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La solitudine dell'1 In campionato non si vince più in casa

condividi su facebook condividi su twitter Redazione 27-12-2014 - Ore 09:41

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La solitudine dell'1 In campionato non si vince più in casa

Addio fattore campo: in 16 giornate solo 60 vittorie di chi ospita Le cause? L'Europa League al giovedì e stadi svuotati dalle pay-tv

Sarà colpa dello spezzatino del torneo che costringe a giocare in vari giorni della settimana? O di un'Europa League in campo il giovedì che toglie energie alle nostre squadre? O forse degli stadi che si stanno sempre più svuotando a vantaggio delle pay tv? O ancora dei moduli più spregiudicati a livello offensivo delle cosiddette «piccole» del campionato? I motivi possono essere diversi, ma il fattore campo non è più un'arma delle squadre di serie A.

E la vecchia media inglese (vinci in casa e perdi fuori) non è più di moda. Oggi per vincere e ottenere i tuoi obiettivi, devi osare molto anche lontano dai propri tifosi.

Da quando il massimo campionato è tornato a venti squadre (stagione 2004-2005) nelle prime 16 giornate non c'era mai stato un numero così basso di segni 1: appena 60, battuto il record negativo del 2007-2008 (63). Non a caso in quel torneo ci fu addirittura un turno (l'11°) con 7 pareggi e 3 successi esterni di Atalanta, Fiorentina e Sampdoria. Nessun 1, dunque, come nella 12ª giornata del campionato in corso, che ha però portato cinque pareggi (con un altro Genoa-Palermo, singolare coincidenza con il torneo di sette anni prima) e altrettante vittorie in trasferta.

Nonostante il cammino delle «corazzate» Juventus e Roma - 25 vittorie di fila allo Stadium per i bianconeri, 22 successi nelle ultime 28 sfide all'Olimpico per i giallorossi - l'1 sta quindi diventando merce rara (il 37,5 per cento delle partite giocate, in pratica meno di un match su quattro). E pensare che solo sei anni fa le vittorie casalinghe erano ben 94 (quasi il 60 per cento) e nelle stagioni successive si era sempre superata quota 70. La fine sostanziale dell'epopea del 3-5-2, il modulo dei successi nazionali di Conte con la Juve ora adottato con continuità solo da tre o quattro tecnici, e il ritorno a un attendismo di antica tradizione spiega l'alto numero di pareggi (54, meglio solo nella stagione 2007-08, 58). Ma c'è anche un'impennata delle vittorie esterne (46, siamo a un passo dal numero record del 2012-2013), quindici delle quali delle squadre sistemate nella parte destra della classifica. Ma a parte il Milan e la Samp - battute una sola volta lontane dal proprio campo - le «big» del torneo vantano tutte almeno tre colpi esterni. Infine il dato dei gol: in un torneo nel quale si è tornati al livello realizzativo di tre anni fa (411 gol segnati), poco più della metà sono stati segnati in casa (224, solo nel campionato 2010-2011 andò peggio con 223) mentre continuano a essere tanti quelli segnati fuori casa (187, sei in meno dell'anno scorso).

Quando la schedina del Totocalcio aveva ancora un valore, il segno 1 era una costante. Difficile trovare una giornata senza una vittoria casalinga, anzi le famose «quote popolari» erano frutto proprio di tanti successi per le squadre ospitanti. Oggi che il tanto sognato 13 non esiste più (si vince il gruzzolo grosso con il 14 anche se il montepremi si è ormai asciugato), il trend sta cambiando. E in questa stagione, uno dei sintomi è l'andamento lento della classifica alle spalle di Juve e Roma: dieci squadre raccolte in sette punti e tre sul terzo gradino del podio (Lazio, Napoli e Sampdoria) con 27 punti. Con 3 in più, l'anno scorso si era appena quarti, mentre l'Inter con 28 era addirittura quinta. Quest'incertezza è legata a una maggiore qualità nelle rose delle compagini in lotta per l'Europa - con le sorprese Samp e Genoa e con Udinese e Palermo che cercano un posto al sole -. E se lo scudetto prenderà la via di Torino o Roma, che restano campi quasi inviolabili, nella volata per l'Europa e per evitare la B conterà chi avrà anche il «pedigree» da trasferta.

Fonte: ilgiornale.it - Marcello Di Dio

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