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Alcune interessanti riflessioni sui 4 anni di gestione americana della AS Roma

condividi su facebook condividi su twitter 05-10-2015

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Alcune interessanti riflessioni sui 4 anni di gestione americana della AS Roma

 

TIFOSOBILANCIATO.IT - STEFANO MOSCARDA -  Pallotta e Sabatini hanno assunto le redini della squadra giallorossa nel 2011, con la Roma eliminata agli ottavi di Champions, settima in campionato (qualificata alla Europa League) e con questa situazione contabile/finanziaria:

143,88 ml di ricavi complessivi sono strutturati come quelli di quasi tutte le società italiane: la metà (78,04ml) vengono dai diritti TV (comprensivi della Champions), 4,45 ml dalla vendita dei calciatori, 31,02 ml dallo stadio, i restanti 34,82 ml da tutto il resto (sponsor, merchandising, varie).

L’EBITDA caratteristico, calcolato cioè senza tenere conto dei proventi del calciomercato, è negativo per 1,77ml; quello lordo, che invece tiene conto del Player Trading, rimane negativo per 18,52 ml e la perdita complessiva è di 30,53 ml.

Il tutto è aggravato dal fatto che la posizione finanziaria netta non solo è negativa per 53,83 ml, ma è in rapido e pesante peggioramento, rispetto ai soli 8,5 ml dell’anno precedente (-45,33 ml la variazione di periodo). Ultimo, ma non meno importante, il patrimonio netto consolidato era negativo per 43,9 ml; anche questo in pesante peggioramento rispetto ai soli 13,33 ml dell’anno prima.

In una situazione come questa, in cui un rapido incremento dei ricavi non era pensabile, l’unica via era il taglio dei costi (106,81 ml il monte ingaggi più 21,2 ml di ammortamenti: totale 128,3 ml), al fine di riportare il risultato operativo in positivo. La buona notizia era che i soli 4 ml di ricavi derivanti dalla gestione calciatori potevano essere facilmente incrementati.

Invece di tagliare i costi (tradotto: liberarsi dei giocatori con gli ingaggi più onerosi) e riequilibrare il bilancio, la dirigenza capitolina scelse invece l’altra strada, quella che va più di moda e che non scontenta i tifosi: investire sulla rosa per migliorare i risultati sportivi ed attendere un incremento dei ricavi che, si spera sempre, arrivino a braccetto coi risultati.

Dal mio punto di vista, un grave errore di valutazione.

Se per una squadra che non beneficia dei ricavi della Champions League questo ragionamento ha perfettamente senso (investo nella speranza di qualificarmi, così, accedendo a quella competizione, incremento quella voce di ricavo), per una squadra che già vi partecipa non ne ha alcuno. I ricavi da stadio (31 ml) e quelli televisivi (78 ml) sono già ai massimi livelli e quelli da sponsorizzazioni e merchandising sono di lento ed incerto incremento, Champions o non Champions. Ma tant’è.

L’anno seguente (stagione 2011/12), dal momento che la Roma non si era qualificata alla Champions League, il peggioramento dei conti era stato certamente messo in preventivo e si è puntualmente verificato.

 

I ricavi da gare si dimezzarono, quelli televisivi scesero a 64,4 ml, i proventi della gestione calciatori salirono a 9,06 ml, la lieve diminuzione del monte ingaggi (-3,9 ml) fu più che compensata dall’aumento degli ammortamenti (+7 ml). L’aumento della quota ammortamenti, per inciso, è un effetto collaterale dell’eccesso di player trading, “arte” in cui Sabatini si destreggia con maestria.

La prevista diminuzione dei ricavi, accompagnata da costi invariati e da un margine operativo già negativo, ha prodotto come risultato l’ulteriore peggioramento dell’EBIT (-54,8 ml) ed una perdita di esercizio ancora più importante (-58,2 ml), un ulteriore depauperamento del patrimonio netto consolidato (-52,59 ml) e, a fronte di una posizione finanziaria netta sostanzialmente invariata (-54,76), un aumento dell’indebitamento a 77,3 ml (56,6 ml di euro al 30 giugno 2011). Quel che è peggio, questo peggioramento fu interamente provocato, in assenza di operazioni straordinarie (costruzione dello stadio e/o del centro sportivo), dalla gestione corrente.

