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Bilanci società di calcio, tutto ciò che devi sapere

condividi su facebook condividi su twitter Redazione 30-05-2015 - Ore 16:57

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Bilanci società di calcio, tutto ciò che devi sapere

Bilanci società di calcio. Tutto quello che devi sapere in 10 domande a Luca Marotta – Voglio offrirti una guida essenziale in cui snocciolare i principali argomenti economico-calcistici del momento, su come interpretare i numeri dei bilanci società di calcio e non solo. Di seguito l’intervista a Luca Marotta, che da anni appunta le sue analisi di bilancio sul suo blog. In 10 domande abbiamo snocciolato tutto quello che devi sapere su calcio e economia. Parlando di bilanci società di calcio come Juventus, Milan e Inter ma non solo.

Bilanci società di calcio.
1. Introduzione

– Degli aspetti economici del calcio si parla sempre di più, anche se spesso se ne parla “male”. Cosa è cambiato in questi anni, da quando hai iniziato la tua attività di blogger? Il livello di conoscenza-consapevolezza migliora o no?
Adesso ci sono siti specializzati, che trattano prevalentemente, degli aspetti economici del calcio. Anche i giornalisti ed opinionisti delle varie trasmissioni televisive devono necessariamente conoscere gli aspetti economici del calcio. Il tutto è dovuto al fatto che l’argomento principe è il calciomercato ed il tifoso vuol sapere se la propria società è in grado di comprare i campioni che lui sogna. Si dirà che è sempre stato così, tuttavia l’era dei presidenti mecenati è finita, almeno in Italia, e il tifoso ha iniziato a domandarsi perché il proprio club non può più comprare i campioni. In questo scenario, si è inserito il Regolamento del Fair Play Finanziario che costringe i club ad adottare una filosofia gestionale basata sull’autofinanziamento e quindi di prestare la massima attenzione ai ricavi e ai costi, perché le società devono acquisire l’attitudine a durare nel tempo, basandosi sulle proprie forze.

– Si fa un gran parlare dell’incidenza dei fatturati e delle possibilità di spesa sui risultati sportivi. Ma negli ultimi anni Borussia, Atletico Madrid e Juventus sono arrivate in finale di Champions. Ti sei fatto un’idea di quale sia la soglia oltre la quale la ricchezza diventa fine a se stessa in uno sport in cui in fondo si gioca in 11?
Se consideriamo l’aspetto sportivo importante, per aver una squadra competitiva, come l’aspetto economico, potremmo affermare che, in presenza di una gestione economica equilibrata, la soglia di fatturato netto per poter competere stabilmente nella Champions League si colloca oltre i 200 milioni. Ad esempio, un fatturato netto di 200 milioni di Euro ed un costo del personale al 60% del fatturato netto, permetterebbe di aver una rosa con almeno 14 calciatori con un ingaggio da 8 milioni lordi. Ovviamente, per la vittoria occorrerà la bravura e la fortuna. Perché le squadre che fatturano di più si potranno permettere calciatori con un ingaggio lordo di 20 milioni, che fanno della continuità del rendimento il loro punto di forza. In definitiva la ricchezza “solida” permette di avere certezze sul futuro, stabilità e programmazione.

Ma il calcio resta sempre un gioco. Infatti, nelle relazioni degli amministratori si parla sempre di “rischio sportivo”. Nel breve periodo la tattica e la tecnica di una squadra di calcio con minor fatturato può tranquillamente far fronte alla potenza economica dei club con fatturati elevati. Non sempre i soldi a disposizione vengono spesi in modo efficiente. Nel medio-lungo periodo i club con minori fatturati, che hanno realizzato delle prestazioni eccezionali, è molto probabile che vendano i campioni che hanno permesso le ottime prestazioni. Per citare l’esempio Borussia Dortmund, ha venduto Goetze al Bayern, invece l’Atletico Madrid ha venduto Diego Costa al Chelsea.

Nel caso specifico della Champions League, bisogna sempre ribadire, come disse Mourinho, che “ci vuole fortuna” ed è una “questione di dettagli”.

Bilanci società di calcio.
2. L’Italia

– Cosa manca alle nostre società per ottenere in termini economici quello che si sta vedendo all’estero? CI sono tanti esempi negativi ma anche sistemi funzionanti, il nostro pare anche essere entrato in una china negativa in cui non riesce più a valorizzare se stesso come in passato.
Il calcio italiano vive soprattutto, grazie ai diritti TV. Sono carenti le altre due componenti delle fonti di ricavo, ossia i ricavi commerciali e i ricavi da stadio. La carenza dei ricavi commerciali, ad esempio rispetto alla Germania, può essere dovuta al contesto economico generale delle due nazioni. La carenza dei ricavi da stadio è dovuta alla mancanza di investimenti nelle infrastrutture è dovuta al fatto che negli anni d’oro del calcio italiano, le società preferivano comprare calciatori, piuttosto che investire negli stadi, che erano di proprietà di Enti Pubblici. Ma anche recentemente, il Napoli ha preferito investire i soldi incassati per Cavani, negli acquisti di calciatori come Higuain, Callejon, Albiol e l’ingaggio di Benitez.

