Storytelling

Roddy Doyle e l'Irlanda del calcio

condividi su facebook condividi su twitter 11-08-2016

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Roddy Doyle e l'Irlanda del calcio

PAOLO VALENTI - Oltre a Nick Hornby, la letteratura anglosassone degli anni novanta ha proposto al mercato europeo un altro nome di successo legato al calcio: Roddy Doyle. Dubliner, classe 1958, lo scrittore irlandese, come il suo collega di Londra, prima di dedicarsi a tempo pieno alla scrittura ha esercitato la professione di insegnante, trattando nelle scuole le materie di geografia e inglese. E come Nick Hornby ha esordito “col botto” con il suo primo romanzo pubblicato, The Commitments, uscito in madrepatria nel 1987 e reso disponibile sul mercato italiano da Guanda nel 1993, dal quale è stato tratto anche l’omonimo film di successo diretto da Alan Parker. I temi della scrittura di Doyle, seppur caratterizzata da una prosa elegante ed essenziale, sono spesso contrassegnati da amarezze, difficoltà e incomprensioni della vita di tutti i giorni. Gente comune, della medio-bassa borghesia, quando non della classe operaia, che si trova a lottare per avere un’esistenza più dignitosa e ricomporre le ferite, spesso laceranti, di relazioni naufragate nelle acque della quotidianità. Il calcio, nelle storie narrate, non assurge a protagonista centrale come avviene per Nick Hornby. Rimane, però, un sottinteso costante, un riferimento ineliminabile, un sottofondo scontato che, all’occorrenza, emerge nella sua visceralità a paradigma di una situazione evidenziata nelle premesse che trova la sua puntuale cristallizzazione in un episodio legato al football. Ne è prova il romanzo The Van, uscito nel 1991 in Irlanda e pubblicato da Guanda in Italia nel 1996 col titolo di Due Sulla Strada, dove due amici che si ritrovano all’improvviso senza lavoro acquistano con gli ultimi risparmi un pulmino usato che riadattano a venditoria ambulante di fish and chips. Il momento di maggior successo dell’attività coincide con il mondiale di calcio di Italia 90, quando la nazionale irlandese arriva a contendere agli azzurri la semifinale arrivando ai quarti imbattuta. E’ un sogno individuale e collettivo che cresce giorno dopo giorno, di partita in partita: più gli uomini di Jack Charlton avanzano verso il loro miglior risultato di sempre, più Jimmy e Bimbo, i protagonisti del libro, vedono crescere il loro giro d’affari e le promesse di un futuro di successo. E’ esaltante vedere Pat Bonner e Toni Cascarino trascinare i compagni spinti dal supporto di una nazione che, in piccola parte, regala alla neonata ditta di ex disoccupati il suo piccolo, grande sogno. Alla fine non andrà esattamente come ci si sarebbe aspettati ma il calcio, nella fase centrale del romanzo, aiuta a vivere l’avventura dei protagonisti con una carica emotiva difficile da replicare in termini diversi.    
Meno centrale ma ugualmente evocativo è il ruolo che giocano le emozioni del tifo nel libro di maggior successo di Roddy Doyle, Paddy Clarke ah ah ah!, narrazione nella quale il protagonista, un bambino di dieci anni, vive il disagio e lo sconforto della separazione dei genitori. Gli elementi di tensione della relazione, i disaccordi, le incomprensioni, quando non osservati, vengono comunque vissuti dal protagonista come flussi sotterranei percepiti all’interno delle mura domestiche, foschi presagi che preludono ineluttabilmente a un esito negativo che il bambino si accorge di non poter scongiurare. I rari momenti nel quali sembra che la famiglia possa non disgregarsi sono quelli che padre e figlio vivono insieme assistendo alle partite giocate dal Manchester United. Bella, suggestiva e struggente è la descrizione dell’esultanza che il ragazzino vive il 29 maggio 1968  per la finale della Coppa dei Campioni: Benfica e Manchester hanno da poco cominciato a giocare i tempi supplementari, e George Best insacca alle spalle di Josè Henrique il gol che apre la strada della vittoria ai Red Devils. E’ un momento speciale del romanzo, che vale la pena riportare esattamente come lo scrittore irlandese l’ha scritto: “Corsi fuori in giardino. La casa non mi bastava. Non potevo stare fermo. Feci il giro due volte; dovevo avere corso davvero forte perché rientrai in soggiorno in tempo per vedere l’azione ripetuta alla moviola. Non potevo sedermi. 
George Best. 
George Best.
 
George Best aveva appena segnato nella finale di Coppa Europa. Lo guardai, lui stava correndo di nuovo a centrocampo; aveva un gran sorriso ma non sembrava troppo sorpreso.   
Papà mi mise un braccio intorno alle spalle. Aveva dovuto alzarsi in piedi per farlo. “Magnifico” disse.”
   
Speranza, malinconia, gioia e silenzio tracciano le pagine di questo romanzo e trovano nel calcio un catalizzatore di contenuti ed emozioni che l’autore sa utilizzare nei momenti migliori. Roddy Doyle rappresenta la risposta irlandese a Nick Hornby, a testimonianza del fatto che nella terra di Joyce, oltre al football gaelico e al rugby, il calcio ha una collocazione precisa e radicata, capace di accompagnare la vita di tutti i giorni e renderla migliore.          

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