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Ranieri: "A Roma vogliamo tutto e subito. Giusto continuare con Rudi Garcia"

condividi su facebook condividi su twitter Redazione 22-12-2015 - Ore 18:51

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Ranieri:

“Diamoci del tu”, fa lui. In effetti, ci sono almeno un paio di buoni motivi per darci del tu. L’amico comune Carlo Verdone che ci ha messo in contatto e un precedente abbastanza remoto, di quando io, stopper aitante dell’Interlazio, marcai lui, centravanti rampante del Dodicesimo Giallorosso allo stadio Flaminio e non gli feci strusciare palla.

“Infatti, dal giorno dopo ho cambiato ruolo e mi sono messo a fare il terzino”, ho la vaga idea che mi prenda per il culo. Ho anche una vaga idea di dove sia Leicester e quella mi basta. L’East Midlands, non lontano da Nottingham, proprio lei, quella di Robin Hood, proprio lui. Più o meno al centro del Regno Unito. Campagna a perdita d’occhio.

Becco l’eroe di giornata, quel gentiluomo di Claudio Ranieri, testaccino per caso, che fa la spesa in un grande magazzino del centro. “Sto acquistando un tavolo supplementare. Mi viene tutta la famiglia, saremo una ventina”, fa lui sereno come una Pasqua a Natale. Tra me, che sono nel mio studio a Trastevere e quel magazzino di Leicester c’è la stessa distanza che corre tra Ranieri e la sua impresa o, se volete, il poster glamour di David Bowie e il pupazzo osceno di Minnie ai suoi piedi. Un abisso.

Primo in classifica, tre vittorie consecutive, inclusa quella che ha causato l’epica cacciata di Mourinho dal Chelsea. Il mondo rovesciato, se pensiamo chi è Mourinho e che lo scorso Natale di questi tempi il Leicester era ultimo in classifica.

Ranieri è un minimalista nato. Non ti lascia nemmeno che ci provi ad accordare il violino. Ti schiena. Ti abbatte con le sue pallottole incorporate. Un cecchino. Non volare alto con lui. “Ci mancano due punti per la salvezza” fa, cercando un angolo dove le nostre voci siano udibili. “Ma questo Natale in testa alla Premier, Dio santo, è un fatto…”. “Non ci penso, non ci riguarda. Ci sono squadre troppo più forti di noi e prima o poi loro cominceranno a ingranare e noi a calare…”, fa la volpe in versione fatalista, non per caso alla guida dei “foxes”, le volpi, così li chiamano da quelle parti i giocatori del Leicester.

“E’ come se ti vedessi, messo all’angolo dai fan maniaci che ti palpano, ti chiedono autografi, selfie, qualunque cosa”. “Nemmeno per sogno, hanno paura di disturbare. Vado ovunque con mia moglie, tranquillo, al massimo una stretta di mano, una foto, ma con grande compostezza”. Come a Roma. Uguale. Dove sono invadenti anche quando disertano.

Io vorrei fargli dire qualunque cosa. Del tipo: “Ora, amico mio ti racconto come si costruisce il miracolo Leicester”. Oppure. “Adesso ti svelo le parole magiche che ho usato per fare di questa multiforme e improbabile banda di inglesi, francesi, algerini, africani, giapponesi e danesi un manipolo d’invincibili”. Macché.

 

Sor Claudio è un muro. Oltre che un duro. Avete presente quelle ramazze dei cortili a Testaccio? Io sono la pattumiera. “Parlo con tutti. Un po’ di lingue le so. L’inglese, lo spagnolo, qualcosa di francese, altri capiscono l’italiano. Ma nessuna formula magica. Sono loro che devono capire come sono fatto io, non viceversa”.

Torno all’assalto con una massima di non so chi, forse Einstein o la Levi Montalcini. “Tutto è nella mente, fuor della mente non c’è che il niente”. Stavolta ho fatto centro. “Proprio così, la nostra forza è la spensieratezza. Guai a perderla”. Due inesorabili buttadentro. Ventotto gol in due. L’algerino Mahrez cresciuto in una banlieu parigina eVardy il bufalo di Sheffield. “Uno che solo quattro anni fa giocava con i dilettanti. Non hanno paura di nessuno. Tutti bravi ragazzi i miei, ma nessun leader. Il nostro leader è lo spirito di gruppo”.

