Rassegna stampa

Ave Edin, gli altri Dzeko ti salutano

condividi su facebook condividi su twitter Redazione 19-04-2016 - Ore 08:15

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Ave Edin, gli altri Dzeko ti salutano

GAZZETTA DELLO SPORT – STOPPINI - Fine agosto, l’amico Marco chiede consigli per l’asta del fantacalcio: «Investo tutto su Dzeko, sarà la sua stagione. Che ne pensi?». «Con lui non sbagli, vai sul sicuro». L’amico Marco non ha tolto il saluto, ma chissà se un consiglio lo chiederà più. Perché Edin Dzeko è entrato di diritto nella hall of fame degli attaccanti che tanto promettevano e tanto poco hanno espresso sul campo, in Serie A. Chi più chi meno, chi per motivi fisici e chi per crisi d’identità. Chi qualcosa lo ha fatto vedere e chi invece sarebbe stato meglio, per la salute di tutti, fosse rimasto confinato in cantina, altro che in panchina.

Il Cobra Dzeko, in questo elenco, potete inserirlo dove volete. Ma inseritelo, perché da lui la Roma tutta si aspettava molto di più, non solo in termini di gol. E invece pare un altro Mario Gomez, tedesco che riempì il Franchi il giorno della presentazione, 15 luglio 2013: aveva lasciato il Bayern, a Firenze è rimasto due stagioni segnando in tutto sette gol in A. Andò via da signore, con una lettera ai tifosi viola. Una lettera la spedì pure Ian Rush. In realtà era un certificato medico, arrivato in sede alla Juventus nell’estate 1988: il gallese soffriva di varicella. In realtà era voglia di tornare al Liverpool, dopo un anno in bianconero e in chiaroscuro nonostante l’etichetta discretamente impegnativa di «miglior attaccante del mondo». Il migliore, anni dopo, era pure Darko Pancev, il cobra, Scarpa d’oro 1991 e secondo classificato al Pallone d’oro. Da cobra all’Inter diventò ramarro, protagonista indiscusso di «Mai dire gol». Pallone d’oro (nel 1994) era in tutto e per tutto Hristo Stoichkov: al Parma, nel 2005-06, collezionò più 4 in pagella che gol (5).

Renato Un salto all’indietro? Ventitré giugno 1988: a Trigoria in elicottero sbarca Renato Portaluppi. Il Guerin Sportivo titola «Re nato»: è il talento più cristallino del calcio brasiliano, aveva vinto da solo una Libertadores con il Gremio. Di lui si ricorda una notte da sogno in Coppa Uefa a Norimberga: a fine stagione tornò al Flamengo senza neppure un gol, con quel soprannome – «Pube de oro» – lasciò rimpianti giusto alle donne romane. Quelli erano pure gli anni di Oleksandr Zavarov: alla Juve aspettavano il nuovo Platini, il colonnello Lobanovski lo accostava a Maradona, a Torino non bastò neppure affiancargli Aleinikov per favorirne l’inserimento.

il turco Zavarov si arrese presto. Hakan Sukur invece provò prima col Torino, poi con l’Inter e infine col Parma: 9 gol totali, pochi per uno che al Galatasaray si era stufato di esultare. E Rivaldo? Pallone d’oro 1999, sbarcò al Milan nel 2002, dopo un anno e mezzo rescisse con 5 gol in A. Uno in meno di Patrick Kluivert: estate 1997, a 21 anni i rossoneri lo strapparono all’Ajax. Dodici mesi dopo strapperanno il contratto. Pure lì, quanti fantacrediti buttati via.

Fonte: GAZZETTA DELLO SPORT – STOPPINI

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