Nella stagione 2012/13, fuori dalle competizioni europee, Sabatini rivoluziona la squadra: richiama Zeman e procede ad un’importante stravolgimento della rosa.

I risultati economici finali sono: aumento dei ricavi da stadio (21,24 ml); ulteriore riduzione del monte ingaggi (94,23 ml); aumento delle plusvalenze da calciatori (10,99 ml). Tutto ciò non basta comunque a portare in positivo l’EBITDA caratteristico ed il risultato netto. Per cui, di nuovo, conto economico in rosso (-39,9 ml) e tutti gli indicatori in peggioramento: patrimonio netto consolidato a -65,97 ml, posizione finanziaria netta a -86,2 ml.

I pessimi risultati sportivi inducono Sabatini a rivoluzionare la rosa un’altra volta, ed a ricercare nelle plusvalenze la fonte per rinforzarla. Tutto ciò si riflesse a bilancio con aumento del monte ingaggi (107,59 ml), aumento delle plusvalenze (30,72 ml) ed un livello degli ammortamenti calciatori in leggera diminuzione (-2,8 ml).

L’incremento delle entrate è però fortemente condizionato dalle plusvalenze (i ricavi ordinari crescono di soli 2,8 ml) e l’EBITDA caratteristico precipita a -25 ml; valore che il Player Trading migliora solo di poco. Il risultato dell’esercizio rimane in profondo rosso (-38,4 ml).

Tutto questo non può che avere come conseguenza, per l’ennesima volta, il peggioramento del patrimonio netto consolidato (-81,33 ml, nonostante “23,45 ml di versamenti in conto futuro aumento di capitale, effettuati da Neep Roma Holding S.p.A.”) e della posizione finanziaria netta (-127,9 ml). Se non altro, il piano di Sabatini riesce e la Roma accede alla UEFA Champions League.

A questo punto, il processo di risanamento dei conti avrebbe dovuto essersi concluso, grazie ai ricavi aggiuntivi della partecipazione alla fase a gironi della ricca competizione europea.

Nel progetto di bilancio 2014/15, pubblicato in questi giorni, mi aspettavo di trovare un margine operativo positivo, un indebitamento in diminuzione ed un patrimonio netto in risalita. Invece l’enorme incremento dei costi (+28 ml di costi del personale, +20,5 ml di spese di gestione) si è mangiato tutti i ricavi aggiuntivi.

L’EBITDA caratteristico migliora, ma rimane ben distante dall’essere positivo (-16 ml) ed il Player Trading, questa volta, contribuisce a peggiorare la situazione, a causa del forte incremento degli ammortamenti dei calciatori (+8,6 ml, per un totale di 36,4 ml). Anche questo bilancio chiude in perdita (-41 ml) ed il Patrimonio Netto Consolidato peggiora ancora. La Posizione Finanziaria Netta peggiora di 30,5 ml di euro, arrivando a 158,4. Tra l’altro, a seguito dell’operazione di rifinanziamento del febbraio 2015, oggi il l’esposizione debitoria è nuovamente verso il sistema bancario, dopo che per un paio di stagioni era stata verso l’azionista di riferimento. Non bene. Anzi, oserei dire male.

E forse pure peggio. La stagione 2010/11 è del tutto equiparabile alla stagione 2014/15, visto che in entrambe è contabilizzata la partecipazione alla UEFA Champions League. Eccole a confronto.

In buona sostanza, i quattro anni di gestione americana hanno portato ad un peggioramento di tutti gli indicatori economici che potevano essere controllati dal management: sponsorizzazioni, merchandising, proventi pubblicitari, monte ingaggi, ammortamenti, margine operativo, risultato d’esercizio, indebitamento e patrimonio netto. Insomma: tutto.

Il grafico seguente vale più di mille parole e mostra anche visivamente quale sia stato il trend di questi quattro anni.

Gli unici incrementi si sono avuti nei ricavi da botteghino e nei diritti televisivi: due voci sulle quali la gestione aziendale non ha però alcuna influenza. Rimane, infine, la voce “Altri proventi”, cioè cose come “proventi collettivi di competenza di A.S. Roma, riconosciuti dalla LNP Serie A, per attività commerciali diverse dalla commercializzazione dei diritti audiovisivi”; “sopravvenienze attive, per attività svolte in esercizi passati”; “indennizzi assicurativi relativi ad infortuni occorsi a tesserati”; “altri proventi diversi”. Ossia, niente su cui si possa contare davvero. E, di nuovo, niente che possa essere ricondotto alle scelte della dirigenza.

