Rassegna stampa

De Rossi, la «nuova» vita di un vecchio capitano

condividi su facebook condividi su twitter Redazione 20-08-2017 - Ore 07:32

|
De Rossi, la «nuova» vita di un vecchio capitano

CORRIERE DELLA SERA - PIACENTINI - La stagione che parte oggi sarà, per Daniele De Rossi, quella della definitiva maturità. Detto di un calciatore che ha da poco compiuto 34 anni, che ha disputato oltre 500 partite (in tutte le competizioni) in maglia romanista, 114 in Nazionale e che il prossimo giugno andrà a disputare il suo quarto campionato del mondo con la maglia azzurra, può sembrare paradossale.

Per la prima volta da quando gioca a calcio, però, il centrocampista giallorosso non avrà più sulla sua testa l’ombrello che porta il nome di Francesco Totti, e comincerà la stagione con i gradi di capitano. «Pensavo fosse eterno, ma si può essere capitano anche senza fascia», ha detto in più di un’occasione Daniele dell’amico di sempre, ma da oggi pomeriggio toccherà a lui rappresentare la Roma.

Il passaggio di consegne, ideale, è già avvenuto ma ora sarà effettivo. Totti sarà presente a Bergamo (ieri è stato il primo ad arrivare all’aeroporto di Fiumicino) per la sua prima da dirigente, e dalla tribuna osserverà in campo Daniele, che leader lo è sempre stato e l’appellativo di capitano se lo era già guadagnato anche quando Francesco non aveva ancora smesso. È rimasto lui a tramandare dentro lo spogliatoio la romanità, spalleggiato da altri due romani e romanisti come Alessandro Florenzi e Lorenzo Pellegrini, che rappresentano la continuità. «Di De Rossi - ha detto ieri in conferenza stampa Di Francesco - ho già parlato. Mi aspetto che sia il leader e l’emblema di questa squadra, con la sua romanità e il suo desiderio di mettersi a disposizione del collettivo» .Un compito che Daniele non avrà difficoltà ad assolvere, perché lo ha sempre fatto.

Allo stadio di Bergamo e all’Atalanta in generale sono legati alcuni dei momenti più bassi della carriera di De Rossi: il primo, nel febbraio del 2012, fu la clamorosa esclusione (finì in tribuna) da parte di Luis Enrique per un ritardo di alcuni minuti alla riunione tecnica della squadra.

Il centrocampista capì e incassò il colpo, cosa che gli riuscì un po’ meno bene, pochi mesi dopo all’Olimpico, quando Zdenek Zeman ordinò per lui e per Daniel Osvaldo una panchina «punitiva» per alcune dichiarazioni («Si lavora troppo») che non piacquero al tecnico boemo. Ora avrà la possibilità di associare un ricordo positivo alla città di Bergamo. In campo dovrà comandare la squadra come vuole Di Francesco: vertice basso a dettare i ritmi e a proteggere la difesa. Come fa un vero capitano.

Fonte: CORRIERE DELLA SERA - PIACENTINI

commentiLascia un commento

Nome:  

Invia commento

chiudi popup Damicom