Rassegna stampa

Garcia tiene il passo a suon di gol

condividi su facebook condividi su twitter Redazione 19-01-2014 - Ore 09:30

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Garcia tiene il passo a suon di gol

L’abdicazione del Livorno impiega sei minuti per diventare effettiva ed essere protocollata come una delle più rapide e prevedibili sottomissioni tecniche, tattiche e spirituali del campionato in corso. Se come dice Totti la Roma è stata “umile e forte”, il Livorno è stato “solo umile”. Di più non poteva. La Roma aveva iniziato in preda a un disturbo bipolare, pareva sdoppiata: alcuni erano deconcentrati e sbagliavano appoggi elementari, altri cercavano di cucire gli strappi dei compagni più disordinati. Garcia guardava e ovviamente disapprovava perché questi approcci alla partita sono l’esatto contrario di quanto lui va predicando. Ma al 6’ il film è già ai titoli di coda. Dalla linea di fondo Ljajic (forse il migliore) mette dentro un cross basso per Gervinho (in sospetto fuorigioco). Sembra fatta ma l’ivoriano ha troppi demoni da combattere, antichissimi, cattivissimi, per pretendere di essere lucido al momento di colpire di piatto davanti alla porta spalancata. Liscia, il suo piede destro scompare, diventa antimateria, la palla finisce a Destro: 1-0. Partita finita, partita mai iniziata. Garcia aveva mandato in campo i più giovani, quelli presumibilmente in grado di giocare tre partite in otto giorni senza dare di matto, lasciando in panchina (in ottica Juve) gli ultratrentenni Totti e Maicon, preferendo De Rossi a Nainggolan e Ljajic a Florenzi. A destra Torosidis. Il Livorno di Perotti si dispone immaginando di resistere. Gli riesce solo per 5’. Ma la Roma non gioca bene. Anche dopo il vantaggio solo Strootman cerca di dare qualità e ordine, mentre Gervinho sogna la qualità e offre disordine. Da qualche tempo l’ivoriano gioca in uno stato d’ansia estrema, pare cercare soltanto la gloria personale e più insiste e più la gloria si allontana: al 30’ su assist di De Rossi, ci pensa troppo e alla fine calcia su Bardi, al 40’, senza una spiegazione fisica accettabile, manda fuori di testa da una di quelle posizioni che uno dice: era più difficile mandarla fuori. Garcia attacca tutti per non attaccare il solo Gervinho: «Sotto porta bisogna essere più cattivi, ci sono partite in cui certe leggerezze le paghi e dopo piangi di brutto ». Meno male per la Roma che in mezzo ai due gol mangiati da Gervinho Strootman segni in mischia dopo un’iniziativa di Destro (36’). Sul 2-0 il discorso mai aperto è definitivamente chiuso. Ma Gervinho sta diventando un “caso”. Condiziona gli altri che capiscono il suo dramma e troppo spesso, anche esagerando, cercano di metterlo in condizione di segnare (tanto non ci riesce...). Gli incitamenti del pubblico confermano che il “caso” è aperto: quando nel secondo tempo il ragazzo si districa sulla fascia con un bel movimento la curva esplode come se avesse fatto qualcosa di memorabile (un altro pubblico, ridotto e non ancora identificato, uscito dalla Curva Nord, avrebbe picchiato a fine match sette steward in servizio allo stadio). Il Livorno è impalpabile e deve a Bardi il passivo limitato. Ma la Roma non straripa anche perché gioca più distratta che compatta. Nella facilità dell’impegno, a risultato acquisito, emergono ulteriori distrazioni, a tratti c’è un’eccessiva distanza fra i reparti. Al 44’ Castan finisce in fuorigioco attivo e nega a Destro il piacere della doppietta (gol annullato). Qualche minuto prima Destro aveva costretto Bardi a superarsi (27’). Strootman continua a giocare la sua partita “ovunque”. De Rossi si abbassa sempre un po’ troppo. Ljajic gestisce un mucchio di palloni, alcuni ottimamente. Nel secondo tempo Mbaye si immola su Pjanic (15’), poi ancora Bardi sventa su Ljajic (30’). Entrano in tanti, fra cui Florenzi, Totti e Nainggolan. È il belga a lanciare Ljajic per il 3-0 (33’). Ma c’era già chi pensava ufficialmente a oggi, al Napoli, e alla Juventus di Coppa Italia. Forse sotto sotto anche Garcia. 

Fonte: Repubblica

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