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Legge sugli stadi: attualità e prospettive future

condividi su facebook condividi su twitter Di: Gabriele Nobile 22-11-2013 - Ore 15:34

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Legge sugli stadi: attualità e prospettive future

La nuova normativa sugli stadi è probabilmente uno dei provvedimenti più attesi dagli sportivi italiani, i quali, dal lontano 7 ottobre 2009, aspettano che il disegno di legge allora approvato dalla VII Commissione del Senato completi l’iter necessario per la sua entrata in vigore.

Da allora tuttavia, in pieno spirito calcistico, Camera e Senato si sono reciprocamente “palleggiate” il testo, a suon di emendamenti e integrazioni più o meno rilevanti.

L’ultima notizia di quella che dovrà essere la disciplina sull’impiantistica sportiva risaliva a due estati fa, quanto versione più recente era stata trasmessa dalla VII Commissione della Camera al Senato per l’approvazione definitiva.

L’attesa pare sia finita. E questa volta dovrebbe trattarsi di un lieto fine.

Con un emendamento governativo, infatti, la nuova normativa - che riguarderà gli impianti sportivi a partire da strutture con 500 posti indoor e 2000 all’aperto - è stata inserita nella legge di Stabilità.

La proposta prevede, in primo luogo, lo stanziamento di 45 milioni di Euro nel triennio 2014-2016 (esattamente 10 milioni nel 2014, 15 nel 2015 e 20 nel 2016) a titolo di fondo di garanzia per l’ammodernamento e l’acquisto di impianti sportivi da parte delle società o associazioni sportive.

La seconda parte del provvedimento è volta alla semplificazione del procedimento amministrativo seguito dagli enti territoriali per la concessione di autorizzazioni e nulla osta, comprese quelle relative all’impatto ambientale delle costruzioni, con la previsione di uno speciale potere di intervento, in capo alla Presidenza del Consiglio, in caso di ingiustificati ritardi.

E’ senza dubbio una svolta nell’ambito dell’edilizia sportiva, poiché i club, dall’entrata in vigore della disciplina, potranno beneficiare di un iter burocratico molto più snello rispetto a quello attuale, vero e proprio tallone d’Achille del sistema, che è stato spesso causa di tensioni tra i dirigenti delle società e le Autorità locali.

Entrando nei dettagli del procedimento, le società dovranno presentare al Comune di competenza uno studio di fattibilità corredato da un piano economico-finanziario, da valutare entro un periodo massimo di 15 mesi, con l’evidente finalità di incentivare le autorità locali a pronunciarsi entro un termine contenuto.

Uno degli aspetti più interessanti della nuova normativa è certamente la cosiddetta clausola di compensazione, con la quale, in sostanza, si vuol dare la possibilità ai privati di sostenere i progetti in itinere.

Il Governo, infatti, si riserva la facoltà di consentire l’edificazione, a fianco degli impianti sportivi, di altri “insediamenti edilizi e/o interventi urbanistici, entrambi di qualunque ambito o destinazione, anche non contigui agli impianti sportivi"*

In altre parole, il Governo potrà autorizzare la costruzione di palazzi, centri commerciali, complessi abitativi, con l’obiettivo di riqualificare l’area del nuovo impianto, con interventi funzionali “al raggiungimento del complessivo equilibrio economico-finanziario dell’intervento e concorrente alla valorizzazione in termini sociali, occupazionali ed economici del territorio di riferimento”.*

Sul punto, l’ultima parola sarà affidata ai Comuni e alle Regioni, che potranno concedere apposite varianti ai piani urbanistici a favore dei finanziatori e/o promotori dei progetti, che garantiscano compensazioni economiche (da qui il nome della clausola) rispetto all’investimento nell’impianto sportivo. Una sorta di do ut des in chiave moderna fra società sportive e sponsor dei nuovi impianti, che non ha mancato di suscitare qualche perplessità nel mondo politico e dello sport, forse ancora “scottato” dalle speculazioni avvenute ai tempi dei Mondiali di calcio del ’90.

D’altro canto, però, le vicende delle grandi capitali dello sport in Europa dimostrano che un’edilizia ben pianificata può portare notevoli introiti nelle casse sia dei club che degli investitori, basti pensare ai moderni stadi inglesi o tedeschi, attorniati da imponenti strutture per i tifosi-turisti provenienti da fuori, come negozi, centri commerciali e alberghi appena a ridosso dell’impianto sportivo.

 

La verità, come sempre, sta nel mezzo.

Gli stadi sportivi italiani sono, per lo più, in cattive condizioni e carenti dal punto di vista della sicurezza, al limite dell’anacronistico. Compito del Governo sarà quello di fare in modo che la semplificazione delle procedure amministrative e burocratiche per la costruzione e la ristrutturazione degli stadi non finisca col favorire speculazioni edilizie.

Chi ha avuto la fortuna di assistere ad un incontro di calcio allo Stanford Bridge di Londra o all’Allianz Arena di Monaco di Baviera potrà testimoniare come il connubio fra sport, edilizia e business sia assolutamente realizzabile oltreché fruttifero. Ma non è detto che, per accorgersene, si debba per forza uscire dall’Italia.

Lo Juventus Stadium, infatti, sorto sulle ceneri del vecchio stadio Delle Alpi è figlio di un progetto approvato nel 2008 e realizzato un anno più tardi, seguendo massimi standard di sicurezza ed eliminando qualunque barriera architettonica. Accanto all’impianto sorgono sia aree verdi che commerciali.

Altri due lodevoli esempi di come si possano fare ottimi investimenti in nome dello sport sono il Mapei Stadium di Reggio Emilia, che ha raggiunto lo straordinario record di primo impianto privato in Italia, e lo stadio Friuli di Udine, i cui lavori sono iniziati di recente, all’indomani del conseguimento, da parte dell’Udinese Calcio, del diritto di superficie, gestione e ristrutturazione dell’impianto precedente. In quest’ultimo caso, la procedura è stata piuttosto rapida, avendo la società friulana, unica offerente, vinto una gara d’appalto indetta nel 2012 dal Comune di Udine.

Gli esempi proposti dimostrano, tra le altre cose, che la costruzione di nuovi impianti sportivi è possibile anche seguendo la legislazione vigente. Qual è, dunque, la ratio di una nuova normativa? Ne abbiamo davvero bisogno?

La risposta all’ultima domanda non può che essere affermativa, per ragioni strettamente correlate alla situazione economica del nostro Paese, che sta attraversando, senza ombra di dubbio, il momento più duro degli ultimi decenni.

Lo sport, in generale, ed il calcio, in particolare, hanno da sempre costituito un settore molto importante dell’economia italiana, che negli ultimi anni ha subito una drastica diminuzione negli investimenti.

In tale contesto, la ragione di una nuova legge è che la stessa avrebbe l’effetto di incentivare la realizzazione di nuove opere, sotto l’egida di una procedura condivisa e non più affidata agli umori delle Autorità locali, che stabilisca tempi certi e chiarisca i ruoli di tutte le parti in causa, con l’obiettivo di dare un maggior valore all’esperienza sportiva, favorendo la ripresa economica, nel pieno rispetto dell’ambiente.

 

 

Fonte: Sportbusinessmanagement - Avv. Carlo Rombolà

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ciccio 22/11/2013 - Ore 15:44

gli stadi non si faranno mai

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