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C’era una volta la Roma

condividi su facebook condividi su twitter Di: Matteo Luciani 19-05-2019 - Ore 14:10

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C’era una volta la Roma

INSIDEROMA.COM – MATTEO LUCIANI – Termina a Reggio Emilia, con lo 0-0 contro il Sassuolo di Roberto De Zerbi, la corsa Champions della Roma allenata da mister Ranieri. Un pareggio a reti bianche che è parso assurgere a simbolo di questa disastrosa stagione a tinte giallorosse, con tante occasioni fallite e una rete annullata per fuorigioco a Federico Fazio proprio allo scadere.

Incredibile ma vero, il misero punto con cui si torna dal Mapei Stadium sembra attualmente essere l’ultimo dei problemi per la società capitolina.

La settimana che ha condotto alla sfida contro i nero-verdi è stata caratterizzata dall’ufficializzazione del ‘no’ al rinnovo del contratto di Daniele De Rossi da parte dei vertici del club e poi dalle feroci contestazioni dei tifosi in merito a tale decisione.

Prima che ricostruire la squadra, un compito che sarà con ogni probabilità affidato al duo Petrachi-Gasperini, è necessario tentare di capire come si sia arrivati alla distruzione dell’ambiente Roma in ‘soltanto’ otto anni di gestione americana.

E dire che il primo obiettivo dichiarato dalla proprietà ‘made in Usa’ era stato proprio quello di riavvicinare squadra e tifoseria, dopo gli anni di proteste nei confronti della precedente gestione, affidata a Rosella Sensi.

In principio, ad esempio, l’allora presidente Tom Di Benedetto e il suo entourage scelsero di ridurre drasticamente il costo dei biglietti per assistere alle partite interne della compagine della stagione 2011/2012 affidata a Luis Enrique. Una mossa apprezzata quasi unanimemente dal pubblico di fede giallorossa, che riempì l’Olimpico sin dal debutto contro il Cagliari ed accolse la sconfitta contro i sardi per 2-1 addirittura con applausi scroscianti per l’idea di gioco che era comunque emersa sul manto erboso.

La campagna acquisti dell’estate del 2011, inoltre, fu assai difficoltosa per Walter Sabatini, appena insidiatosi come ds a Trigoria, mentre la società viveva ancora una fase transitoria prima del definitivo closing tra Unicredit e il consorzio statunitense.

Nonostante le firme arrivate unicamente sul finire del mese di agosto, con i giallorossi impegnati nella trasferta inerente al preliminare di Europa League contro lo Slovan Bratislava, Di Benedetto & co. decisero di presentarsi al pubblico romano con investimenti importanti, quali il portiere Stekelenburg, il centrale difensivo Kjaer, Il giovane talento del Lione Pjanic, gli argentini Gago, Lamela e Osvaldo, il promettente ex Barcellona Bojan Krkic. Molte di queste trattative furono concluse proprio al limite della scadenza del calciomercato, quasi a voler indicare: “La nuova proprietà c’è”.

Andò male. Luis Enrique fu poi definito da chi nella Roma ancora comanda (seppur nell’ombra), dando direttive talvolta da Londra e in altri casi dal Sudafrica, un “magnifico errore”. Per porre rimedio a tale sbaglio, si puntò sul cavallo di ritorno Zdenek Zeman.

Nessuna cessione eccellente, però, nessuno stravolgimento: la rosa della squadra capitolina rimase sostanzialmente intatta e venne anzi puntellata dall’arrivo di Mattia Destro, ritenuto uno dei grandi colpi di quell’estate di mercato, del terzino sinistro Federico Balzaretti, risultato tra i migliori con la maglia dell’Italia di Prandelli nell’Europeo appena svoltosi, del centrale di centrocampo americano Michael Bradley, tra i migliori della precedente Serie A per rendimento, dei difensori brasiliani Castan e Marquinhos e dal ritorno del promettente Alessandro Florenzi, reduce da una stagione pazzesca in Serie B con il Crotone.

Ancora una volta, il messaggio pareva chiaro: “La Roma c’è e non lascia, raddoppia”.

Finì ancora peggio dell’annata precedente, con il 26 maggio e tutto ciò che sappiamo. In quel momento, si presentò la prima, vera frattura importante tra nuova gestione americana e tifoseria: impossibile, d’altronde, far passare sotto silenzio la sconfitta in Coppa Italia contro la Lazio, per giunta dopo due anni sportivamente disastrosi.

Ecco, allora, il cambio di strategia: tante plusvalenze effettuate con cessioni eccellenti (Marquinhos, Lamela, Osvaldo) e parte dei soldi reinvestiti in calciatori soprattutto giovani, magari da poter rivendere per generare nuove plusvalenze. Un metodo del genere, però, può avere successo unicamente se non si sbaglia alcuna mossa, come avrebbero dimostrato gli anni a venire.