Bilanci società di calcio.
3. La Borsa

– Poco più di 15 anni fa il calcio vedeva la Borsa come la nuova frontiera. Oggi possiamo dire che si è trattato di un passaggio sostanzialmente fallimentare? E perché invece il Milan sembra interessato ad una prospettiva del genere?
La borsa permette di acquisire risorse finanziarie. In genere, se c’è l’aumento di capitale collocato in borsa, i soldi affluiscono nelle casse della società, invece se c’è solo il collocamento delle azioni già esistenti, ne beneficia il proprietario. Bisogna risalire alle motivazioni iniziali nei vari prospetti informativi.
Bisogna evidenziare che il collocamento in borsa aggiunge ulteriori controlli e forme di pubblicità, che possono portare alla scelta del de-listing, in alcuni casi.
Per il Milan penso che siano i potenziali nuovi acquirenti che stiano pensando alla Borsa, appunto per acquisire risose finanziarie. La scelta della Borsa su cui quotarsi dipenderà dal mercato di riferimento e dai requisiti richiesti per quotarsi.

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4. La partecipazione dei tifosi

– Stanno emergendo un po’ ovunque forme di partecipazione dei tifosi ai club. Io sono un po’ scettico, soprattutto in Italia dove le società sono percepite come proprietà privata di ricchi signori locali che elargiscono divertimento alla gente. Tu cosa ne pensi?
Se si vuole incoraggiare la partecipazione dei tifosi ai club si potrebbe adottare la formula tedesca del 50+1, che impedisce ad una singola persona fisica il controllo del club. In genere i club sono controllati da un’associazione sportiva. Bisogna dire che esistono delle eccezioni come il Wolfsburg e il Bayer Leverkusen. Bisogna evidenziare, comunque, che il contesto economico generale è differente rispetto all’Italia.

Tale modello, secondo me, presuppone la “tradizione”. “Tradizione” che è presente in Spagna. Non so se l’Italia sia pronta.

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5. Il Fair play finanziario

– Il Fair play finanziario è ormai realtà. Che idea ti sei fatto in questi primi due anni concreti di applicazione?
Il Regolamento del Fair Play Finanziario deve essere giudicato quando entrerà nella fase a  regime. Siamo ancora nel periodo transitorio.

Sono stati raggiunti degli accordi, oltre che Manchester City e PSG, anche con molti club Turchi e dell’Est Europeo, che hanno evidenziato delle criticità.
Negli accordi è sempre previsto l’impegno a mettersi in regola entro un determinato periodo. Di conseguenza il Regolamento è stato accettato dai club.
Recentemente anche Inter e Roma hanno raggiunto degli accordi, prendendo degli impegni ben precisi.
Nel giudizio sulla normativa, la definirei “razionale” o “ragionevole”. In effetti, il Regolamento del “Fair Play Finanziario”, risponde a delle logiche che tendono a preservare una “sana” competizione, in un settore che fa della competizione la sua ragion d’essere.
Infatti, il Regolamento del “Fair Play Finanziario” ha come obiettivo principale quello di far sì che i club competano utilizzando le risorse economiche che hanno a disposizione.  Il ricorso all’indebitamento eccessivo è equiparabile all’uso del doping, che falsa le competizioni. La competizione deve svolgersi contando esclusivamente sulle proprie forze. Non ci si può avvalere di aiuti esterni di qualsiasi genere. Occorre impedire che un club allestisca una squadra competitiva promettendo di elargire enormi quantità di denaro sia ai calciatori che ai club di provenienza, senza però essere in grado di onorare l’impegno.
Per quanto detto, nella sostanza,

– Thohir ha chiesto di poter essere giudicato su tempi più lunghi e per la capacità di raggiungere il break even secondo un piano industriale di più ampio respiro. Può essere questa la via per evitare un sistema troppo conservativo che cristallizzi i rapporti di forza nel calcio europeo?
A mio modestissimo avviso, nel mondo del calcio, ogni “piano industriale” deve essere accompagnato da un “progetto sportivo”. Ad esempio, puntare sui giovani, su un mix di calciatori giovani ed esperti, investimenti nell’Academy, nello scouting ecc. Con l’accordo transattivo siglato con l’UEFA e con il calo di fatturato che si prospetta, credo che qualsiasi  “piano industriale” che riguardi l’Inter debba essere supportato da robuste iniezioni di capitale di rischio (quello che mette la proprietà). Nel caso specifico dell’Inter c’è il grosso problema del debito pregresso e penso che gli sforzi che stanno facendo siano orientati al pagamento dello stesso. Non riesco a vedere nella gestione di Thohir un modello da seguire “per evitare un sistema troppo conservativo che cristallizzi i rapporti di forza nel calcio europeo”.

