Scurto: “La mia prima volta? Leverkusen”

Quella sera “spuntò” una sufficienza in una partita no, che la Roma perse 3-1. Giuseppe Scurto esordì nel calcio dei grandi proprio quel giorno, a Leverkusen, contro il Bayer di Augenthaler. Era il 19 ottobre 2004, lui aveva poco più di vent’anni. Non aveva mai giocato in prima squadra prima, nemmeno in campionato. La pagella del Corriere della Sera gli assegnò 6, con un giudizio lusinghiero: “È la sorpresa della serata, ma il ragazzo di Alcamo (21 anni, nessuna presenza in serie A, né in Europa) non si fa prendere dal terrore. Qualche buon anticipo di testa, senza andare in confusione”. Poteva essere l’inizio di una carriera luminosa, ma poi gli infortuni lo hanno costretto a interrompere la carriera troppo presto. Oggi, a 31 anni, è allenatore del Palermo “Under 17”, però guardandosi dietro ammette: “Se avessi avuto più fortuna, forse avrei fatto un percorso diverso”.
Che ricordi conserva di quell’esordio in Germania?
“Nonostante la sconfitta fu una giornata indimenticabile per me. Dalla mattina, quando Delneri mi comunicò personalmente che avrei giocato titolare al centro della difesa al fianco di Matteo Ferrari”.
Cosa le disse?
“Di stare tranquillo, di fare il mio gioco senza troppe preoccupazioni. All’inizio ero un po’ teso, ma poi la tensione si allentò pian piano con il passare delle ore e in campo feci il mio pure se la partita andò male”.
Andò male anche la stagione con cinque allenatori cambiati: Prandelli, Voeller, Sella, Delneri e Conti. La Roma si salvò solo alla penultima giornata contro l’Atalanta.
“Vero, ma sono sicuro che se fosse rimasto Prandelli le cose sarebbero andate diversamente. Avevamo impostato con lui un lavoro fin dall’estate in fase di preparazione. Voleva puntare su un gruppo di calciatori giovani, c’erano le premesse per fare buoni risultati. Con l’addio del mister fu tutto più complicato. E in campo si vide”.
Tra i tecnici sopra citati c’era pure Voeller, che la Roma ritroverà martedì da dirigente avversario.
“Ci allenò per poche settimane, ma conservo il ricordo di una persona perbene, seria, sempre disponibile al dialogo. Non era facile per nessuno in quella situazione fare bene”.
Lei, invece, allena con buoni risultati da qualche anno nelle giovanili del Palermo. Quanto è complicato rapportarsi con dei ragazzi in una fase cruciale di vita?
“Beh, è un lavoro diverso rispetto a una prima squadra. Con i giovani ci vuole più attenzione per l’aspetto mentale, ma devo dire che ho trovato persone intelligenti con le quale ho instaurato un ottimo rapporto, considerando inoltre che la differenza di età tra me e loro non è grandissima”.
Perché ha smesso così presto di giocare a calcio?
“Purtroppo gli infortuni non mi hanno mai abbandonato per tutto il corso della carriera. Sono stato costretto a fermarmi definitivamente per un problema di cartilagine al ginocchio”.
Fu dura accettare questa realtà?
“Ma no, fu una liberazione perché non ne potevo più di ricominciare da capo ogni volta. Ho avuto la fortuna di rimanere in questo mondo allenando in una società prestigiosa come il Palermo. Non è da tutti. Certo, se ripenso al passato…”.
Se ripensa al passato?
“Avrei fatto una carriera diversa se solo avessi avuto più fortuna dal punto di vista fisico. Nel 2005-2006 passai al Chievo e feci una grande stagione giocando al centro della difesa gialloblù con Pillon in panchina. All’epoca non c’erano molti giocatori di ventuno anni che facevano i titolari nelle squadre di Serie A”.
Di Roma cosa le resta?
“Mi restano anni belli. Lo scudetto Primavera nel 2005, l’esordio prima in Champions e poi in campionato a San Siro contro il Milan. Resta la squadra che mi ha lanciato nel calcio dei grandi. E solo per questo non potrò dimenticarla mai”.
Fonte: Tiziano Riccardi