Il Natale per Ranieri è sacro. Nulla di volgarmente calcistico potrà mai turbarlo. Natale poi si fa per dire. Il folle calendario della Premier prevede due match sanguinari a distanza di tre giorni, il 26 con il Liverpool di Jurgen Klopp, a seguire il Manchester City di Pellegrini. “Non si fermano mai. E’ la loro cultura. La cosa che non va bene è non prevedere dopo un break invernale. Arrivano ad aprile che sono morti. Per questo la nazionale inglese non vincerà mai un mondiale o un europeo. Con Wenger e Ferguson, nel 2004, riuscimmo a convincerli, poi, dopo un paio d’anni, è tornato tutto come prima”.

Ho il mio asso nella manica. E’ arrivato il momento di tirarlo fuori. Elephant Man. Leicester è la città natale di Joseph Merrick, l’uomo con la proboscide, mezzo uomo e mezzo elefante, che ha ispirato diversi libri e il film di David Lynch. Un’anomalia vivente. Come il Leicester. L’anomalia, l’incidente, l’Uomo elefante della Premier League.

“Non lo sapevo dell’Uomo elefante. Sì, in questo momento noi siamo l’anomalia, grazie anche al fatto che nessuna delle grandi gioca al suo livello. Ma è una storia che non può durare. Sono convinto, ad esempio, che il Chelsea risalirà molto in fretta e poi vedo molto bene anche l’Arsenal del mio amico Arsene Wenger”.

Dici Chelsea e pensi Mourinho. “Il mondo gira, la vendetta arriva fredda. Mou ha detto cose molto sprezzanti su di te, che sei vecchio, che non vinci nulla e che non sai l’inglese. Tu lo hai sfrattato dalla sua Londra. Un elegante calcio in culo. Dimmi che in cuor tuo hai goduto nel segreto della tua cameretta…”.

“Vuoi sapere la verità, tutta la verità? Sono veramente dispiaciuto per lui”. Mi ribello. Mi ribolle. Sei testaccino o gandhiano? “Lui disse quelle cose su di me perché mi temeva. Fa così Mourinho, è il suo metodo con l’avversario da battere. Ma poi, quando sono arrivato qui a Leicester, è stato il primo a mandarmi il messaggio di benvenuto e, quando l’ho abbracciato a fine partita, ero sincero”.

Soldi thailandesi all’origine del fenomeno Leicester. Un presidente impronunciabile. Lo scrivo per intero, così vi rendete conto. Srivaddhanaprabha. “Io lo chiamo col nome, Vichai. Mi viene meglio. E’ una persona stupenda, carismatica e semplice allo stesso tempo. Ci viene spesso a trovare al campo o nel mio ufficio”.

 

Sor Claudio, the fox, la volpe, gli ha fatto firmare un contratto triennale che prevede un bonus di centomila sterline per ogni posizione superiore alla diciassettesima in classifica. Fate voi i conti. Torno alla carica. “Ma, insomma, perché questa civetteria di non credere di poter durare?”. Mi stende con la citazione. “Non escludo nulla, sarebbe da pazzi, ma è il vecchio Trap che dice: Non dire gatto se non ce l’hai nel sacco”.

Non posso con lui non toccare l’argomento Roma. Un incubo. L’Olimpico deserto, la squadra a pezzi, tutti contro tutti. “C’è una depressione che ti mangia nella Roma di questi tempi”, faccio io. “Lo so bene, me l’hanno detto. Noi a Roma siamo fatti così, vogliamo tutto e subito. In questo momento i giocatori hanno perso fiducia ma ho visto quello che è successo dopo il gol di Florenzi, l’abbraccio all’allenatore. Sono convinto che faranno bene da qui in poi. E’ giusto continuare con Rudi Garcia”.

Fonte: Dagospia

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