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Roma-Real, in fila come bestie: ma per il prefetto non c'è pericolo

condividi su facebook condividi su twitter Redazione 18-02-2016 - Ore 13:10

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Roma-Real, in fila come bestie: ma per il prefetto non c'è pericolo

FATTOQUOTIDIANO.IT - IO GIOCO PULITO - Per chi è cresciuto con la le “crociate” del Bologna di Mazzone in Intertoto, le partite giocate dal Parma in Polonia in pieno pomeriggio, le battaglie (durate poco) della Roma di Carlos Bianchi sui campi dell’Est Europa e quelle della Lazio nella mitica Coppa Coppe del 1999, resta difficile somatizzare la trasformazione astrusa e asettica del pallone formato continentale. Quelle immagini traboccavano di tifosi festanti ed eccitati, inviperiti a ogni decisione arbitrale e parte integrante dello spettacolo. Quanto ci mancano, quanto li rivorremmo. Quanto sarebbe bello accendere la televisione e goderci un sedicesimo di Coppa della Coppe qualsiasi. Grande competizione. Grande calcio. Grande atmosfera.

Ma il tifoso, hanno deciso i padroni del vapore, non deve più avere quel ruolo centrale. Va estirpato nella sua accezione folkloristica. Se possibile eliminato. O quanto meno vessato. Prendiamo un Roma-Real Madrid qualsiasi. Allo stadio Olimpico, in un contesto di città militarizzata e, de facto, gestita da un governo para militaresco. Un tempo, per la città di Roma, ospitare un club così prestigioso e titolato sarebbe stato sinonimo di festa e calore a prescindere. Con biglietti accessibili a tutti e uno stadio trasformato in catino, con la Curva Sud a orchestrare il tifo dei suoi proseliti. Posti anche nei settori attigui.

Non va più così, da tempo. E oltre alle politiche repressive, i divisori istallati e le sanzioni pecuniarie emanate nei confronti di chi ha “osato” cambiare posto, ieri è andata in scena l’ennesima pantomima della derelitta gestione dell’ordine pubblico attorno all’impianto di Viale dei Gladiatori.

“Meno polizia, controlli più soft e procedure più snelle per l’accesso dei tifosi” avevano garantito dall’intelligencia istituzionale ai margini di quella famosa riunione di martedì scorso. E’ bastato transitare per qualche minuto nei pressi dei prefiltraggi per capire che le cose non sarebbero andate esattamente così.

Migliaia di persone ammassate come bestie nella stalla. Anziani e bambini costretti a retrocedere per non soffocare. Situazioni, nel resto d’Europa (dove hanno da tragedie come quelle di Hillsborough hanno appreso a agito di conseguenza) vecchie e irripetibili da decenni. Avvenimenti prontamente difesi, in mattinata, dal capo gabinetto della Questura di Roma,Roberto Massucci, in onda su Rete Sport“I tifosi sono stati ammassati per ragioni di sicurezza, non vi era alcun pericolo”. Una contraddizione in termini. Con la quale difficilmente ci può esser contraddittorio. Sempre sulla scorta di quella famosa arroganza, che tutto permette e tutto giustifica.

E’ stato sufficiente vendere un numero di biglietti superiore agli ormai canonici diecimila per andare in tilt e creare il solito teatrino capitolino, con code chilometriche e tifosi entrati in netto ritardo. Dalle curve alle tribune, con particolare criticità in Tevere, dove gli accessi avvenivano con il contagocce. Nonostante la gente avesse sborsato dai 40 ai 90 Euro. Prezzi che già di loro lasciano basiti. Ma che rispettano il listino a stelle e strisce, che da ormai tre anni costringe i volenterosi tifosi a fare i salti mortali per assistere a una partita, il cui livello, generalmente, è pari a un terzo del valore del tagliando.

Un “caos calmo” che riflette tutta l’incapacità (o la non volontà?) di operare in maniera seria e lungimirante in tali occasioni. In pieno giorno lavorativo è facilmente preventivabile l’arrivo della stragrande maggioranza dei tifosi a ridosso del fischio d’inizio. O si vive un’esistenza parallela, in cui non si calcola che i cittadini, nella loro vita, lavorino, anche in tempi di preoccupante disoccupazione come questa, oppure si agisce con una sufficienza disarmante. Non tenendo conto dei disagi clamorosi creati a quei “clienti” (come li vuole il calcio d’oggi) a cui oltre il dannospetta pure la beffa di perdere minuti di gara. Altro che task-force e famiglie allo stadio.

Le grottesche code di ieri, che di certo non sono una novità all’Olimpico, mettono ancor più nero su bianco i fallimenti delle operazioni che avrebbero dovuto rappresentare l’anno zero per il tifo romano. Si è gioito e riportato a dieci colonne il dato di 55.000 biglietti venduti. Notizia gonfiata come se si fosse registrato sold out per la prima volta a Roma. Forse fa parte di quella campagna che vorrebbe portare alla “normalizzazione” tanti auspicata dal duo Gabrielli-D’Angelo. Una cosa è certa: non occorre avere una memoria storica così profonda per asserire che in tempi non sospetti il tifo romanista ha fatto registrare numeri ben più alti per partite certamente meno importanti.

Quello che è stato profondamente modificato è il modus vivendi dello stadio Olimpico. La fruibilità è peggiorata in maniera drastica. Se nel 2003 (per non andare troppo lontani nel tempo) per un Roma-Atalanta si registravano 60.000 spettatori, non c’era certamente bisogno di attendere anni luce prima di vedere il manto verde su cui le squadre si fronteggiavano. Saranno “altri tempi”, come piace definirli a quelli che vogliono a tutti i costi una vivibilità urbana fatta di barriere, controlli serrati e legalità garantita anche attraverso pratiche invasive e al limite del consentito, ma è un qualcosa da tenere in considerazione. Perché massimo indicatore di come il nostro calcio sia regredito anni luce sotto tantissimi aspetti. Affossato, colpito e affondati da divieti, regolamenti illogici e giochi di potere volti a garantire carriere politiche e non solo.

“Le barriere vanno tolte, ma nel rispetto della legalità, ha tuonato ieri Franco Gabrielli a margine di una conferenza sulla candidatura di Roma alle Olimpiadi 2024. Affermazioni che cozzano atrocemente con il trend portante di qualche mese fa. Se non conoscessimo questo Paese e i suoi movimenti irrazionalmente ponderati, soprattutto nel campo socio-politico, penseremmo che l’ex capo della Protezione Civile, assieme a chi ha foraggiato e spinto simili decisioni, siano sull’orlo di una crisi di nervi. Ma così non è. E’ lapalissiano che qualcosa sia loro sfuggito di mano. Ma nella stanza dei bottoni sono troppo tronfi e presuntuosi per ammetterlo. Speriamo solo che per riparare alla buca creata non minino la sede stradale con la scusa del rifacimento, provocando un totale crollo dell’asfalto.

Sta di fatto che una città vogliosa di ospitare la rassegna olimpionica non può permettersi dilasciare migliaia di tifosi in coda per le sue negligenze gestionali e i capricci di chi con il discorso della sicurezza ha distrutto la passione popolare per lo sport e sta devastando l’anima più ludica e profonda della Città Eterna. Qualcuno lo faccia presente. O da qui a poco sarà troppo tardi anche per abbattere le barriere. Quelle mentali innalzate nella testa delle persone. Che vedranno tutto ciò come normale routine. O forse è quello l’obiettivo?

Fonte: iogiocopulito.ilfattoquotidiano.it/ S.Meloni

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