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Finale 2005 - Milan vs Liverpool 3-3 (5-6 Dcr)

condividi su facebook condividi su twitter 28-05-2015

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Finale 2005 - Milan vs Liverpool 3-3 (5-6 Dcr)

PAOLO VALENTI - Ci sono giorni che dal letto non ti vorresti mai alzare. Nemmeno se ti dicessero che gli Stukas passeranno sopra i tetti di casa tra cinque minuti. Soprattutto quando la sveglia suona molto prima del solito perché una trasferta ti spinge verso l’aeroporto che il sole non è ancora alto. Un’altra città, nuovi prodotti presentati in anteprima, una schiera di manichini in giacca e cravatta pronti a declamarne le magnifiche sorti e progressive: prodotti che rivoluzioneranno il mercato, faranno innamorare i consumatori e scaleranno le vette di fatturati a sei zeri. Un mal di testa latente, a ricordarti che il corpo avrebbe bisogno di riposarsi ancora. E poi la resa: la girata sul fianco, il primo piede che tocca il pavimento, la mano che cerca l’orologio sul comodino, al buio, per evitare di svegliare chi ti dorme vicino. Si parte.
Questa città, ma chi l’ha detto che non sia bella? “Antica, quando la sera diventi stella. Non parli, perché hai paura di sapere troppo”. Così l’aveva dipinta Antonello Venditti nel 1982, così sarebbe da vedere. A chi lavora, però, tocca la versione by day, quella grigia e produttiva, con la testa china. Niente locali, niente cibi raffinati né vini da degustare. Il pensiero di consolazione è questa sera, al rientro: la finale di Champions League.


La partita è di quelle che si fanno pregustare: Milan-Liverpool, dieci Coppe dei Campioni in due, coi rossoneri di nuovo protagonisti dell’atto conclusivo a due soli anni di distanza dall’ultima, vincente apparizione e gli inglesi presenti in finale a venti anni dall’Heysel. La squadra di Ancelotti parte favorita, piena com’è di giocatori eccellenti: difficile decidere chi non citare dell’undici titolare. Vanno in campo: Dida; Cafu, Stam, Nesta, Maldini; Pirlo, Gattuso, Seedorf; Kakà, Shevchenko, Crespo. I Reds hanno eliminato in semifinale il Chelsea ma i bookies li considerano comunque underdogs; per fortuna la palla è sempre rotonda e prima di vincere è necessario giocare per poter scrivere il proprio nome nell’albo d’oro.

La sera del 25 maggio 2005, allo stadio Ataturk di Istanbul, le squadre non fanno nemmeno in tempo a spillare la prima goccia di sudore che il Milan è in vantaggio: punizione di Pirlo dalla tre quarti, sul cross in area si avventa Maldini che, lasciato libero, infila di destro la porta di Dudek. Il primo tempo è marcato dalla superiorità del Milan, che palleggia in orizzontale prima di trovare lo spazio in verticale per arrivare alla porta avversaria. Il Liverpool sembra annichilito dal gioco rossonero: poca reazione dopo il gol e poche occasioni sotto rete. E un finale di tempo disastroso, nel quale Crespo segna una doppietta che sigilla il risultato sul 3-0.
I giocatori inglesi rientrano negli spogliatoi a testa bassa, quasi sotto choc. È difficile trovare qualcosa a cui aggrapparsi per pensare di riprendere una partita segnata, dovendo giocare contro una squadra che gira a mille.


