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Dieci anni senza di te

condividi su facebook condividi su twitter Di: Matteo Luciani 17-08-2018 - Ore 18:45

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Dieci anni senza di te

INSIDEROMA.COM - MATTEO LUCIANI - 10 anni. 120 mesi. 3650 giorni. Comunque la si metta, tanto è passato dalla scomparsa di uno dei più grandi presidenti della storia della Roma. Franco Sensi si spense nella capitale al termine di una lunga e terribile malattia il 17 agosto del 2008, soltanto pochi mesi dopo aver assistito a quella giornata di Catania che poteva portare alla conquista del secondo scudetto della sua gestione (sarebbe stato l'unico numero uno del club giallorosso a riuscire in tale impresa).

La conquista del tricolore nel 2001 è stata indubbiamente il vero fiore all'occhiello della sua presidenza, durata un quarto di secolo. Non solo la vittoria più bella di tutte, comunque; Franco Sensi ha incarnato alla perfezione anche l'idea del presidente-tifoso ed ha rappresentato la figura dell'eroe dedito a sfidare lo strapotere delle solite note del Nord a suon di miliardi di lire prima e milioni di euro poi riversati sul mercato ma pure mediante una sanguinosa battaglia per la presidenza della Lega Calcio al cospetto di Adriano Galliani, uscendo infine sconfitto soltanto nel corso delle ultime votazioni a causa dell'improvviso voltafaccia dell'Inter di Moratti e di alcune 'piccole' della Serie A.

Da quell'esperienza, Franco Sensi ne uscì stremato, nella mente e nel fisico e probabilmente non è un caso che proprio da lì il suo stato di salute iniziò a peggiorare sensibilmente. Il patron marchigiano cominciò, infatti, a ridurre le sue uscite pubbliche sempre di più e alla fine, senza più la forza necessaria per combattere, fu anche costretto al famoso 'caffè in Campidoglio' della pace, organizzato dall'allora sindaco di Roma Walter Veltroni, con quello che era stato fino a pochi anni prima uno dei suoi nemici giurati, il dirigente juventino Giraudo; l'istantanea che ritraeva Sensi uscire sotto braccio dalla sede comunale insieme a uno dei membri della triade bianconera divenne il simbolo della fine di un'epoca per il club e la tifoseria giallorossi.

Il tempo delle guerre era finito e Franco Sensi, fino al momento in cui aveva potuto, aveva combattuto sempre in prima linea per cercare di ridurre il gap con le potenze settentrionali, sia dal punto di vista economico sia politico.

Memorabile, in tal senso, un duro scontro avvenuto nella 'pancia' dello Stadio Olimpico all'inizio degli anni 2000 con l'allora ad del Milan Adriano Galliani. I rossoneri hanno appena conquistato lo scudetto, ai danni proprio della Roma di Fabio Capello, che è stata costretta a recarsi a giocare sul neutro di Palermo per ben due volte a causa del caos scoppiato nell'ormai tristemente famosa notte del derby contraddistinto dalla bufala del 'bambino morto' fuori dallo stadio.

Franco Sensi non ci sta e dichiara, durante un incontro organizzato dalla FIGC: "Galliani gestisce la Lega a modo suo. Ci ha mandati a Palermo per due cavolate (cambiamo termine per edulcorare il messaggio ndr) e in Juventus-Lazio mercoledì è successo di tutto. Hanno tirato di tutto in campo". Ecco, poi, arrivare il dirigente milanista, con un bel bignè in mano; il patron della Roma non aspettava altro e insieme al fidato Daniele Pradè si avvicina al 'nemico giurato'.

"Ti devo parlare. State facendo una partita strana, fate cose strane con noi", spiega un alterato Sensi a Galliani. Quest'ultimo risponde: "Ma io non sto con nessuno". Il numero due della società di Berlusconi capisce che l'aria che tira sta per farsi ancora più pesante e tenta di allontanarsi. Franco Sensi non ci sta e sbotta definitivamente: "Che fai te ne vai? No, tu mi devi ascoltare, mi devi dare retta. Tu devi imparare a conoscermi bene. Mica sono uno str... qualsiasi".

A questo punto, interviene Pradè, che tenta di gettare acqua sul fuoco affermando: "Magari se ci appartiamo per parlare...". Galliani, tuttavia, non ci pensa nemmeno e scappa via: "Io non vengo da nessuna parte, me ne vado". Conclude il botta e risposta Sensi con un eloquente "vaffa". Gioco, partita, incontro.

Franco Sensi, comunque, è stato anche un presidente assai contestato, nonostante abbia realmente salvato la Roma dal fallimento: come amava ricordare il patron nativo di Visso, infatti, dopo la triste epopea di Ciarrapico come presidente giallorosso, "a Trigoria non ho trovato nemmeno le forchette nella sala ristorante".

A maggio nel 1993, Sensi unisce la propria forza economica a quella dell'imprenditore Mezzaroma e decide di acquistare il club che ha sempre portato nel cuore. Un amore trasmesso a Franco Sensi da suo padre Silvio, tra i fondatori dello storico Campo Testaccio. Già nel 1954, le strade del futuro presidente romanista e del club comunque si erano incontrate:  in quell'annata Sensi entra nel consiglio d’amministrazione della Roma e nel 1961 ne diventa vicepresidente. L'anno seguente, tuttavia, la società capitolina passa a Marini Dettina e Franco Sensi è costretto a uscire dal cda.

Il sogno di diventare l'unico uomo sul ponte di comando della 'sua' Roma, intanto, si realizza soltanto pochi mesi dopo l'ingresso in società con Mezzaroma, che viene ben presto liquidato. Sensi cerca di risollevare subito l'animo della piazza, reduce da anni di scarsi risultati e pochi campioni visti in campo, regalando alla gente un grande bomber: Abel Balbo, il primo, straordinario colpo della sua gestione.

Seguono anni altalenanti, con Carlo Mazzone prima e Zdenek Zeman poi sulla panchina giallorossa. La gente inizia così a contestare Franco Sensi, soprattutto durante il biennio del boemo; l'imprenditore a capo del club di Trigoria viene ritenuto reo di non portare nella capitale giocatori di levatura internazionale ma carneadi quali Cesar Gomez, Servidei, Pivotto, Dal Moro, Frau, Scapolo e chi più ne ha, più ne metta.

A non facilitare la situazione, poi, sull'altra sponda del Tevere c'è una Lazio di Cragnotti che spende e spande e ogni anno si avvicina di più alla conquista del tricolore, che alla fine arriva nel 2000.

Si tratta di un vero e proprio spartiacque.

Franco Sensi, che l'anno prima ha portato alla Roma il vincente Fabio Capello per lottare finalmente per il primo posto in classifica, decide che non si può più sottostare sul piano dei risultati ai biancocelesti e risponde al successo laziale acquistando Samuel, Emerson e soprattutto il 'Re Leone' Gabriel Omar Batistuta.

Sappiamo tutti com'è andata a finire.

La capitale torna giallorossa (a patto che sia mai realmente stata di un colore diverso) e l'epoca delle contestazioni nei confronti di Franco Sensi finisce. L'istantanea simbolo di tale cambiamento non può che essere quella di un presidente Sensi ebbro di gioia, intento a camminare sulla passerella montata al Circo Massimo per la festa scudetto in mezzo a un mare formato da bandiere della 'sua' Roma, con i 'suoi' tifosi finalmente ad acclamarlo.

Grazie di tutto, Presidente.

Fonte: INSIDEROMA.COM - MATTEO LUCIANI

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