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Manchester, il punk football in paradiso

condividi su facebook condividi su twitter Redazione 23-04-2015 - Ore 17:20

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Manchester, il punk football in paradiso

La classe operaia del punk football si è avvicinata al paradiso. Con un gol di Greg Daniels, martedì sera lo United of Manchester ha battuto lo Stourbridge e ha conquistato il titolo della Conference North, sesta divisione del calcio inglese. L’anno prossimo giocherà quindi in Conference Premier. A un passo dalla League Two , quando storicamente in Inghilterra si entra nel calcio “dei grandi”. A un passo dal paradiso. È la quarta promozione in dieci anni per il piccolo club nato da un gruppo di tifosi del Manchester United che, stufi delle degenerazioni del calcio dei miliardi della Premier League, stracciarono il loro abbonamento e decisero di creare una squadra che fosse di tutti e per tutti. Era il 2005 e il Manchester United era appena stato acquistato dalla famiglia Glazer, speculatori americani che per primi hanno traghettato il pallone dalla vecchia dimensione industriale capitalista alla nuova dimensione del neoliberismo finanziario: acquisto del club a credito, sede nel paradiso fiscale del Delaware, quotazione in Borsa ed emissione di bond tramite banche d’affari. Era ora di dire basta. Ed è stato così che sono nati i Red Rebels in opposizione ai Red Devils.

IL PUNK FOOTBALL in opposizione ai prawn sandwiches, con riferimento alla famosa frase di Roy Keane, ex capitano del Man United, che lo stadio di Old Trafford è oramai diventato un posto frequentato da clienti e non più da tifosi, che smettono di sostenere la squadra per scattarsi selfie che certifichino la loro inutile presenza allo stadio e per mangiare i famigerati sandwich ai gamberetti.

Una recente ricerca della Bbc ha infatti mostrato come il prezzo dei biglietti in Premier sia aumentato del 13% negli ultimi quattro anni, e come ogni anno il costo di tifare la propria squadra aumenti in media del 4,4%, quattro volte l’inflazione che cresce dell’1,2%. L’ex sport della working class si è quindi trasformato in un lusso per turisti e classi agiate, a detrimento dell’atmosfera che solo il tifo può regalare e dei valori base del calcio: la creazione di comunità e l’inclusione sociale. Per questo lo United of Manchester è nato come cooperativa, dove i tifosi sono gli unici azionisti del club e prendono parte a ogni decisione. Perché come spiega David Lampitt, responsabile dell’organizzazione Supporters Direct: “Le squadre di calcio devono tornare a essere formate da gruppi di persone mosse dal desiderio di stare insieme e prendere decisioni collettive”. Dopo aver giocato le prime stagioni ospiti nello stadio del Bury, e l’ultima al Tameside Ground di Ashton, dove martedì sera hanno festeggiato la promozione davanti a 3.588 tifosi entusiasti e scatenati, dall’anno prossimo le migliaia di tifosi-azionisti del club torneranno alle loro radici nel nuovo impianto di Broadhurst Park, nel quartiere working class di Moston, Manchester. Lo stadio da 5.500 posti, sarà inaugurato ad agosto e nasce anch’esso dal basso attraverso l’autofinanziamento. I prezzi dei biglietti rimarranno popolari, dalle 2 alle 8 sterline per partita, mentre per l’abbonamento si paga quel che si può, fedeli alla massima che ognuno debba dare quel che riesce e ricevere secondo i suoi bisogni.

DA QUEL 2006 in cui era necessario trovare 180 mila sterline per iscriversi al campionato della North West Counties League Division Two, decima divisione, ai 2 milioni e mezzo raccolti dal basso (altrettanti sono stati ottenuti tra prestiti e accordi con le istituzioni, Comune e Università cittadina) per il nuovo stadio con cui affrontare la quinta divisione, ne ha fatta di strada il sogno sovversivo dello United of Manchester che un altro calcio fosse possibile. “Come la musica punk era fatta dalla working class per se stessa, senza bisogno di vendersi al mercato, così il punk football è fatto dai tifosi che creano un club per loro stessi, autofinanziandosi, decidendo la squadra insieme, dove il voto di ognuno vale come quello dell’altro indipendentemente dal ruolo o dai soldi investiti”, spiega un tifoso-azionista. E la storia dello United of Manchester è la dimostrazione che il punk non è morto.

Fonte: Il Fatto Quotidiano - Luca Pisapia

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