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Amelia: "La Roma sempre il mio sogno. Mi sono proposto più volte di giocare con i giallorossi" (VIDEO)

condividi su facebook condividi su twitter Redazione 03-11-2014 - Ore 17:15

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Amelia:

«La rissa alla fine del mio rapporto col Milan? Alcuni snobbavano i tifosi e finimmo alle mani», a raccontarlo è Marco Amelia, ex portiere, tra le altre, di Roma, Livorno e Milan, intervistato ieri sera durante "La Partita Perfetta" su Gold Tv e Rete Sport. Era l'inaugurazione di Casa Milan, nel maggio scorso, racconta il portiere di Frascati, «è stata l'unica volta che ho messo le mani addosso a qualcuno, a Bonera precisamente, ma in quell'occasione se l'è meritata. I dirigenti avevano chiesto alla squadra di scendere dal pullman per andare a salutare i tifosi, molti dei quali avevano preso un giorno libero dal lavoro per venire a vederci, per altro era stata un'annata ridicola per il Milan. I giocatori più rappresentativi non volevano scendere, poi, obbligati dai dirigenti, scesero. Quando risalimmo alcuni facevano i "simpaticoni" e finì in rissa. Il pullman è oscurato, ma la storia è venuta fuori lo stesso perché qualcuno non si è fatto gli affari propri. Mi dispiace sia venuta fuori, ma è andata così».

Dall'ultimo episodio, negativo, nel calcio che conta, al sogno ricorrente di Marco Amelia, campione d'Italia 2000-2001 con la Roma di Capello, seppur da terzo portiere: «Ho sempre sperato, anche quest'anno, di tornare in giallorosso – spiega Amelia -. In tutta la mia carriera ci ho creduto almeno un centinaio di volte, anche vedendo che cambiavano dirigenti e poi società. Mi sono offerto con proposte indecenti, ma non si è verificato e non per colpa mia. All'inizio di questa stagione ho chiamato i dirigenti mettendomi a disposizione, ma la Roma aveva già tre portieri, poi è dovuto rimanere anche Curci per le liste Champions, quindi un quinto portiere non sarebbe servito».

La sua è stata una carriera dalla quale ha capitalizzato meno di altri, tanto da far venire a molti il dubbio di esser stato un portiere sottovalutato: «Non ci penso, sono contento della mia carriera, sono fiero perché ho meritato tutto quello che ho avuto, contrariamente a quanto avviene spesso nel calcio dove contano le dinamiche delle amicizie. Sprecato smettere a certi livelli a trentadue anni? No, ho fatto una scelta. Ho avuto molte offerte, di cui una irrinunciabile per il 99% dei giocatori, io rientro nell'1%: ho scelto di firmare con la società della mia famiglia. E sto rifiutando ancora, ma non voglio fare nomi di squadre. Per molte squadre ho rinunciato perché non mi son piaciute le trattative, troppe persone intorno, agenti improvvisati. Quello che non riesco a capire del calcio è perché quando una società vuole prendere un giocatore non viene chiamato dalla società stessa ma da uno o più intermediari. Troppa gente intorno...».

Eppure sembra che Buffon a Roma-Parma del 2001 gli disse qualcosa come: "Ti porto con me, avrai un grande avvenire": «Ho avuto qualche bella occasione – racconta Amelia - quando sei giovane non devi aspettare che si libera il posto. Scelsi di andare a Livorno in B e centrammo la promozione. Poi sbagliai ad andare a Lecce per giocare in serie A, ma eravamo giovani e inesperti per il massimo campionato. Avevo creato molte aspettative intorno a me, avevo già giocato in Nazionale. Andai a Parma a gennaio, sfiorammo la Champions e poi vinsi l'Europeo e il bronzo olimpico con l'Under 21, così mi ripresi». Laureato campione del Mondo nel 2006 con l'Italia, ha poi "tolto" a suon di parate uno scudetto alla Roma, quand'era al Livorno: «Me lo dicono in tanti... (ride)».

Tanti i tasselli della sua carriera, ma se dovesse scegliere un presidente a cui dire grazie, il nome è uno solo: «Aldo Spinelli, che ebbe coraggio a prendermi a Livorno come primo portiere, ero giovane. Come allenatore uno su tutti: Osvaldo Iaconi, che mi ha allenato in C1 a Livorno, nel primo anno fuori da casa, mi ha fatto capire tante cose in campo e fuori. Ho un gran ricordo anche di Pietro Spinosa, che trovai sempre a Livorno, il miglior preparatore dei portieri a livello mondiale. Ha il mio stesso carattere, quando non ti leghi a qualcuno nel calcio fai fatica ad arrivare. Io sono fatto così, non me ne frega niente». Un carattere schivo, quello di Amelia, uno che non ha peli sulla lingua, come quando si tratta di dare un giudizio su Balotelli, col quale ha condiviso lo spogliatoio: «E' un bambinone che ancora non ha capito l'importanza del suo ruolo. Non ha capito quanto influisce in una squadra e, in generale, in un ambiente intero, sta perdendo tempo e sta sprecando qualità fisiche e tecniche incredibili. Contro il Napoli impazzì completamente, lo fermai e prese solo tre giornate. Se capisse il contesto in cui si trova verrebbe fuori il talento e la Nazionale troverebbe un grande giocatore».

Ora ha fatto un salto enorme, segue la società del suo paese, il Rocca Priora in Promozione. E lo fa in prima persona, investendo tutto il suo tempo a disposizione per seguire interamente il percorso, dalle giovanili alla prima squadra fino alla squadra femminile: «Sono felicissimo, voglio riscrivere una pagina nuova della mia vita, sempre legata al calcio, ma diversa. Sono tesserato come dirigente e come giocatore, ma faccio anche qui il terzo portiere, agli altri due ragazzi ho detto che il posto se lo giocano solo loro due, poi se c'è bisogno...».

Fonte: retesport.it

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