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Roma, sempre più un deserto dei tartari

condividi su facebook condividi su twitter Redazione 27-06-2013 - Ore 18:15

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Roma, sempre più un deserto dei tartari

Marzio Gestra - Tutto tace o quasi, Trigoria in questi giorni ricorda un po’ quel fortino disperso nel deserto dove tutti aspettavano i famigerati “tartari”.

I punti interrogativi sono tanti, ed il direttore sportivo della Roma Walter Sabatini lo sa bene. Si sta preparando alla tempesta il navigato Walter, perché sa che questa è solo una calma apparente.

Da qui ai prossimi mesi sarà chiamato a plasmare la squadra che non avrà alibi, la squadra che vincerà e convincerà tutti, soprattutto i tifosi. Già, proprio questi ultimi ormai sembrano aver accettato la situazione, la piazza romana è scoraggiata. L’ultima volta che dall’altra parte dl Tevere hanno visto gongolare così tanto i cugini l’anno dopo hanno restituito con gli interessi la gioia e gli sfottò del caso. “Erano altri tempi” si sussurra ormai sempre più insistentemente nei vicoli e nei bar della Capitale, erano i tempi in cui un presidente prima tifoso e poi imprenditore si metteva alla guida della situazione da vero capo popolo e brandendo e agitando non mazze o fucili, ma fior fior di miliardi delle vecchie lire, unica vera arma capita nel mondo del pallone, ridava il degno lustro alla sua creatura regalandosi lo scudetto più bello quello vinto strappandolo dalle maglie biancocelesti. Oggi invece quel capo di cui si sente sempre più bisogno è dall’altra parte dell’oceano, che aspetta, aspetta la Roma negli Stati Uniti per portarla in giro ed esporla come fosse un bel capo di bestiame.

E allora su e giù per le strade americane come una mandria che da est deve essere portata ad ovest ed esibita alla fiera come si faceva nel vecchio West. Aspetta,il presidente Pallotta, che i suoi uomini individuino gli acquisti giusti per rilanciare e aspetta per sapere chi sarà ceduto. Aspetta anche di sapere come si integrerà il nuovo allenatore, da lui fortemente voluto, nella nuova realtà giallorossa. Per quello che riguarda le trattative in entrata per ora dalle parti di Trigoria non si sono visti nè calciatori nè procuratori per eventuali firme e anche se Benatia e Nainggolan sono due ottime pedine per rafforzare lo scacchiere giallorosso, non sono certo i nomi che possono riaccendere la passione della gente. Servirebbe quel tanto agognato “top player” , la stella indiscussa di valore internazionale. Ma non si può, almeno per ora no, dobbiamo aspettare prima le cessioni per fare cassa, questo il ritornello cantato dai dirigenti romanisti. Quindi ancora attesa, attesa di sapere se Osvaldo alla fine partirà, come De Rossi e magari anche Pjanic e Marquinhos, per poi tuffarsi negli affari in entrata. Ma alla cessione di questi nomi  di sicuro spessore e calibro tecnico, non fanno eco i nomi dei potenziali sostituti.

Se poi venissero ceduti tutti, della rivoluzione intrapresa due anni fa con Luis Enrique e proseguita con Zeman rimarrebbero solo desolanti macerie più che solide basi da cui ripartire. Degli oltre venti giocatori arrivati a Trigoria in questi ultimi anni resterebbero solo labili tracce che comunque testimonierebbero il fallimento totale della gestione americana.

Quindi, a conti fatti, due allenatori più Andreazzoli rispediti al mittente, tanti calciatori arrivati con un cargo di speranze hanno ripreso il largo pieni di delusioni e nel frattempo si aspetta. Si aspetta il nuovo sponsor sulle maglie, maglie che ancora nessuno ha mai visto e soprattutto servirà un anno prima che la Nike se ne appropri cucendoci su il suo famosissimo baffo. 

Attesa per lo stadio, attesa per il campionato che verrà. L’attesa si trasforma facilmente in noia ed il passo per la frustrazione è breve. I tifosi lo sanno e loro hanno aspettato veramente troppo. I tartari alla fine non sono mai arrivati, gli americani invece sì.

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