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I segreti del calcio belga, parla Imborgia: “Regole semplici ed efficaci. Ed una mentalità da esportare….”

condividi su facebook condividi su twitter Redazione 06-04-2014 - Ore 11:55

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I segreti del calcio belga, parla Imborgia: “Regole semplici ed efficaci. Ed una mentalità da esportare….”

Generazione di fenomeni, rigorosamente made in Belgio. Un universo ricco di talenti, un’atmosfera magica che ha attirato le attenzioni degli operatori di mercato. Qualcuno, però, su questa terra ha scommesso anni fa, anticipando notevolmente la concorrenza. E non si è sbagliato. Si tratta di Antonio Imborgia, prima procuratore e poi dirigente (fino a pochi mesi fa, a Parma), uno dei primi uomini di calcio italiani a intravedere le potenzialità che poteva offrire questa nazione, per molti sconosciuta: “L’idea nasce essenzialmente per un fatto di normative, in Belgio infatti non c’è una limitazione per il tesseramento degli extracomunitari  - spiega Imborgia a GianlucaDiMarzio.com – e con Alessandro Beltrami ci siamo avvicinati a questa realtà, incuriositi dagli aspetti regolamentati. E nel novembre del 2008 abbiamo preso la maggioranza del Kas Eupen, formazione che militava nella seconda serie belga. Un’esperienza davvero gratificante”. Un calcio in evoluzione, alla cui base stanno dei concetti ben chiari: “Il calcio italiano dovrebbe farsi una domanda : come può una nazione cosi piccola, con una densità di abitanti minima, avere un prodotto così importante? La risposta è semplice: nelle regole e nella snellezza burocratica. Noi in Italia siamo ancora fermi sul blocco degli extracomunitari, poi però guardando le partite notiamo che in campo che ci sono squadre che schierano 9-10 stranieri. Che differenza c’è tra un comunitario ed un extracomunitario se poi in campo ci vanno gli stranieri? Se uno è bravo gioca. Non è così che si tutelano i vivai”. Un’attenzione ai giovani, che è rivelata una scommessa vincente: “I vivai si tutelano con un lavoro fatto di calcio, che in Belgio ho visto fare: con istruttori che permettono ai bambini di giocare per divertirsi. Io in una realtà piccola di 17.000 abitanti avevo oltre 400 bambini del settore giovanile che pagavano per fare calcio: le famiglia compravo il kit e versavano la quota associativa. A undici anni in Italia le famiglie mortificano il gioco dei bambini. Deve cambiare la mentalità, il segreto è li. Altra cosa fondamentale è l’approccio: in Belgio non esistono i ritiri, non esiste tessera del tifoso. Servono regole semplici, meno problematiche, meno regole che impediscono lo sviluppo: in 60 giorni ho fatto uno stadio da 12.000 posti, in Italia non sarebbe mai stato possibile. Nel nostro campionato bisogna far rispettare le regole che ci sono, e ricominciare dal basso: noi abbiamo un prodotto che è nettamente migliore degli altri”. Calcio belga, generazioni di fenomeni. Il migliore? “Di giovani bravi ce ne sono tanti, ma sono d’accordo con Mourinho: Hazard ha qualcosa in più, sembra essere di un altro livello. Io però una fiche la punterei anche su Lukaku: sta attraversando un momento di crescita, ma può esplodere definitivamente”. Imborgia, indica poi la strada da seguire: “Qui da noi ci sono troppo preconcetti legati al campionato di provenienza. Quando ero a Parma mi è stato segnalato Loris Benito, terzino sinistro dell’Aarau, adesso alla Zurigo. All’epoca non lo abbiamo preso, magari in quel momento dovevamo fare altro o le risorse erano destinate ad altre operazioni. La verità però è semplice: bisogna avere più coraggio ed essere meno mediatici: a volte cerchiamo l’acquisto e contemporaneamente il consenso”. Parola di Antonio Imborgia, il primo italiano a credere nel nuovo Belgio.

Fonte: gianlucadimarzio.com - Nino Caracciolo

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