Rassegna stampa

La Lega va a pezzi, l’Italia in paradiso Le big abbandonano l’assemblea Ora la A rischia il commissario

condividi su facebook condividi su twitter Redazione 23-03-2017 - Ore 06:57

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La Lega va a pezzi, l’Italia in paradiso Le big abbandonano l’assemblea Ora la A rischia il commissario

LA GAZZETTA DELLO SPORT - IARIA - La Lega è nel caos. A dire il vero, questa non è una novità. Tuttavia lo strappo delle grandi, che ieri hanno abbandonato l’assemblea presentandosi tutte assieme davanti alle telecamere, con Adriano Galliani nel ruolo di speaker, è stato un gesto politico non da poco. Soprattutto perché la Serie A era già arrivata in ritardo alla scadenza del quadriennio olimpico, senza rinnovare le proprie cariche, e a questo punto rischia il commissariamento. Lunedì a Coverciano il consiglio federale del Tavecchio bis si insedierà, prenderà atto della vacanza dei tre rappresentanti del massimo campionato, dichiarerà decaduti i suoi organi e darà un termine di tre settimane alla Lega per procedere con le nomine: Tavecchio convocherà tra il 18 e il 21 aprile un nuovo consiglio che, in caso di fumata nera, commissarierà la Serie A. C’è chi ha spinto, anche tra le grandi, per un commissariamento in tempi più rapidi, visto il palese conflitto tra big e piccole e la presa d’atto di una ingovernabilità della Lega. Ma il presidente della Figc, consultatosi con i legali di via Allegri, ha sostanzialmente confermato l’iter previsto (una settimana in meno rispetto al mese su cui si ragionava) per mettere al riparo la Federcalcio in caso di ricorso al Tar già paventato da Claudio Lotito, facendo leva sulla prassi: nell’ultimo precedente, 2009, la Lega doveva rinnovare le proprie cariche a marzo e il commissario Abete arrivò a fine maggio. Per la verità, Tavecchio ha ricevuto pressioni anche in senso contrario, cioè per uno slittamento del consiglio federale, ma la data di convocazione è rimasta quella.

STATUTO Ieri in Lega non si è nemmeno parlato di elezioni: tutto si è arenato sullo statuto, la cui riforma è ritenuta propedeutica alle elezioni, e in particolare sull’articolo 19 che disciplina la ripartizione dei proventi tv. Juve, Milan, Inter, Napoli, Roma a Fiorentina da una parte, le 14 medio-piccole dall’altra, col Chievo che ieri si è assentato ma, in parola, ha condiviso il documento delle 13. Dopo settimane di confronto sullo statuto, le piccole hanno fatto fronte comune ed enunciato ieri in assemblea le loro controproposte alle grandi, che avevano immaginato una revisione radicale della governance. Da qui il documento in nove punti, illustrato da Stefano Campoccia, vicepresidente dell’Udinese. Una sostanziale adesione alle richieste delle big sulle questioni gestionali: sì a un presidente di garanzia e un amministratore delegato con profilo internazionale e competenze su diritti tv e commerciale, entrambi membri di un consiglio di Lega a 7 assieme a 5 rappresentanti di club, lasciando aperta la possibilità che l’a.d. faccia anche il consigliere federale.

DIRITTI TV Ma è stata, come al solito, la battaglia del grano a impallinare qualsiasi ipotesi di accordo. Le 13 chiedono una redistribuzione più equa delle risorse televisive, sul modello di Premier e Bundesliga: fetta in parti uguali incrementata dal 40% al 50%, bacini d’utenza ridotti dal 30% al 20% e risultati sportivi – più accentuati sugli ultimi anni – confermati al 30%, con un paracadute per le retrocesse su base percentuale (6% dei ricavi, senza tetto) e non in valore assoluto (ora è 60 milioni). Le grandi hanno chiesto qualche giorno per riflettere, poi Lotito ha preso la parola e ha tuonato più o meno così: «Allora decidiamo noi in autonomia, abbiamo i voti», riferendosi al quorum di 14 per le modifiche statutarie e le nomine. A quel punto i rappresentanti delle grandi – Marotta (Juve), Galliani (Milan), Gardini (Inter), Gandini (Roma), Saracino (Napoli), Mencucci (Fiorentina) – se ne sono andati, forti anche del veto che possono esercitare sulle questioni economiche (il quorum è 15) e della divergenza di vedute tra le 14 sulle nomine. In questo fronte, infatti, ci sono almeno una manciata di club che spingono per una discontinuità. In altri tempi Lotito sarebbe stato in grado di trovare i voti necessari per l’ennesimo blitz ma ieri non è stato così. È per questo che martedì, giorno in cui riprenderà l’assemblea, è probabile un nulla di fatto. Le big hanno già fatto sapere che potrebbero disertare l’incontro, vista la concomitanza con l’assemblea dell’Eca (l’associazione dei club europei), tanto che la riunione di Lega potrebbe slittare di qualche giorno.

VICEPRESIDENZE FIGC Di sicuro, siamo in presenza di una paralisi totale. Non c’è accordo sullo statuto: le grandi non accetteranno mai di perdere i quattrini dei diritti tv (la Juve 10-15 milioni) sull’altare della governance e le medio-piccole sono agguerrite perché quando si parla di soldi riescono sempre a compattarsi. Non c’è accordo sull’elezione di presidente (sono stati fatti i nomi di Squitieri, Simonelli, Cantamessa, Libertini) e consiglieri federali: nessuno, al momento, è in grado di presentare un pacchetto che raccolga 14 voti, né chi predica la discontinuità – in uno schieramento trasversale grandi/piccole – né chi gravita nell’orbita lotitiana. Il risultato, tra le altre cose, è che la Lega di A non potrà ambire a una delle due vicepresidenze della Federcalcio: lunedì verranno nominati Cosimo Sibilia e Renzo Ulivieri, mentre sarà rinviata la composizione del comitato di presidenza.

Fonte: LA GAZZETTA DELLO SPORT-IARIA

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