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«Daje Italia» È tutto più bello se giochi in casa

condividi su facebook condividi su twitter Redazione 13-10-2015 - Ore 10:14

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«Daje Italia» È tutto più bello se giochi in casa

GAZZETTA DELLO SPORT - STOPPINI - Undici, una squadra intera. Magari poco bilanciata, ma proviamo a immaginarla in campo. Con la maglia azzurra, un ritornello che suonerebbe più o meno così: Amadei, Rocca, Manfredonia, Giordano, Conti, Giannini, Nesta, Totti, De Rossi, Candreva, Florenzi. No, non c’è il portiere, non c’è neppure un criterio tattico, solo il tempo a metterli in fila. E quanto talento. E quanta Roma, quanto dialetto, quanti quartieri, quanti gol, scivolate e tiri in porta. C’è la Nazionale all’Olimpico. C’è lo spazio e il tempo per tifare gli homemade , i fatti in casa, quelli che l’Olimpico lo frequentano tutte le domeniche, con Roma e Lazio. Saranno loro a far strada ai compagni, non perderanno certo l’orientamento. 
In principio fu Amedeo Tutti dietro a Candreva e Florenzi. Perché l’azzurro all’Olimpico è colore che non si vede poi così spesso: oggi sarà la 58a partita dell’Italia in 62 anni. In mezzo un Mondiale, un Europeo, amichevoli varie, partite di qualificazione, match improbabili e spettacoli assoluti. Così è, dal 17 maggio 1953. Dalla partita inaugurale contro l’Ungheria di Puskas, che di gol ne fece due e passeggiò sull’Italia (0-3 il finale) di Amedeo Amadei, il primo degli undici. Di Frascati, vero, ma come non considerarlo romano doc. Romanista pure, primo a scendere in campo nello stadio dei Centomila, che solo più tardi sarebbe diventato ufficialmente l’Olimpico. Da quel momento in poi, con una certa frequenza Roma prese a ospitare partite della Nazionale: almeno una volta ogni due anni, questa era l’abitudine. Ma per vedere un altro romano doc in campo dopo il Fornaretto s’è dovuto aspettare fino al 1975, Italia-Polonia: ecco Francesco Rocca, che di straniero aveva solo il soprannome, Kawasaki. Il resto era autentico, romano (e romanista) originale. Sì, per carità. Tra lui e Amadei l’Olimpico aveva già tifato Lovati, Ghiggia, Losi, Santarini (che fece autogol con l’Austria nel 1971), Chinaglia, Wilson e Cordova. Figli (più o meno) acquisiti, non di sangue. 

EMOZIONI - Vuoi mettere con chi è cresciuto ai Parioli o a Trastevere: Manfredonia (1977 contro il Lussemburgo) e Giordano (1978, Spagna) l’Olimpico l’hanno visto in tutte le salse, con l’azzurro e poi in carriera pure da avversari. Vuoi mettere pure con Nettuno: Bruno Conti all’Olimpico ci ha giocato 4 volte, riuscendo anche a segnare al Messico (1984). Un’amichevole, nulla a che vedere con Giuseppe Giannini, il capitano ideale di questa squadra di romani. Perché niente potrà mai pareggiare l’emozione di chi in casa ha giocato un Mondiale, segnando un gol da favola agli Stati Uniti. L’Olimpico trasudava amore, il Principe faceva innamorare Roma tutta, mica solo le ragazze. Una città pazza d’amore, come lo è stata per Nesta e Totti, che all’Olimpico hanno giocato due volte, ma solo una insieme, contro le World Stars, anno 1998. Il battesimo di De Rossi, invece, è datato 2006: partita vera, mica scherzi, contro l’Ucraina verso Euro 2008. Poi la storia diventa cronaca. L’altro ieri, il 14 agosto 2013, la sconfitta contro Higuain di Candreva e Florenzi. Amadei sarebbe volato via tre mesi più tardi. Stasera, magari, un pensiero correrà pure a lui. 

Fonte: Gazzetta dello Sport - Stoppini

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