Rassegna stampa

«Noi vittime in una gabbia»

condividi su facebook condividi su twitter Redazione 03-12-2013 - Ore 10:06

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«Noi vittime in una gabbia»

Altro che assedio di millecinquecento ultras romanisti a Bergamo, come temeva e scriveva qualcuno giorni fa. Primo, perché non erano affatto tutti ultras. Anzi, forse non erano nemmeno la maggioranza, nonostante abbiano cantato come se lo stadio fosse stato tutto loro. Secondo, perché l’assedio, obiettivamente, è stato atalantino.

«C’erano i ragazzi della Curva, ma c’erano moltissimi tifosi dei Roma Club. Nessuno aveva cercato lo scontro fisico, nessuno aveva fatto nulla per provocare una reazione atalantina. Eravamo tutti all’interno di un parcheggio chiuso da un cancello, i bergamaschi ci assediavano, a un certo punto i lacrimogeni che la polizia sparava per disperderli sono finiti dentro al parcheggio ed è dilagato il panico. Tra noi c’erano donne e bambini». La voce è quella di Fabio Calascibetta, 42 anni, imprenditore. È il presidente del Roma Club "Romagna Giallorossa". È un tifoso, non è un ultras, è un romanista. E questa è la sua testimonianza. Questa è la sua voce.

Calascibetta, serve una premessa. Lei domenica era a Bergamo nel settore ospiti? Sì.

Quindi è un ultras? No, direi proprio di no. Io ero lì, posso testimoniarlo, c’erano altri Roma Club del Nord affiliati sia all’Utr, come quello di Ravenna e del Trentino col suo presidente, sia all’Airc. C’erano intere famiglie. Poi certo, c’erano anche i ragazzi della Curva Sud.

C’erano anche dei bambini? Sì, uno era con noi. Non erano tantissimi a dire il vero, però c’erano. C’erano molte donne, molte ragazze.

Ci racconta cosa è successo? Sapevamo che non sarebbe stata una trasferta semplicissima. Infatti siamo stati scortati dalla polizia, che aveva predisposto un parcheggio all’uscita dell’autostrada e poi ci ha trasportato allo stadio con degli autobus di linea. Siamo saliti tutti in maniera ordinata, dentro lo stadio non è successo nulla. L’atmosfera non era delle migliori, ma ci si è limitati agli sfottò, alla coreografia atalantina dei carriarmati.

Cose da stadio. Esatto. Niente di particolare.

Poi? Al fischio finale siamo rimasti un’oretta dentro lo stadio prima di risalire sugli autobus. Saranno state le 17,45. Dopo un po’ ci siamo mossi. Era appena partita la fila dei vari bus quando all’improvviso tutti i mezzi si sono arrestati di colpo. L’autista ha aperto le porte e siamo scesi. Sentivamo dei botti fortissimi, si vedeva del fumo in lontananza. È allora che abbiamo realizzato che non potevamo andarcene perché dei tifosi dell’Atalanta ci impedivano l’uscita. Siamo rimasti quindi nel parcheggio fin quando questi scoppi non si facevano via via più vicini. Vedevamo steward e polizia correre da tutti le parti.

E cosa facevate? Nulla, siamo rimasti fermi lì finché non sono iniziati a piovere nel parcheggio dei lacrimogeni, tra l’altro molto urticanti. A quel punto la gente è entrata nel panico ed è cominciato un fuggi fuggi generale. C’era chi non sapeva dove andare, dove scappare, era un po’ come un recinto, come una gabbia. Perché i cancelli erano chiusi, e noi stavamo all’interno. C’era anche chi gridava «stanno arrivando, stanno arrivando!». Sembrava quindi che i bergamaschi fossero ormai molto vicini e che la polizia non fosse stata in grado di contenerli. C’era chi urlava che stavano scavalcando.

Ma erano veramente così vicini? Sì. In un secondo momento ho notato nei filmati dei romanisti che tentavano di "sfondare" la gabbia, però secondo me lì è subentrato il panico. I romanisti in questo caso sono solo vittime. Non lo dico per difenderli: compresi i ragazzi della Curva, eravamo tutti saliti sui nostri bus. Tutti. E nessuno aveva fatto nulla, nessuno aveva azzardato una colluttazione con i tifosi dell’Atalanta, che se se ne fossero andati via tranquillamente dallo stadio, non sarebbe accaduto nulla. Sono stato a Milano, con l’Inter eravamo tantissimi e non è capitato niente. Sinceramente, a Bergamo ci siamo sentiti assediati. Se poi qualcuno ha tentato di entrare a contatto con gli atalantini, credo che l’abbia fatto più per la paura. Perché gli atalantini erano parecchi ed erano agguerriti. Hanno tentato in tutte le maniere di affrontarci, scappavano dalla polizia a destra e tornavano a sinistra. Volevano lo scontro fisico, questo glielo posso garantire.

Si può facilmente immaginare la vostra paura. Tra di noi c’erano persone normalissime. Io non sono uno che cerca lo scontro, volevo vedere la mia partita serenamente, sapevo che potevo correre qualche rischio ma considerate tutte le misure di sicurezza che erano state adottate, mi ero rassicurato. Invece... Pensi che la polizia ha dovuto chiamare i rinforzi. In 1.400 eravamo chiusi dentro quella gabbia, tra loro c’erano persino dei ragazzi di Bergamo tifosi della Roma che hanno preferito essere là dentro assieme a noi, per la paura che avevano. Abbiamo rischiato la carneficina.

Fonte: IL ROMANISTA - GALLI

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