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De Rossi: “Mai così in alto”

condividi su facebook condividi su twitter Redazione 21-10-2014 - Ore 07:40

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De Rossi: “Mai così in alto”

Nato (calcisticamente) sotto il segno della Champions, Daniele De Rossi parla con la massima disinvoltura, e con zero paura, dell’odierna sfida all’amico Guardiola («Già da calciatore, aveva idee innovative. Per me è stata una fortuna stargli al fianco per un anno: mi ha insegnato tanto, con grande umiltà e generosità»). Del resto, per uno che ha esordito con la Roma prima in Champions (Roma-Anderlecht 1-1, 30 ottobre 2001) che in campionato (Como-Roma 2-0, 25 gennaio 2003) quello di stasera all’Olimpico è quasi un appuntamento di routine. Saranno 39, al fischio d’avvio dello svedese Eriksson, le sue presenze nell’Europa che più conta, impreziosite da 4 reti, l’ultima delle quali proprio al Bayern di van Gaal, tocco da due passi su cross dalla sinistra di Riise (Roma-Bayern 3-2, 23 novembre 2010). «Era un’altra Roma, quella. La nostra ambizione ora è cambiata, grazie soprattutto a quanto fatto lo scorso anno. Anche quella era una squadra forte, ma fece una grande rimonta contro un Bayern Monaco che era già qualificato, e forse un pochino più morbido. Stavolta sarà una partita non dico decisiva ma molto importante, e noi adesso siamo altrettanto forti, se non di più», il parere di Ddr.
«QUESTIONE DI VITA E TIFO» - Orgoglioso, Daniele, che torna in Champions dopo tre anni e mezzo, parla soprattutto/anche da tifoso romanista.

«Se giocheremo da Roma, cioè a viso aperto, e se renderemo orgogliosi i nostri tifosi, anche un pareggio non andrebbe male. Ma non andremo in campo per metterci tutti dietro e fare la figura della provinciale davanti a tutto il mondo e davanti ai nostri tifosi.

Per noi sarà una serata importante, nella quale entreremo in campo per vincere. Poi, lo ripeto, anche un pareggio non sarà da buttare perché giocheremo contro una squadra meravigliosa».E ancora, a domanda precisa: ora ha la certezza di aver fatto bene a rimanere a Roma? «Quando ho dovuto scegliere, la scelta non è nata tanto per quelle vie. L’ambizione viene messa in secondo piano se scegli di rimanere alla Roma, ma non perché la Roma non abbia ambizioni. All’epoca ho avuto la possibilità di scegliere e rifiutare cose più ambiziose e un po’ più grandi a livello mondiale. Insomma, era inequivocabile che alcune squadre erano un gradino sopra la Roma. Non è stata la voglia di vincere la Champions che mi ha fatto rimanere qui, ma 30 anni di vita e di tifo per questa maglia. Quello che sto vivendo adesso è il punto più alto da quando sono alla Roma. E’ il momento in cui mi sento meglio, mi sento contornato da giocatori fortissimi, allenatore fortissimo, società fortissima. Non potrei essere più felice altrove rispetto a dove mi trovo ora».
«LA GIOIA DI GIOCARE» –  Poi, sulla partita più in chiave tecnica. «Io sono convinto che possiamo passare il turno. Lo vedo dai giocatori, dal nostro gioco, lo vedo da come abbiamo affrontato le prime due partite nonostante il ruolo da outsider. Giocare con gioia è quello che ci riesce meglio, anche in campionato giochiamo sempre bene. Poi una volta che entri in campo, gioia o non gioia, vai lì per vincere. Ma giocare con gioia è quello che ci riesce meglio, però vogliamo vincere anche perché abbiamo giocatori con un grande passato in nazionale, e gente che ha fatto il mondiale».
Infine, sulla questione arbitrale, annosa assai da queste parti. «Non so se in Europa sono più tutelato. Di certo, giochiamo di più in Italia e quindi abbiamo la sensazione di avere qui più errori. Che ci sono anche all’estero, però. E poi gli arbitri che dirigono le partite di cartello in Italia sono gli stessi che arbitrano in Champions. Il livello è quello, anche se qui le decisioni sono un po’ più discutibili».

Fonte: il messaggero (M. Ferretti)

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