Quello che Garcia non sa
La certezza che Garcia non abbia capito ancora la realtà nella quale si è calato si è avuta ieri. Primo giorno di ritiro e prima conferenza stampa dopo che nell’allenamento della mattina, una parte dei 200 tifosi presenti aveva contestato la squadra (tra i più bersagliati Osvaldo al quale qualche sostenitore imputa un dito medio alzato). L’allenatore, appena insediatosi, va giù duro: «Quelli che criticano la società e i giocatori non sono tifosi della Roma. Al peggio, sono tifosi della Lazio».
SCIVOLONE Un’uscita infelice che ha di fatto reso superflua il resto della conferenza stampa, in cui si è discusso di mercato – «Osvaldo (ieri l’agente a colloquio con lo Zenit che offre 19 milioni ma l’attaccante nicchia, ndc) e Marquinhos per ora sono qui ma chi parte verrà rimpiazzato. De Rossi? Meglio averlo con noi che contro ma io e Sabatini sappiamo di chi abbiamo bisogno» – e moduli: «Il 4-3-3 sarà uno dei sistemi che utilizzeremo. Forse quello privilegiato». Per carità, nessuno giustifica gli insulti e bisogna dare tempo al francese di capire il contesto nel quale si trova. Tuttavia in un momento dove alla Roma non c’è serenità, gettare benzina sul fuoco non aiuta. All’inizio di questa nuova avventura, servirebbe qualcuno che spiegasse a Garcia quanto accaduto da queste parti negli ultimi due anni. Perché poi, quando la frittata è fatta, non serve evocare slogan – «La Roma non si discute, si ama» – al canale tematico del club. Garcia deve sapere che il malumore della gente non si spiega solamente con il sesto e settimo posto in classifica delle ultime due stagioni. Ci sono anche le 29 sconfitte, i 4 derby persi (l’ultimo in finale di coppa Italia) sui 5 disputati, i 110 milioni spesi all’alba della terza rivoluzione tecnica che vedrà partire l’acquisto più talentuoso (Marquinhos); le promesse di fare «della Roma una regina» e poi vederla dopo 17 anni per 2 stagioni consecutive senza Europa; le goleade subite contro Cagliari, Atalanta e Lecce (con gli allenatori avversari che invitavano la propria squadra a non infierire ulteriormente) o le sconfitte inermi con Palermo e Chievo e il pareggio in casa contro il Pescara retrocesso; l’eliminazione dai gironi preliminari di Europa League per mano dello Slovan; il ritorno all’autofinanziamento; il restyling del logo che non è piaciuto alla tifoseria; l’addio di Baldini, arrivato invece come la stella cometa da seguire per portare a compimento «la rivoluzione culturale»; l’empasse sul rinnovo contrattuale di Totti; la trattativa grottesca per la cessione della metà delle quote della proprietà Usa al fantomatico sceicco Al Qaddumi; aver scaricato Zeman perché reo di aver criticato l’assenteismo dei dirigenti, accomodanti con i calciatori e incapaci di far mantenere le regole all’interno di Trigoria. Ma forse di queste cose, Garcia è già stato messo al corrente.
Fonte: Tuttosport-Stefano Carina