Bilanci società di calcio.
6. Il futuro

– Facciamo un po’ di Fantacalcio. Una Superlega della zona euro è l’unico modo possibile per ridurre il divario destinato a crescere tra i campionati europei e la Premier league?
Non credo ad una Superlega Europea contro la Premier League. E’ più credibile una Superlega contro la Champions League. Fino a poco tempo fa se ne parlava.

La Premier League ha saputo meglio “vendere” il suo prodotto televisivo. Per quanto riguarda “The Football Association Premier League Limited”, sul sito ufficiale si legge che ognuno dei 20 club, che partecipano alla competizione, è azionista (“shareholder”) della stessa società. La “Barclays Premier League” è diventata ormai un fenomeno globale. Nel 1992 c’erano solo 11 calciatori non britannici o irlandesi nella Barclays Premier League. Nell’ultimo campionato sono presenti calciatori di circa 70 nazionalità. Altro dato importante è che nel 1992, anno di costituzione della Premier League, l’Inghilterra era al 13° posto nel ranking UEFA. Un decennio più tardi, nel 2002, era già salita al terzo posto, dietro Liga e Serie A, che da 16 anni erano al vertice del calcio europeo. Si aggiunga, che esiste anche un piano a lungo termine che promuove lo sviluppo per i settori giovanili.
Il problema italiano in particolare, è anche un problema normativo. Secondo la mia personalissima opinione, appare “singolare” la previsione normativa contenuta nell’articolo 7, comma 4, del decreto legislativo n. 9 del 2008, riguardante la possibilità, “al fine di perseguire il miglior risultato nella commercializzazione dei diritti audiovisivi sul mercato nazionale”, che l’organizzatore della competizione possa “individuare, attraverso un’apposita procedura competitiva, un intermediario indipendente a cui concedere in licenza tutti i diritti audiovisivi relativi ad una competizione”.
Trovo “singolare” il tutto, perché è come se fossimo in presenza di un’azienda che produce un solo prodotto e che per tale prodotto esistono solo 2 clienti. L’intermediario rivestirebbe la figura dell’agente, procacciatore d’affari, cui in genere si ricorre per un mercato con tanti clienti. Tale figura, forse, sarebbe più necessaria per il mercato internazionale. Ma pare che la vendita dei diritti TV della Serie A sul mercato internazionale, in passato abbia reso poco. “Internalizzare”, con figure professionali idonee, la vendita dei diritti TV e commerciali, potrebbe essere un punto da cui partire.

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7. I modelli virtuosi

– C’è una società che consideri “modello” per la sua gestione dei conti proporzionata alla capacità di ottenere risultati sul campo?
Il Bayern è senza dubbio un modello di riferimento. Fino a pochi anni fa il valore contabile della rosa calciatori non era elevato, perché molti calciatori provenivano dal settore giovanile. I conti in ordine sono testimoniati anche dal fatto che da molti anni chiudono il bilancio in utile, con distribuzione di dividendo. La valutazione “vera” del Bayern per l’acquisizione di una quota di minoranza è stata di 1,2 miliardi di Euro. I risultati sportivi ottenuti in questi anni hanno posto il Bayern tra i primi club in Europa e sono proporzionati alla sua ricchezza. Si può discutere la scelta di sostituire il tecnico vincente del triplete, con Guardiola, ma è una discussione che attiene al giudizio soggettivo sulla parte sportiva. Da evidenziare anche che l’azionista di maggioranza è un’associazione sportiva.

– La Juventus sembra aver scavato un divario preoccupante rispetto alle altre società italiane. Da un punto di vista economico finanziario riesci a dare un’idea di questa distanza?
Lo stadio ha permesso di stabilizzare i ricavi da stadio come minimo attorno ai 45 milioni. Pur diventando il primo club per ricavi da stadio in Italia, la distanza con gli altri club non è particolarmente “decisiva” in valore assoluto. Milan, Roma, Napoli e Inter superano i 20 milioni. Per i ricavi commerciali, fino a poco tempo fa il club leader in Italia era il Milan. Con i nuovi contratti JEEP e Adidas la Juve ha colamto il Gap col Milan. La differenza maggiore non è dovuta ai ricavi TV nazionali, ma ai ricavi per le competizioni europee. Cui la Juve partecipa per i risultati sportivi nazionali. Si può affermare che è l’ultima Champions che ha accentuato il divario, ma anche le potenzialità che possono derivare dalla vendita di alcuni calciatori della rosa. Volendo dare una risposta, si può affermare che l’attuale distanza permette una programmazione che si basi sui 40 milioni di fatturato garantiti dalla Champions League.

Fonte: Giovanni Armanini

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