Il mancato incremento dei ricavi ordinari ha come conseguenza l’impossibilità di mantenere questo livello di costi nel medio periodo. Continuare su questa strada, con una gestione ordinaria che prosciuga la liquidità aziendale ed un elevato indebitamento, porterà inevitabilmente ad una crisi di liquidità, con l’impossibilità di onorare gli impegni assunti con dipendenti e fornitori. A quel punto, sarà necessario un cospicuo aumento di capitale per evitare il fallimento. L’altra via è un drastico taglio dei costi, ma, vista anche la campagna acquisti di quest’anno, non sembra essere questa la direzione intrapresa da Sabatini e Pallotta. E c’è di peggio: Come dicevo prima, a fronte di un incremento strutturale nei costi, l’incremento dei ricavi è invece basato su fonti precarie, incerte nell’an e nel quantum: 52,2 ml di euro sono relativi alla partecipazione alla Champions League e 27,7 ml sono ricavati dalla gestione calciatori (per ottenere questo importo, tra l’altro, sono state necessarie cessioni che portassero ben 38,5 ml di plusvalenze). Supponiamo che la squadra incappi in un’annata sfortunata e non si qualifichi alla Champions League. Potrebbe succedere: non è un evento così improbabile. In un sol colpo verrebbero meno 50 ml aggiuntivi di diritti televisivi; l’annata negativa svaluterebbe il parco giocatori, rendendo probabilmente difficile replicare quell’ammontare di plusvalenze e, senza Champions, calerebbe anche l’importo ricavato dalla biglietteria. Verrebbero così a mancare almeno 60/70 ml. La riduzione dei ricavi a 150 ml, a fronte di costi pari a 250 ml, con una gestione che già adesso, in condizioni massimamente favorevoli, ha prodotto una perdita di circa 30 ml, avrebbe effetti devastanti. Normalmente, un’azienda che sperimenta una temporanea diminuzione dei ricavi, fa ricorso all’indebitamento per garantire la continuità aziendale. La AS Roma però è già pesantemente indebitata e presenta un patrimonio netto profondamente negativo: non si vede come possa accedere ad ulteriore credito. A quel punto, rimarrebbero poche cose da fare: la vendita massiccia dei calciatori più importanti; l’ennesimo aumento di capitale; portare i libri in tribunale. Una, due o tutte e tre le cose.

Le speranze, a quanto mi dicono, sono riposte nello stadio.

Premesso che non riesco ad immaginare come una società con quel mix di conto economico/stato patrimoniale/indebitamento possa dapprima reperire i finanziamenti e poi sostenerne i costi (va bene, qualcun altro progetta lo stadio – e tutto quello che ci sta intorno -, ci mette i soldi, lo costruisce in nome e per conto della AS Roma, e poi? Dopo aver sostenuto tutti gli oneri, gira tutti i ricavi alla Roma? E chi sarebbe questo benefattore? Pallotta?), resta comunque il fatto che perfino un incremento netto dei ricavi da biglietteria pari a 30 ml (vorrebbe dire incassare come minimo 80/90 ml dallo stadio!), con questo livello di costi, farebbe fatica a riportare in equilibrio la gestione. Inoltre, la costruzione di uno stadio ha tempi lunghi, del tutto incompatibili con l’attuale situazione economico finanziaria della Roma. Di questo passo, se la dirigenza non porta nuovi e ricchi sponsor e non si organizza per incrementare cospicuamente il merchandising, la società AS Roma finirà inevitabilmente per schiantarsi, sia a livello economico che sportivo. Anche un aumento di capitale non risolverebbe il problema (potrebbe, però, posticiparlo): se la gestione non è in equilibrio, è solo questione di tempo perché i soldi finiscano nuovamente.

Nel frattempo, credo che qualche domanda sulle intenzioni di questa dirigenza, che sta depauperando anno dopo anno il patrimonio economico della Roma, sia lecito porsela.

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Fonte: tifosobilanciato.it

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