Rassegna stampa

Il deficit vola a 365 milioni. Così il sistema non regge più

condividi su facebook condividi su twitter Redazione 04-03-2016 - Ore 07:46

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Il deficit vola a 365 milioni. Così il sistema non regge più

GAZZETTA DELLO SPORT - IARIA - È allarme rosso sui conti della Serie A. L’ex campionato più bello del mondo ha perso 365 milioni nel 2014-15, cioè nella stagione del crac del Parma: erano 220 nel 2013-14. E il peggioramento fa ancora più impressione se si pensa che nel dato aggregato manca, appunto, il club gialloblù, fallito ed esentato dalla pubblicazione dei documenti contabili. Quel che emerge dall’inchiesta della 
Gazzetta 
sui bilanci è la deriva di un movimento non solo ai margini del contesto internazionale, senza Palloni d’oro e coppe da esibire, ma anche incapace di imboccare la via dell’equilibrio economico-finanziario. Gli altri corrono, crescono a ritmi vertiginosi, spendono e spandono; noi ci siamo avvitati in un sistema immobile e opaco, refrattario ai grandi capitali esteri come del resto il Paese, e nel maldestro tentativo di rimontare abbiamo perso la bussola. 


ENTRATE-USCITE Con un fatturato pressoché stabile in questi ultimi anni, leggermente aumentato (1,84 miliardi, 40 milioni in più del 2013-14) e strettamente legato ai diritti tv che pesano per il 60%, la gestione è precipitata a causa dell’aumento dei costi per un centinaio di milioni (a 2,4 miliardi, la metà per stipendi) e della riduzione delle plusvalenze per un altro centinaio di milioni. Aggiungeteci gli effetti negativi dello stop alle comproprietà e il quadro è completo. Questo è il conto economico, in cui la realtà dei fatti è spesso mascherata da alchimie tipo cessioni del marchio o valori gonfiati dei calciatori. Poi c’è la cassa, quella che gli amministratori delegati guardano con attenzione scoprendo in tanti, troppi casi come sia miseramente vuota. La riprova sta nella crescita dei debiti che non accenna a rallentare. 

TROPPI DEBITI Escludendo il Parma – che di debiti è morto – l’indebitamento al netto dei crediti della Serie A è cresciuto nella scorsa stagione di altri cento milioni, da 1,6 a 1,7 miliardi. In media le esposizioni verso le banche (1,1 miliardi in totale) sono aumentate dell’11% e quelle nei confronti dei fornitori (400 milioni) del 6%. Il guaio è che i debiti virtuosi, a favore di investimenti a medio-lungo termine, sono un’eccezione: l’Udinese ha fatto seguito alla Juventus accendendo un mutuo con Credito Sportivo e Mediocredito (15 milioni a bilancio nel 2014-15) per il rifacimento del Friuli. La ristrutturazione del debito di Inter e Roma, sulla scia di quanto fecero i Glazer col Manchester United, non può lasciare tranquilli i tifosi: i beni nerazzurri e giallorossi sono in pegno agli istituti di credito. Negli ultimi tempi, diverse società come Genoa e Chievo hanno rateizzato le pendenze con il Fisco e altre potrebbero seguirle. Beninteso, non è che in passato il calcio italiano sia stato un esempio virtuoso. Ora, però, il quadro è peggiorato ed è reso ancor più grave dalla scarsità di capitali. 

MECENATI E BUSINESSMEN Si è salutato con favore il tramonto del mecenatismo ma la globalizzazione non è stata un balsamo. Il venir meno dell’assistenzialismo familistico avrebbe dovuto essere accompagnato da un cambio di passo in termini di managerialità, sia a livello di club sia in Lega, dove si continua a litigare per i soldi delle tv dimenticandosi che le concorrenti europee, per ultima la Liga spagnola, hanno imparato a fare sistema per conquistare la sfida dell’internazionalizzazione. Il mecenatismo è resistito in provincia con gli investimenti da big di Saputo (Bologna) e Squinzi (Sassuolo). Nella fascia alta, quell’antico ruolo lo recita solo Silvio Berlusconi ma l’assenza dalla Champions lo ha costretto soprattutto a coprire i disavanzi: nel 2015 Fininvest ha immesso nelle casse del Milan la bellezza di 150 milioni in virtù di un deficit che al 31 dicembre 2014 è stato di 91 milioni, addirittura di 125 se considerassimo la stagione sportiva 2014-15. Tra le grandi, la società rossonera è una di quelle con i conti sballati. Con una differenza, in termini di continuità aziendale: Berlusconi è un mecenate vecchio stampo, Thohir (-140 la perdita dell’Inter nel 2014-15) e Pallotta (-41 quella della Roma) no. Tant’è che il patron giallorosso ha fatto scrivere nell’ultima semestrale che se «il Gruppo non fosse in grado di reperire le necessarie risorse finanziarie, al fine di far fronte al proprio fabbisogno, dovrà fare affidamento, senza pregiudizio per la prosecuzione dell’attività sociale, sul realizzo dei suoi asset aziendali, e in particolare sui valori dei diritti pluriennali alle prestazioni sportive dei calciatori». Plusvalenze per respirare. 

ALLERTA FIGC In Serie A, 12 società su 19 hanno chiuso l’ultimo bilancio in rosso: sotto osservazione, tra le altre, il Genoa e la Samp del post-Garrone. Qualcuna va in controcorrente, come la Juventus, in grado di realizzare il turnaroundcon la frequentazione stabile in Champions, e il Torino, pronto a festeggiare il terzo utile di fila. I bilanci dei club del massimo torneo non sono passati inosservati dalle parti di via Allegri. La Federazione è preoccupata per i forti squilibri, anche alla luce dell’entrata in vigore del fair play nazionale che nel 2018-19 imporrà il pareggio di bilancio. Sono già operativi alcuni parametri, concepiti nell’intenzione di evitare nuovi casi Parma. Su tutti l’indicatore di liquidità, che misura la capacità di un club di far fronte agli impegni finanziari nell’arco di 12 mesi. Alcune società rischiano di non starci dentro nella prossima stagione, a meno di ricapitalizzazioni o cessioni di giocatori: pena il blocco sul mercato e, dal 2017, il diniego dell’iscrizione al campionato. C’è tempo per recuperare, i diritti tv a +20% nel ciclo 2015-18 potrebbero dare una mano, ma il malato resta grave. 

Fonte: GAZZETTA DELLO SPORT - IARIA

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