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Quali insegnamenti trarre dal calcio inglese

condividi su facebook condividi su twitter Redazione 12-07-2017 - Ore 12:07

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Quali insegnamenti trarre dal calcio inglese

Parlare di calcio moderno significa parlare d’Inghilterra. Partendo dalla letteratura di Shakespeare, che nel suo Re Lear fa punire Osvaldo con un sonoro sgambetto e ancor più dure parole: “Beccati questa, cattivo giocatore di calcio!”. Giunge poi il secolo della Rivoluzione Industriale che coincide con un forte interesse sportivo per il football da parte delle classi agiate. Alcune tappe importanti nella storia del calcio inglese riguardano la realizzazione del primo codice calcistico redatto a Cambridge, la fondazione dello Sheffield Club nel 1857 come prima squadra non universitaria e la costituzione dell’FA – la prima federazione calcistica a livello nazionale – quando il 26 ottobre del 1863 undici squadre si riuniscono nel quartiere londinese di Holborn.

La nostra domanda quindi è: cosa possiamo imparare noi tifosi italiani dalla cultura calcistica d’oltremanica, apparentemente così diversa da quella di casa nostra?

Prima di tutto, occorre risaltare l’eccellente livello organizzativo del calcio inglese. La vendita dei biglietti per le partite è sempre ed esclusivamente online, così da evitare lunghe ed estenuanti file ai botteghini. La tessera del tifoso, punto ostico del calcio italiano, nel Regno Unito non esiste, preferendo punire il singolo che commette infrazioni piuttosto che il collettivo. Senza contare che si ammette l’accesso ai pub intorno allo stadio solo ai supporter dello stesso team se muniti di biglietto, in modo tale da evitare possibili scontri, e il sistema dei posti numerati a sedere è infallibile: visuale perfetta e possibilità di arrivare a qualsiasi ora. Quando si mette piede nell’arena di gioco l’atmosfera è spettacolare, nella sua diversità con l’Italia. Per esempio, ci sono meno barriere tra gli spalti ed il campo e fumare o bere alcolici è concesso solo nelle zone apposite. Inoltre, il comportamento dei tifosi è molto più rispettoso e civile, tanto da rendere lo stadio un luogo adatto anche alle famiglie. Affrontiamo il tema cori: offensivi e in molte occasioni razzisti in Italia, vengono sostituti da qualche canzone blues nel Regno Unito, ma spesso il silenzio è tanto che l’Emirates Stadium è stato soprannominato “The Library” - la biblioteca. E di petardi neanche a parlarne.

Tutta questa politeness britannica, che si riassume in buona educazione, senso civico e rispetto delle regole, non è solo evidente sugli spalti ma anche sul tappeto verde. In Inghilterra non si vedrebbero infatti di buon occhio un fallaccio o una simulazione, neanche in caso servissero a evitare una chiara azione da goal o provocassero un rigore a favore. Tanto meno la mancanza di rispetto per l’autorità dell’arbitro o dell’allenatore, che sono legge: nessuno si permetterebbe di uscire dal campo evitando la stretta di mano del proprio coach, come nel caso di Dybala a inizio 2017.

Altro aspetto positivo della Premier League è lo schema di ripartizione dei pagamenti derivanti dai diritti televisivi, entrato in vigore all’inizio della stagione 2016/17. In questo modo, tutti i 20 club del campionato, compresi i retrocessi, si dividono la cifra di 2,39 miliardi di sterline, con un guadagno minimo di 79 milioni per squadra. In questo modo risulta che il Sunderland ultimo classificato incassa più della Juve campione d’Italia, avendo così una maggiore disponibilità per investire nella primavera, pagare gli ingaggi e fare acquisti e ristrutturare le infrastrutture.

Altri incassi ingenti del massimo campionato inglese risultano provenire dalle sponsorizzazioni nettamente superiori esposte sulle magliette, con il Sassuolo che riceve 18 milioni di euro per stagione contro i 60 milioni del Manchester United. Da notare, inoltre, la grande collaborazione d’oltremanica tra i team e le multinazionali di scommesse sportive e giochi d'azzardo online, che con il loro importante apporto garantiscono una certa stabilità nelle entrate, soprattutto per le squadre più modeste che non hanno altre fonti di reddito. 

Certo, anche se noi italiani dovremmo imparare tanto dentro e fuori dal campo dagli inglesi, possiamo trasformarci in professori per un giorno trasmettendo le nostre buone qualità e contagiando gli sportivi e i giocatori di altri campionati. Per esempio, vantiamo un maggiore senso tattico nella difesa e nelle ripartenze, ma anche un grande attaccamento ai colori del cuore. Basti pensare a Francesco Totti e Gianluigi Buffon, due campioni che hanno trascorso tutta la loro carriera con i team rispettivi di Roma e Juve, indipendentemente da voci di mercato e difficoltà societarie.

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