estorsione, nell'ambito di un filone di inchiesta che riguarda il mondo del calcio. Ennesima bufera su un personaggio che 'dominà la scena del calcio da ormai un decennio (è diventato presidente del club biancoceleste nel 2004) e sul quale, a torto o a ragione, sono già scorsi fiumi di inchiostro. D'altronde il personaggio c'è tutto. In un'intervista di qualche tempo fa a Il Foglio, Lotito sintetizzava così il suo rapporto con il mondo del calcio: «Con me pensavano d'aver preso la vacca per le zinne, e invece hanno preso le palle di un toro». Le metafore sono sempre state il suo forte, così come le polemiche, le prese di petto, le 'crociatè contro gli ultrà e i procuratori dei calciatori, e l'amato latino che non perde occasione di infilare nelle massime che ormai impazzano via web. Nato a Roma nel maggio del 1957 da padre umbro (era dirigente di polizia) e mamma di Amatrice, a Claudio Lotito, nonostante la laurea in pedagogia, è sempre andata a genio la nomea di 'durò che ha accompagnato tutta la sua trafila lavorativa. Per anni è stato il «re delle pulizie»: non c'era Asl, ospedale, banca, ufficio pubblico o Palazzone che non venisse 'ramazzatò dalle sue società che si sono aggiudicate tutte le gare d'appalto, lasciando alla concorrenza solo le briciole. Insomma, uno schiacciasassi. A cui però il ruolo ha cominciato piano piano a stare stretto, tanto da fargli venire voglia di fare il 'grande saltò anche se con qualche inciampo, strada facendo. Come nel 1992 quando viene coinvolto in un'inchiesta della magistratura sugli appalti della Regione e arrestato in compagnia di un funzionario pubblico che, secondo i magistrati, gli rivelava i coefficienti di massimo ribasso necessari ad aggiudicarsi le gare. Un incidente di percorso che non smonta la sua voglia di 'farè: prima la Lazio (2004), poi la Salernitana (2011), infine la Figc di cui diventa consigliere federale e 'ministrò per le riforme. «Le scommesse? È quel che so fare meglio, mi intrigano, le ho vinte tutte, anzi quasi tutte», il suo vanto. Genero di Gianni Mezzaroma, storico costruttore romano, di cui ha sposato la figlia Cristina, Lotito si è trasformato via via in un mix di affari e furbizia, di prosopopea e opulenza dialettica, cercando di mettere all'incasso tutto ciò che gli capita sottomano, come anche i 500 ettari che ha comprato sulla Tiberina, col sogno di costruirci la 'città dello sport', con lo stadio della Lazio. Che, si dice, non è mai stata la sua squadra del cuore, ma quella che gli ha dato la possibilità di emergere. Da quel 19 luglio 2004 sono passati più di 10 anni. Poche ore e la società biancoceleste sarebbe sparita, cancellata da debiti che nessuno voleva più garantire dopo il crac Cragnotti. Sponsorizzato dall'allora Governatore Francesco Storace, anche per i crediti che come imprenditore vantava nei confronti della Regione, Lotito mette le mani sul club biancoceleste riuscendo, cosa più unica che rara, a evitare il crac e a 'spalmarè il gigantesco debito dell'era Cragnotti. «Nel calcio mi ispiro al grande Manzoni. L'utile per scopo, il vero per soggetto, l'interessante per mezzo», spiegò una volta per indicare la strada per un calcio più pulito. Eppure i problemi di oggi non sono i primi, dal mondo del calcio: sul finire della stagione 2006 è coinvolto in Calciopoli e condannato dapprima all'inibizione a 2 anni e 6 mesi poi ridotti in appello, con la Lazio prima in Serie B e poi 'salvatà ma con una penalizzazione di 11 punti. Il resto è cronaca recente, con la sua passione per le 'riformè che diventa realtà alle ultime elezioni federali, dove Lotito si spende anima e corpo per Carlo Tavecchio subito ripagato dal neopresidente che non manca mai di averlo al suo fianco. Così alla prima uscita degli azzurri si presenta a bordo campo con tanto di giubbotto della Figc e la scritta «Italia», subito accusato di «ingerenza» e con polemiche a non finire. «Sono consigliere federale, lì ci sto a pieno titolo», risponde lui. Le gaffe sono un altro suo carattere distintivo: su tutte quelle sull'ad della Juve, e suo grande 'nemicò in consiglio, Beppe Marotta (che «con un occhio gioca a biliardo e con l'altro mette i punti») e sul Carpi finita nella famosa intercettazione di febbraio e che secondo Lotito «non poteva salire in Serie A», per questioni di convenienza economica«. La squadra emiliana ha poi ottenuto la promozione sul campo. Ma da quella telefonata, per Lotito è nata tutt'altra partita 

Fonte: ansa

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