Il giardiniere nel pallone

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condividi su facebook condividi su twitter 14-01-2017

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IL GIARDINIERE NEL PALLONE - DIEGO FOIS - Vi è mai capitato di prendere un tè col Cappellaio Matto? Sì, proprio lui, quello del romanzo di Carroll del milleottocentosessantacinque. Be', se non lo avete mai fatto, vi basterà assistere ad una conferenza stampa di Luciano Spalletti per assaporarne quantomeno l'atmosfera. Sia chiaro, pagherei per un tè dal Cappellaio e son sicuro che se Lewis Carroll avesse conosciuto l'allenatore di Certaldo, gli avrebbe cucito un cappello su misura. Avanti, ditemi quante altre volte vi è mai capitato di assistere ad interviste in cui l'interlocutore principale dà testate ad una scrivania, si incazza per la storia del tacco e punta o narra, entusiasta, le vicende delle galline del Cioni. “Noi si sta cercando Heidi” disse Luciano ad un tifoso durante un ritiro a Riscone di Brunico. Non mi meraviglierei se un giorno di questi lo vedessi riparare un orologio da tasca con burro e marmellata. Evviva la follia! La stessa che nasce dalla passione e dal sacrificio di un uomo che è tornato a Roma per fare la storia. “Che strada devo prendere?” aveva chiesto Alice allo Stregatto. Più o meno la stessa domanda che il Presidente Pallotta si è posto, ne son sicuro, prima di scegliere il successore di Rudi Garcia sulla panchina giallorossa. “Tutto dipende da dove vuoi andare...” E allora dove vogliamo andare? Spalletti vuole vincere e vuole farlo alla grande, questo è acclarato. Più volte ha ribadito di non volersi accontentare dei premi come miglior attore non protagonista. L'uomo delle capocciate sta tentando di realizzare l'impresa più ardua e mai riuscita da queste parti: far diventare la Roma una società vincente. Basta con i sì, ma ce la siamo giocata alla pari. Adesso è il momento di alzare qualche trofeo. Prima però il tè. Spalletti è stato così folle da lasciare Roma (due Coppe Italia e una Supercoppa) e andarsi a prendere i trofei in Russia (due Scudetti, una Coppa di Russia e una Supercoppa con lo Zenit). Così folle da tornare per completare il lavoro cominciato dodici anni fa. La strada è stata, per lui, ricca di ostacoli fin dall'inizio. Tra proclami e insinuazioni di giornalisti e giornalai. Tra gli infidi meandri dei rinnovi contrattuali, dei richiami all'Ordine, del rapporto con Totti e dei prototipi di calciatori da acquistare perché quelli buoni se li prendono le altre. Lui, in mezzo a questo mare d'inchiostro (più o meno autentico), si accontenterebbe di ascoltare la voce della Sud intonare, nuovamente, cori e canzoni mentre c'è chi vorrebbe vedere il suo capoccione rotolare fuori dai cancelli di Trigoria al sovrano grido di tagliategli la testa! Questione di punti di vista. Nel frattempo ci si prepara per la seconda e delicatissima trasferta contro l'Udinese (Domenica, Dacia Arena, ore quindici). Udine è stata per Spalletti il meriggio d'oro tra distese di Papaveri (Papaver alpinum) e Campanule (Campanula zoysii) delle Alpi Giulie. Oltre alla storica qualificazione alla Champions League nel duemilacinque. Sarà di certo una tappa fondamentale per comprendere quanto folle è questa Roma. Mi auguro abbastanza per continuare a dar la caccia al bian(conero) coniglio lassù, in cima alla classifica. E allora, folle mister, la prego, continui a farci sognare con numeri e risultati; passione e sacrificio. Continui a pensare in grande perché noi faremo lo stesso, seguendola nella sua irriverente pazzia. E non si azzardi a svegliarci, almeno non prima dell'ora del tè...

Fonte: Diego Fois

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