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Uolter vota Roma

condividi su facebook condividi su twitter 24-05-2016

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Uolter vota Roma

PIERO TORRI - Uolter ha detto no. Al Bologna. Per la più banale delle proprietà transitive, Uolter resta alla Roma. Magari tra due giorni avrà un nuovo ripensamento, ma trattandosi di Uolter questo è un rischio assolutamente fisiologico. Perché Uolter per chi ha una memoria nomale per un signore che si chiama Luis Enrique che, tanto per gradire, pure in questa stagione, un paio di tituli se li è portati a casa, altri non è che Walter Sabatini, professione direttore sportivo, hobby passione per calcio e calciatori, segni particolari una sigaretta accesa anche sotto la doccia, un contratto con la Roma con scadenza giugno 2017. Ma come non aveva rassegnato le dimissioni? Ma come non aveva fatto capire che sarebbe stato operativo sino al prossimo trenta giugno e poi caro Pallotta (e Zecca) pensaci tu? Ma come non era stanco delle pressioni di una città come Roma che in questi cinque anni di lavoro è stata capace solo, o quasi, di riconoscergli errori? Ma come non aveva voglia e desiderio di trovare una realtà meno esposta per continuare a coltivare la passione per quei ragazzi che prendono a calci un pallone? Tutto vero. Almeno fino a prova contraria. Appunto. Soprattutto perché Uolter, da quando è alla Roma, le dimissioni, magari non ufficiali, le ha presentate non meno di cinque volte (e stiamo bassi) per poi scoprire, puntualmente, che il dolore di lasciare la Roma, di non concludere il lavoro con un successo, gli procurava un insopportabile dolore fisico e mentale.

E allora Uolter resta, 2017, compreso. E io posso esserne soltanto contento. Mi rendo conto che in molti diranno che prendo i soldi da Uolter pur sapendo che è una falsità totale, rispondo regalandomi un sorriso sapendo benissimo che certi pensieri sono presenti proprio in quelli che sono disposti a fare i maggiordomi a chiunque offra di più.

Sì, sono contento che Sabatini resti. Perché, al di là di qualsiasi considerazione personale, c'è un semplice e banale motivo: è un bene per la Roma., a partire dalla garanzia che il direttore sportivo può essere per Luciano Spalletti, l'allenatore che ci ha restituito una squadra, una grande squadra. Che in cinque anni di Roma, Uolter qualche errore lo abbia fatto, non ci sono dubbi. Ma io resto convinto che sull'altro piatto della bilancia, siano parecchie di più le cose giuste, pure quelle per cui è stato messo in croce. Si dice: ha venduto i migliori. Se ne può discutere, ma soprattutto non si può dimenticare che quei migliori, o presunti tali, li aveva comprati sempre lui. Vediamo qualche caso: Lamela, rivenduto quasi al doppio, ha avuto bisogno di due anni per tornare a essere il giocatore che ci aveva fatto sognare; Osvaldo, sparito; Borini riserva al Sunderland; Marquinhos sta crescendo col Psg, ma era stato comprato a meno di cinque milioni e rivenduto a trentuno; Benatia, a Monaco, tra un infortunio e l'altro, non ha mai giocato ai livelli romanisti; Bertolacci e Romagnoli hanno fatto imbestialire Berlusconi. Si dirà: sì, va bene, però le commissioni... Le pagano tutti, comprese le società non quotate in Borsa e quindi non obbligate a renderle pubbliche, la Roma è al primo posto per la spesa commissioni, peccato però che nessuno sottolinei come, negli ultimi cinque anni, sia stata di gran lunga la società che ha movimentato il maggior numero, e di parecchio, di giocatori.

Secondo aspetto: vogliamo fare la somma del patrimonio calciatori in questo momento di proprietà della società giallorossa? Non crediamo di sostenere un'eresia dicendo che, compresi i giocatori destinati a rientrare, la Roma abbia un capitale calciatori che vale una cifra intorno ai trecento milioni. Strootman, Salah, Nainggolan, Manolas, Rudiger, Florenzi, Perotti, El Sharawy, Pjanic, Paredes, Sanabria, Gerson, Allison, solo con questi ci avviciniamo a quei trecento milioni. E questo è frutto del grande lavoro di qualità di Uolter capace, pure, di essere da applausi quando c'è stato da vendere.

Dovrebbe bastare e avanzare questo per promuovere il lavoro del direttore sportivo romanista, anche se, per carità, in questi cinque anni non si è vinto nulla. Ma io credo che le basi per farlo già ci siano. Se poi tutto questo non dovesse bastare ai maggiordomi, allora magari sarebbe utile riflettere su quello che è stato Uolter in questi cinque anni. Cioè lo stadio che non c'è. E sarà il caso che la società acceleri per la presentazione del progetto definitivo dell'impianto di Tor di Valle. Anche perché dopo il 2017, Uolter non è detto che rimanga. Sempre che non ci ripensi prima.

Fonte: PIERO TORRI

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