Benitez, rientrando nel sottopassaggio, cerca le parole giuste per poter ridare speranza ai suoi: indovinarle per ottenere una reazione è un compito delicato e da svolgere in pochi minuti. Rafa guarda i suoi giocatori: sono distrutti. Anche Gerrard, il capitano, solitamente capace di trasmettere saggezza e forza ai compagni, ha lo sguardo perso nel nulla. La prima cosa da fare è provare a calmare i ragazzi, ricostruire quella base di fiducia che serve per rientrare in campo con la voglia almeno di provarci. “Cerchiamo di fare un gol nei primi minuti: se segniamo subito, la partita la possiamo ancora riprendere” è il primo messaggio che trasmette nello spogliatoio. Per quanto si sforzi, non riesce a trovare altro, perché la situazione è davvero complicata. Poi, però, due elementi esterni gli danno l’ispirazione: voci dicono che i milanisti stanno già festeggiando. “Non possiamo permetterlo: abbiamo sudato e lavorato duro per essere qui. Non possiamo consentire a quelli là di festeggiare a metà partita: almeno facciamogli sudare il secondo tempo!”.
Nonostante il risultato, i quarantamila tifosi arrivati a Istanbul continuano a intonare il loro inno con una forza che soltanto l’autocelebrazione e la fede possono giustificare. Il coro You’ll Never Walk Alone arriva nitido finanche negli spogliatoi. “Li sentite? – prosegue Benitez nel secondo lampo di illuminazione che riesce a cogliere dall’esterno – se ci credono loro, dobbiamo crederci anche noi!”. E’ l’ultimo messaggio che il mister spagnolo lancia ai suoi.
In quindici minuti, gli occhi dei ragazzi con le maglie rosse sono cambiati. Alla fine del primo tempo non avrebbero più voluto rientrare in campo. Adesso sono pronti a morire prima di smettere. I rossoneri ancora non lo sanno: cominciano il secondo tempo cercando di addomesticare i ritmi. Ma non ci riescono: i Reds sono furie rosse sparse per il campo. Riise, sulla fascia sinistra, è un martello costantemente in percussione; Hamann, subentrato a Finnan, riesce a fermare le incursioni di Kakà, che nel primo tempo avevano squarciato le fila inglesi. Al 9° minuto Gerrard segna di testa: è un urlo incredibile, una gioia che sa di speranza. Eccolo il gol da fare subito, il gol che consente di tornare a sperare. La convinzione monta alle stelle quando pochi secondi dopo Dida si fa sorprendere da un tiro dalla lunga distanza di Smicer. La rimonta si completa quattro minuti dopo, quando l’arbitro Mejuto Gonzales concede un rigore che Xavi Alonso realizza ribadendo in rete la prima respinta di Dida. In sei minuti il Milan ha dissipato un’ipoteca che adesso ha difficoltà a ricostruire: il morale è a terra, tre gol in sei minuti non si prendono nemmeno in amichevole. Per fortuna il Liverpool ha speso tantissimo e non riesce ad approfittarne, forse anche appagato da una rimonta che sembrava impossibile.


Si arriva così ai supplementari, dove il Milan recupera fiducia e ricomincia a sviluppare gioco. A pochi secondi dalla fine, Andriy Shevchenko arriva solo davanti a Dudek: un doppio tiro ravvicinato respinto dal portiere polacco in modo impossibile sembra svelare al mondo che il destino ha segnato il suo cammino. Ai rigori, il quinto della serie è ancora nelle mani di Sheva, esattamente come due anni prima a Manchester. Anche stasera le telecamere indugiano sullo sguardo dell’attaccante ucraino, che non è quello ammirato nella finale contro la Juventus. L'occhio da tigre è scomparso: forse Andriy ha capito che questa notte non è sua. Va sul dischetto come fosse una condanna: tirare sembra più una punizione inesorabile che un’occasione da non lasciar scappare. Respiro, rincorsa, tiro: e speriamo che vada bene. Dudek si tuffa alla sua destra, il tiro è centrale. Con un movimento istintivo riesce a richiamare verso l’alto il braccio sinistro e a respingere il pallone. L’ultimo, perché il Liverpool è già in vantaggio e non ha bisogno d’altro per correre verso la Coppa e scipparla agli sguardi attoniti di avversari che solo pochi minuti prima l’avevano già vista nella loro bacheca.

          

Fonte: Paolo Valenti

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