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(EDITORIALE) Roma, dimme chi è

condividi su facebook condividi su twitter Di: Francesca Ceci 30-09-2013 - Ore 17:30

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(EDITORIALE) Roma, dimme chi è

Olimpiadi di Los Angeles – 1984: la maratoneta Gabriella Andersen entra nello stadio stremata dalla fatica, non ci sono più in palio medaglie né piazzamenti d’onore, non sta sulle gambe, ma continua, non accetta l’aiuto dei barellieri che le fanno segno di smettere. Il pubblico del Los Angeles Colisseum è tutto in piedi per lei. La Andersen taglia il traguardo e conclude al 37simo posto. Non vince ma entra nella storia.

Si può vincere senza arrivare primi? Sì, perché la vittoria ha molte facce. A volte ha, addirittura, la faccia della sconfitta.

Io l’ho sempre creduto. Sarà per questo che sin da bambina (ma in realtà anche ora) tutte le volte che guardo un film, leggo un libro o anche solo tra amici, in amore, nel lavoro, io tifo sempre per i cosiddetti perdenti, gli antieroi.

Non mi sono mai piaciuti quelli che non sbagliano mai. Quelli che non cadono mai. Quelli perfetti. Al contrario, mi ha sempre affascinato quell’aspetto mitico e un po’ magico che sta dentro ad ogni sconfitta. Sì, perchè c’è un’occasione di riscatto e bellezza nellasconfitta che alla vittoria è geneticamente negato. C’è un esercizio di pazienza nella sconfitta che la rende un passaggio necessario di dignità. Sarà per questo, forse,  che sono tutti capaci a vincere. In pochi, invece, sanno perdere.

Perdere è un atto di coraggio. E il cambiamento parte da qui perché non c’è mai cambiamento senza coraggio.

Perdere è un atto di speranza. E di ricostruzione.

Perché è solo quando tutti i pezzi sono in frantumi che ti viene voglia di ricostruire. E’ così che dai pezzettini rotti del 26 maggio, sparsi sul campo verde di gioco, la Roma è ripartita.

E allora,  nel giorno delle celebrazioni per le 6 vittorie consecutive,  fioccano i paragoni con la Roma di Liedholm, Spalletti o di Capello.

Per noi no, questa è semplicemente la Roma di Garcia, E’ la Roma di Gervinho che sembra Eto’o con la parrucca, è la Roma del “venditore di tappeti” Benatia che segna ancora e fa la mitraglia,  è la Roma  di De Rossi che si fa ammonire sul 5-0 ed è sempre la Roma di Totti che ci prova fino all’ultimo. E’ la Roma dove tutti segnano. E tutti sognano.  E’ una Roma senza peccato perché i sogni azzerano le colpe.

Ma, più di tutto, è la Roma che è caduta e s’è rialzata.  

Ecco chi è.

E’ una Roma che ha consapevolezza e coraggio della vittoria perché ha nel suo dna la memoria della sconfitta. ("Dopo tante mazzate non ci passa la voglia di vincere dopo 5,6 vittorie" - Daniele De Rossi ieri nel post partita) 

 

E’ una Roma che gioca con l’amore di chi lotta davvero per qualcosa e la rabbia di chi non dimentica di aver perso qualcosa di grande.

 “Vi faremo rialzare la testa”, aveva promesso Morgan De Sanctis nel giorno della sua presentazione.

Comunque vada, l’hai rialzata la testa. Adesso, però, non nasconderti più, fatti un po’ guardare in faccia.

 Cavolo, quanto 6 bella Roma…

 

 

 

 

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