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La comunicazione dei big e l’educazione ai social

condividi su facebook condividi su twitter 17-12-2014

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La comunicazione dei big e l’educazione ai social

Nel mondo del calcio del 2015 la comunicazione è diventata un aspetto fondamentale e complesso sia per le squadre che per i giocatori: ideare, gestire e mantenere una linea comunicativa (economicamente) vincente può valere quasi quanto imporsi nei campionati di lega o nelle competizioni internazionali. Ma essere attenti, pesare le parole e saper coordinare la comunicazione dei propri campioni/campionesse (e a volte anche dei loro familiari) può essere un compito assai difficile: se in molti casi grandissimi club e fuoriclasse decidono di far gestire la propria identità digitale a team di esperti della comunicazione on line, da altri (ahimè moltissimi italiani) questo aspetto viene completamente sottovalutato o troppo spesso affrontato con incredibile leggerezza. Prendiamo ad esempio un campione che nel tempo si è involontariamente costruito una fama da eterno bad boy: Mario Balotelli. Una decina di giorni fa l’attaccante del Liverpool – spessissimo vittima di insulti razzisti – ha postato sul suo account Instagram una foto con protagonista Super Mario il celebre idraulico della Nintendo ed una scritta che suonava più o meno cosi: «Non essere razzista! Fai come Mario. Un idraulico italiano che parla inglese, assomiglia ad un messicano, è disegnato da giapponesi salta come un nero e prende monete come un ebreo». Balotelli si è poi scusato e personalmente credo in buona fede che non volesse offendere nessuno sebbene questo episodio dia da pensare. Se per leggerezza un giocatore famoso che fattura come una media impresa incorre in questo genere di «svarioni» offensivi come possiamo aiutare i nostri ragazzi a relazionarsi con strumenti come i social network che spesso rischiano di essere arnesi esplosivi per delle coscienze in via di formazione? Una discussione del genere mi è capitata lo scorso febbraio insieme con Luca Marchegiani davanti ad un platea di liceali romani. E considerato che tenere oggi un ragazzo di 14 anni lontano da Facebook, da Ask o da Twitter è impossibile o ne fa un ghettizzato, ho iniziato a ragionarci un po’ su ed una idea mi è venuta in mente. Uno dei main sponsor della Lega di Serie A, Tim, è molto attiva nelle campagne contro il bullismo ed ha grandi possibilità di intervento sui social media. All’interno delle sue iniziative per il 2015 – magari con la Gazzetta – lanci una campagna diretta ai ragazzi che fanno sport chiedendo loro di raccontare, proprio su queste piattaforme, la loro giornata sportiva, il rapporto con gli avversari e con i compagni di squadra coinvolgendo dall’altro lato del computer psicologi ed insegnanti: lo sport può essere un ottimo strumento di ingaggio per parlare di quelle dinamiche relazionali (l’avversario, l’antagonista, il diverso) che su un adolescente possono lasciare segni tremendi o addirittura portare gesti irreparabili.

FONTE - Gazzetta dello Sport - Il manuale del calcio - Luca Di Bartolomei

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