Grandiosa annata nella stagione 2013/2014 (con il colpo a effetto di Nainggolan subito dopo la cocente sconfitta in casa della Juventus, una mossa veramente da grande società), faticoso secondo posto raggiunto nel 2014/2015 (caratterizzato dalle polemiche per la cessione del beniamino della tifoseria Mehdi Benatia), poi quello che a oggi pare essere stato il vero all-in della presidenza Pallotta: l’estate del 2015.

Rudi Garcia traballa sulla panchina giallorossa, soprattutto dopo aver apertamente criticato la società perché “bisogna dire come stanno le cose davvero ai tifosi. Qui si deve vendere prima di comprare e così il gap con la Juve non lo si riduce”; tuttavia, la Roma conferma il francese e rilancia. Vengono ceduti Romagnoli e Bertolacci, di ritorno dai rispettivi prestiti con Sampdoria e Genoa (di fatto due calciatori che mai avevano fatto parte della rosa giallorossa), ma arrivano il terzino sinistro Digne, il portiere polacco Szczesny, il centrale difensivo Rudiger, l’esterno offensivo Iago Falque e soprattutto i due ‘botti’: ‘Momo’ Salah ed Edin Dzeko.

Il tifo romanista si infiamma e in massa si sposta a Fiumicino per accogliere i due campioni. Purtroppo, qualcosa si è ormai rotto tra Garcia e la squadra, così la Roma naviga in acque sempre poco calme fino a gennaio, quando Pallotta decide di esonerare l’ex Lille per aver criticato i preparatori atletici imposti dalla presidenza durante la precedente estate al termine del pareggio per 1-1 contro il Milan.

Torna Spalletti e con lui una grande Roma. Il toscano riesce nel miracolo di portare i giallorossi al terzo posto a fine campionato, sfiorando addirittura una seconda piazza che avrebbe voluto dire Champions League diretta. Diviene opinione comune il fatto che basterebbe mantenere intatta la rosa messa a disposizione del mister di Certaldo dal precedente gennaio per continuare a divertirsi e magari portare finalmente un trofeo a casa.

Non sarà così, poiché alla fine Miralem Pjanic saluta la Capitale per approdare alla Juventus. Spalletti resta spiazzato e con lui la squadra, che perde i preliminari di Champions League contro il Porto e ‘retrocede’ in Europa League. L’annata è comunque stratosferica: 87 punti in campionato, che significano nuovo record nella storia giallorossa.

Tuttavia, quella 2016/2017 passa alla storia soprattutto come l’ultima stagione da calciatore di Francesco Totti, trascorsa tra mille polemiche e soprattutto con la netta sensazione che la società non sappia come gestire una patata tanto bollente; deve arrivare in fretta e furia un nuovo direttore sportivo dalla Spagna, Monchi, per annunciare chiaramente a mezzo stampa che la Roma non ha intenzione di rinnovare il contratto come calciatore al capitano di Porta Metronia.

Come se non bastasse il dolore per la perdita del numero dieci più grande della storia romanista, durante l’estate del 2017 la società pensa bene di salutare altri ‘pezzi da novanta’: partono Salah, Rudiger, Paredes e in gennaio pure Emerson Palmieri (con Dzeko in bilico fino all’ultimo sempre nel corso della sessione invernale).

Per fortuna, però, i risultati arrivano. I giallorossi finiscono terzi in campionato e a un passo dalla Finale di Champions League, dopo la storica notte vissuta contro il Barcellona del marziano Messi.

Soprattutto, tuttavia, grazie alle splendide nottate di Champions, l’elemento più importante ritrovato pare essere l’unione viscerale, l’empatia fortissima tra pubblico e squadra. Una compagine in grado di raggiungere certi risultati andrebbe solo puntellata e invece no: via all’ennesima rivoluzione.

Addio a Alisson, Radja Nainggolan e Kevin Strootman (quest’ultimo, peraltro, ceduto quando il mercato in entrata è ormai chiuso e quindi senza possibilità di essere sostituito).

Si tratta dell’inizio della fine.

La disastrosa stagione che per fortuna sta per concludersi è soltanto il naturale risultato di quanto combinato in precedenza.

Più della sciagura sportiva, però, il vero problema oggi è la distanza siderale tra la Roma e i suoi tifosi.

Un elemento che un tempo era il tratto distintivo di questi meravigliosi colori e della sua gente.

C’era una volta la Roma.

Fonte: INSIDEROMA.COM - MATTEO LUCIANI

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